Ad affermare l’inefficienza dei servizi segreti che hanno sottovalutato la pericolosità dello Stato Islamico, sopravvalutando al contempo quella dell’esercito iracheno ritenuto in grado di combattere l’offensiva, è stato il presidente americano.
Alla presunta inefficienza delle intelligence, si aggiunge la campagna avviata dai social network per cancellare i profili di decine di migliaia di terroristi.
Nonostante infatti alcune agenzie americane avessero espresso la propria contrarietà alla chiusura degli account, evidenziando come attraverso gli stessi si potessero ricavare notizie utili individuando i luoghi di collegamento da parte degli jihadisti, monitorando i reclutamenti e individuando i soggetti presenti nei nostri paesi,in pochi giorni i social network hanno cancellato oltre 60 mila profili di presunti terroristi.
Dei rischi di un “appostamento elettronico” che permettesse alle intelligence occidentali di identificare i luoghi di trasmissione dei terroristi mentre sono sul campo di battaglia in Iraq e Siria, facilitando così l’individuazione degli obiettivi da colpire con droni e raid aerei, nelle ultime 48 ore si era reso conto anche lo Stato Islamico che ha invaso i social con messaggi indirizzati ai suoi sostenitori invitandoli a non utilizzare Facebook e Twitter.
La campagna di silenzio mediatico a “lavorare in silenzio e proteggere i fratelli mujaheddin”, nonostante l’annuncio viene ripetuto più volte al giorno, non è riuscita ad ottenere lo stesso effetto di quella condotta dai social network che di fatto con la cancellazione degli account stanno impedendo alle intelligence occidentali di ottenere informazioni di estrema importanza nella lotta al terrorismo.
Un favore inaspettato per lo Stato Islamico che a seguito del monitoraggio delle comunicazioni internet non nasconde di aver subito perdite in termini di vite umane e posizioni conquistate.
Solo l’altro ieri, grazie alle informazioni ottenute, i raid aerei avevano colpito più postazioni dell’ISIS uccidendo molti miliziani, tra i quali tre olandesi e quattro britannici che combattevano tra le fila del Califfato.
gjm