Senza oramai la minima preoccupazione di velare di “casualità” la prevaricazione istituzionale e politica, il Partito dei Magistrati esce da dietro le quinte in cui sembrava disposto a “concedersi una pausa di riflessione” e fragorosamente interviene al suono dell’allarme per una nuova “scesa in campo” (si fa per dire) di Berlusconi, che si è dichiarato pronto ad approfittare del declino dell’”astro” Renzi.
Leggevo lunedì un articolo, che avrebbe meritato assai più ampia diffusione e risonanza di Giovanni Sallusti, direttore de “L’Intraprendente”, giornale on line lombardo dal titolo significativo: “Grazie, abbiamo già dato”, che esprime uno scetticismo argomentato e coraggioso di fronte all’ipotesi di un ritorno alla conquista della maggioranza dell’accoppiata Berlusconi-Salvini.
Uno scetticismo dettato proprio dal fatto che si tratterebbe di un “ritorno” ad una politica adottato nel ventennio delle fortune elettorali della stessa (ma diversamente dosata!!) accoppiata, sostanzialmente timida ed inconcludente.
La critica del Sallusti Junior si snoda in una disamina delle questioni economiche, sulla falsariga di quelle che oggi Renzi addita come gli oggetti delle sue “rottamazioni”, gabellate per riforme, che non hanno altro scopo che quello di essere fatte passare per tali.
La critica del nuovo progetto, che è poi l’assenza di un progetto, della Destra decisa a non scomparire è serrata e senza sconti.
E tuttavia è parziale ed incompleta e manca di arrivare alla radice. Che è quella della incombente, indisturbata e furbescamente ignorata presenza dell’anomalia istituzionale dell’oramai preminente Partito dei Magistrati.
A sottolineare quel vuoto della pregevole analisi del giovane Sallusti ha provveduto subito lo stesso Partito dei Magistrati. Che, evidentemente non vuole correre rischi sottovalutando le possibilità di una ripresa della Destra, in un quadro, tra l’altro di reazione contro le aride “repressioni” di una Europa teutonicamente arcigna.
L’uscita da dietro le quinte del Partito dei Magistrati è venuta da Napoli, dove il P.M. ha chiesto cinque anni di galera per il poco “rieducato” Berlusconi nel processo per la compravendita dei parlamentari.
E qui va fatta una prima considerazione, tale da evidenziare come l’attività e la tendenza di questo singolare partito siano tutt’uno con lo sfascio costituzionale realizzatosi già alla fine della Prima Repubblica ed aggravato dagli ultimi sconquassi renziani.
In un Paese retto da istituzioni libere, necessariamente espresse in un equilibrio dei poteri ed avente a simbolo la sovranità intangibile del Parlamento, un processo per aver “comprato” il voto di un Parlamentare è inconcepibile, come e perché inconcepibile è qualsiasi possibilità di censura delle “opinioni espresse e dei voti dati” (così fin dallo Statuto Albertino) nella vita delle Camere e nei rapporti con il Governo.
Si dirà, e potrà sembrare non irragionevole nell’atmosfera di Komeinismo che va radicandosi, che inconcepibile è che i parlamentari si vendano non che si processino, assieme ai “compratori” per essersi venduti. Equivoco pericoloso: qualsiasi diritto, in particolare se di natura e livello costituzionale, diventa una burletta, se non sappia imporre a sé stesso ed a tutte le altre norme un limite che il rispetto del principio di garanzia deve porre alla pretesa di “imporre coattivamente il buon esercizio” del diritto stesso. Ed un limite, di conseguenza, alla garanzia che non debba coprire anche l’eventuale cattivo (e pessimo) esercizio dell’attività garantita.
Nel momento stesso in cui un P.M. accusi ed un Tribunale condanni per un delitto avente ad oggetto un voto in Parlamento, con la conseguente caduta o il sostegno di un Governo, non c’è più Costituzione, Parlamento sovrano, Governo Parlamentare o Costituzionale. C’è un Komeinismo giustizialista, che prima o poi finirà per scardinare e sopraffare ogni altra garanzia di libertà.
Detto ciò, allo scopo di sottolineare che il Partito dei Magistrati sta “dandogli giù” con una pesantezza ed una grossolanità che supera ogni residuo scrupolo, torniamo a quel “vuoto” nelle critiche di Giovanni Sallusti. Che è poi il mancato rilievo del vuoto che ha contraddistinto la politica berlusconiana nei confronti del fenomeno tutto italiano dell’imporsi della magistratura-partito, al di sopra di ogni altro potere ed istituzione.
Per anni Berlusconi, stoltamente accusato di fare, per la giustizia, “leggi ad personam” a proprio vantaggio (magari le avesse fatte e sapute fare!) ha, invece, tirato a campare. A conservare, cioè, o conquistare maggioranza e potere (un potere “condizionato” e, veramente “sub judice”) prendendosela di quando in quando con “alcuni magistrati (sic) comunisti”, evitando di porsi questioni relative alla prorompente scesa in campo della magistratura-partito, acconsentendo alla “rottamazione” dell’equilibrio dei poteri e delle residue sue espressioni. Ritenendo che il meglio da farsi fosse “non urtare” la maggioranza dei magistrati, assecondando le loro pretese.
Espressione simbolica di tale sciagurata politica è la legge Severino, che Forza Italia non esitò a votare con la quale, guarda caso, Berlusconi fu estromesso dal Parlamento. “Re Giuacchino fici la legge e fu impiso” si diceva (falsando e forzando un po’ la realtà) nel Regno di Napoli.
Concludendo. Il problema essenziale della “ripresa della Destra” non è la riconquista purchessia del potere. Di un potere sempre condizionato dai “guardiani Komeinisti della virtù”.
Occorre ricostruire dalle fondamenta, culturali e giuridiche un sistema liberale e democratico.
A costo di finire in galera per deliberazione del Partito dei Magistrati.
Mauro Mellini – www.giustiziagiusta.info