Donne in guerra, donne e guerra, donne vittime di guerra, una preposizione basta a cambiare tutto e niente, un concetto dalle mille sfumature secondo i tempi, i posti, le situazioni.
Le Donne in Guerra, quelle che decidono di partire e combattere sono in aumento, gli eserciti che ormai accettano le donne sono molti. Ma quale sorte attende le donne militari? I report sui problemi di molestie sono all’ordine del giorno e se ne parla sempre di più per cercare di spezzare l’omertà che spesso “unisce” le squadre.
Meno si parla invece delle donne che combattono.
Stiamo oggi vivendo un periodo di guerra, una parte del mondo usa il terrorismo come arma e l’altra risponde con le armi convenzionali.
La donna pilota
Maryam Al-Mansouri, Maggiore dell’United Arab Emirates’air force, 35 anni, pilota un aereo da combattimento F16 e partecipa ai bombardamenti dei terroristi dell’ISIS assieme alla Coalizione. In realtà è proprio lei al comando dello squadrone che, martedì, ha bombardato le postazioni dell’ISIS nel Nord della Siria. Da sempre sognava di diventare pilota ed è entrata a far parte dell’Emirati Air Force nel 2007 quando questa ha deciso di ammettere le donne nei suoi ranghi.
La sua storia potrebbe non fare notizia proprio perché non è la prima donna ad integrare le forze armate in modo operativo. E’ passato il tempo in cui venivano relegate al lavoro d’ufficio. Solo che Maryam è araba, anche se sulla sua carta d’identità la nazionale risulta giapponese e la sua famiglia vive negli Emirati arabi. Solo che la squadriglia che comanda sta bombardando terroristi islamici il cui rispetto della donna è pressoché nullo. Myriam è diventata quindi oggetto di minacce, di scherno, di insulti sui social media. Se mai dovessero catturarla la sua sorte sarebbe mille volte peggiore di quella di un suo collega uomo. Non dimentichiamo che le donne in guerra vivono una doppia pena, non solo la morte ma anche gli stupri, possibilmente collettivi. E questo che siano militari o civili. Se prese sono stracci da usare e di cui abusare.
Myriam deve anche affrontare il ripudio da parte della sua famiglia a causa del coinvolgimento degli Emirati con gli Stati Uniti nel bombardamento di obiettivi siriani e questo in nome di Dio misericordioso.
Un ripudio pubblico e dai toni molto forti quello dei familiari della donna che non esitano a definire la congiunta “ che partecipa alla brutale aggressione internazionale sul popolo siriano, in cima alle figlie canaglia”, non perdendo l’occasione per invitare tutte le fazioni e battaglioni che operano sulla scena a unire le forze e gli sforzi perché la nazione islamica possa vincere. “ Invitiamo i figli della nazione – si legge nell’atto di ripudio – a non caricare sulla famiglia Mansouri il peso delle azioni di “Myriam Al Mansouri”.
Le combattenti curde
In Siria donne soldato curde attaccano l’ISIS, molte sono ancora teen-ager. Non va dimenticato che i curdi stanno combattendo l’IS nel Nord della Siria, lungo la frontiera irachena, da oltre due anni e, contrariamente all’Iraq, sono riusciti a consolidare, anche se relativamente, il proprio territorio e senza l’aiuto degli attacchi aerei degli US. Gli scontri tra le YPG, ossia le Unità di protezione del popolo curdo siriano ed i combattenti dell’IS sono quasi quotidiani. Come le milizie dell’IS la maggior parte dei curdi è sunnita ma è l’unico punto comune.
Le donne non hanno paura. Non solo danno prova di estremo coraggio ma sono anche pronte a “farsi esplodere” se catturate dal nemico.
Le combattenti curde hanno anche un’altra arma perché per i fanatici dell’IS, una combattente donna è “haram” ossia un “anatema” che disturba solo a vedersi. Ironia del fanatismo: per i fanatici la donna è poca cosa ma basta che vedano una donna armata per fuggire.
Intanto continuano a combattere al fianco degli uomini una doppia battaglia, perché se lottano contro l’IS da una parte, dall’altra vogliono approfittare dell’opportunità di prendere il controllo di parte del territorio che da tempo chiedono al regime di Damasco.
Le donne dell’ISIS
Cosa possiamo sapere di queste donne celate dietro il niqab? Come avvicinarle, conoscere i loro pensieri e le loro aspirazioni?
Come dire alle ragazze europee che partono per fare la jihad e che più che per combattere le prenderanno come mogli i jihadisti o che verranno convinte a diventare kamikaze se non semplicemente usate come bombe umane? Le donne dell’ISIS sono inavvicinabili ed oramai è troppo tardi. Come “convertirle” ad una vita normale, da donne musulmane ma non fanatiche o vittime del fanatismo? Le donne che vengono fatte prigioniere dell’ISIS, come le yazide, subiscono stupri ed altre atrocità.
Intanto cosa pensano le donne dell’ISIS dietro i loro niqab?
Luisa Pace