È grosso modo il tenore delle chiamate ricevute qualche giorno fa dall’ufficio dello sceriffo della contea di Los Angeles quando, a causa di un disservizio, facebook è stato inaccessibile per qualche ora, come riporta il Time.
Non è noto quante persone abbiano chiamato, ma è certo che un sergente si è sentito obbligato a twittare per scoraggiare ulteriori telefonate al 911.
Il 911 è un numero in uso per le emergenze, un incendio, un crimine, la segnalazione di un ferito bisognoso di soccorso e, a quanto pare, per chiedere di rimettere in uso facebook.
Il servizio non è nuovo a chiamate di emergenza fantasiose, nonostante farle possa essere annoverato tra gli illeciti: dalla donna che chiedeva di costringere il promesso sposo a portarla all’altare, al padre che supplicava di costringere il figlio ventottenne a mettere in ordine la sua stanza, fino alla donna infuriata perché il suo gelato non era stato guarnito a sufficienza.
Sarebbe semplicistico liquidare la circostanza come bizzarria, inclusa la comunicazione del sergente via Twitter, completamente fuori dagli standard nostrani. Non riesco a immaginare un commissario, neanche di fantasia, poniamo Montalbano, che faccia twittare a Catarella di non rompere i cabbasisi con ‘sta storia di facebook.
Il disservizio di facebook è stato percepito come un’emergenza, al pari di qualcuno che provi ad aprire la porta di casa e non trovi il buco della serratura. Tagliati improvvisamente fuori da un mondo di contatti – di cui una parte minima accessibile con altri strumenti – di svago, di informazione, novità. Una via di mezzo tra un palinsesto televisivo e Disneyland. E non c’è bisogno di fare molto, i contenuti scorrono, si aggiornano, si è informati di morti e nascite, presi in un gorgo mondiale di gioie e dolori, molto vicino al pensiero unico, con l’illusione che ciò non avvenga perché si può sempre scegliere cosa leggere e cosa no.
Facebook è un continente che conta oltre un miliardo di persone, con un sistema di regole piuttosto lasche per la mole e il tipo di contenuti che transitano, ha gli arredi di una casa accogliente che possiamo far apparire e scomparire quando vogliamo e su cui abbiamo pieno controllo. Possiamo interagire o tacere, accogliere persone, cancellare e bannarle. Provare le vertigini di essere giudici senza controllo e con un vago sentore di onnipotenza.
Possiamo provare le emozioni di un corteggiamento senza complicazioni o innamorarci, sentirci bellissimi e attraenti. Improvvisarci leader di qualcosa, condividere e affermare opinioni politiche e artistiche. Tutto lì dentro. E se qualcosa non va, o ci annoia, basta disconnettersi.
Ma se per caso questa giostra dall’aspetto semplice e dall’essenza complessa non funziona, ci si può sentire smarriti. Non si tratta solo di svago, ma del modo in cui stiamo costruendo la nostra identità e il nostro accesso alla realtà.
Sicuri che i sensi siano solo cinque? E facebook?