Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha deciso di non adottare la risoluzione palestinese che verteva su un accordo di pace con Israele. Il testo prevedeva un accordo di pace entro 12 mesi ed il ritiro israeliano dai territori occupati entro la fine del 2017. Per passare, la risoluzione avrebbe dovuto ottenere 9 voti sui 15 del Consiglio di Sicurezza. Ha invece raccolto 8 voti favorevoli, 2 contrari e 5 astensioni. Francia, Cina e Russia, membri permanenti, hanno votato a favore del testo. Il Regno Unito ed altri tre paesi si sono astenuti mentre Stati Uniti ed Australia hanno votato contro.
La spiegazione del rifiuto americano è giunta dall’Ambasciatore statunitense Samantha Power che ha dichiarato “Abbiamo votato contro la risoluzione perche siamo contrari allo status quo. La pace deve essere il risultato dei difficili compromessi che si stanno trattando al tavolo delle negoziazioni”. Una risposta diplomatica dell’alleato d’Israele mentre la risposta palestinese non si è fatta attendere. La Palestina si è detta pronta a rivolgersi alla Corte internazionale al fine di mettere Israele sotto accusa per crimini di guerra. Il negoziatore per la Palestina, Saab Erekat, ha dichiarato che la risoluzione potrà essere ripresentata nei prossimi giorni con cinque nuovi membri non permanenti, più vicini alla causa palestinese.
Il colpo di freno giunge dopo il riconoscimento dello Stato palestinese da parte di molti paesi, un segnale che non deve essere sottovalutato e, forse, forzare troppo la mano in questo momento, potrebbe rivelarsi controproducente proprio quando il Governo israeliano di Netanyahu si trova in cattive acque, tanto che il paese si appresta ad elezioni anticipate il 17 marzo prossimo.
Non bisogna sottovalutare il fatto che la coalizione di centrosinistra è formata dal partito dei lavoratori e dal partito progressista che sostengono il dialogo con la Palestina. Tzivi Livni, del partito progressista, è l’ex Ministro della Giustizia sollevato dai propri incarichi da Netanyahu assieme al Ministro delle Finanze Yair Lapid. Così è crollato il terzo governo Netanyahu in un solo anno.
In questo momento è ovvio che il Likud non può che gioire della decisione dell’ONU. La prova, la reazione di Avigdor Lieberman, leader del partito di destra e Ministro degli Affari esteri che ha dichiarato “La bocciatura della risoluzione deve insegnare ai palestinesi che le provocazioni ed i tentativi di imporre misure in modo unilaterale ad Israele non porteranno a nulla”.
Se si può contare sui sondaggi e sul clima politico israeliano, si tratterebbe di una delle ultime dichiarazioni violente del Likud. Tra l’altro, lo stesso Lieberman non correrà alle prossime elezioni al fianco di Netanyhau che è sempre più in bilico.
Allora perché non approfittare “diplomaticamente” di questo profumo di cambiamento politico?
Forse l’errore l’ha commesso chi lunedì ha messo in imbarazzo anche i paesi arabi modificando all’ultimo momento dei passaggi della risoluzione. I palestinesi hanno infatti modificato il progetto aggiungendo Gerusalemme annessa come capitale dello Stato Palestinese. Un punto che non potevano aspettarsi che venisse accettato alla leggera.
Ben più urgenti sono la soluzione della questione dei prigionieri palestinesi, lo stop alla colonizzazione ed il carattere illegale del muro di separazione.
La storia si fa passo a passo e la congiuntura politica che si sta intravedendo in seno al governo israeliano sembra propizia ad un dialogo costruttivo. E’ un peccato che la risoluzione non sia passata, e di poco, ma probabilmente era chiedere troppo in un colpo solo.
Luisa Pace