Agrigento – Si è tenuta presso la libreria “Capalunga” la presentazione del libro di Fabio Fabiano dal titolo “Il frutto della Corteccia”.
Ad introdurre, Salvatore Nocera (per gli amici “Totò”), il quale ha elogiato la capacità dell’autore nel narrare la storia senza mai calarsi in prima persona nel racconto stesso, limitandosi a descrivere ciò che accade, da bravo spettatore che illustra i mezzi d’indagine utilizzati dai personaggi del suo romanzo e raccontando anche delle relazioni umane venutesi a creare tra i personaggi stessi, che è poi quello che realmente accade nella vita quotidiana.
Nocera è particolarmente attratto da uno dei personaggi, “Ombra”. Un nome curioso, visto che “l’ombra è colei che sta in disparte, che non si vede, sempre dietro all’individuo, ma è anche colei che lo sorregge , che soffre, ma resta lì”.
A dar voce alle parole scritte, il bravo attore Nino Bellomo che legge un passo del libro che racconta del furto perpetrato nella casa di un ministro. Quella casa che, in assenza della moglie, il politico usa come alcova.
Una pagina che anticipa l’intervento del Professor Vincenzo Alessi il quale sottolinea come i comportamenti del personaggio di cui narra il libro, non siano diversi da quelli dei nostri politici, aggiungendo come si può “commettere un reato, farsi eleggere per poi dichiararsi un perseguitato politico, come già in passato qualcuno ha fatto. Peccato che questo non sia concesso a noi comuni cittadini…”
Fabiano, autore del libro, stasera è anche un po’ personaggio e se non proprio lui, certamente lo è il suo lavoro, il “poliziotto”. Ed è proprio sulla professione del poliziotto che s’incentra il dibattito. Del resto, i personaggi del romanzo di Fabiano, sono suoi colleghi. Chissà se reali o meno, ma pur sempre poliziotti. “La vita del poliziotto è fatta di sacrifici, di privazioni – afferma Alessi -, ma è anche fatta di bei rapporti con la società civile, con gli immigrati che le nostre forze dell’ordine soccorrono in mare per poterli accogliere nella nostra terra e anche con chi riveste una carica pubblica, anche se a volte, purtroppo, c’è chi ricopre un ruolo non per proprio merito, ma per merito politico.
E poliziotto è Giovanni Infantino che elogia la scelta del titolo per come si ricollega alla mitologia greca e all’incesto, che poi viene narrato nel romanzo, e di come lo stesso sia realistico quando descrive come è la vita del poliziotto, come si lavora.
Ad illustrare ai presenti come Fabiano nel suo scritto abbia usato una dialettica che rispecchia il linguaggio realmente adoperato dagli operatori della Polizia, è Vito Alagna, Segretario regionale SILP (sindacato di Polizia) che racconta delle mille difficoltà quotidiane che affrontano i poliziotti, ma anche delle soddisfazioni che può dare lo svolgere una professione nella quale si crede e che spesso vale l’impegno di una vita.
Opinioni condivise da Nocera che apre una piccola parentesi sulle vittime di mafia dimenticate, su chi è rimasto ucciso senza motivo, e che ricorda le figure di due giudici conosciuti dalle nostre parti (Saetta e Livatino) che alla Giustizia hanno dato la propria vita. “Oggi – ribadisce Alessi – finalmente c’è chi denuncia, chi scrive, chi non china il capo ma decide di camminare a testa alta. Ebbene questo non è coraggio è solo decidere da che parte stare, scegliere… le scelte non sono mai facili, ma vanno fatte….”.
E in sala c’è chi le scelte le ha fatte. Ad assistere alla presentazione del libro ci sono alcuni familiari di vittime innocenti di mafia. Giuseppe Ciminnisi e Leonarda Gebbia ascoltano gli interventi. Loro sanno di aver scelto, d’aver scelto di stare dalla parte della Giustizia.
Un romanzo che ha per protagonisti poliziotti, scritto da un poliziotto, e alla cui presentazione hanno partecipato altri colleghi. Sbirri? Sì, Sbirri, perché se c’è chi usa questo termine in maniera dispregiativa – e tutti sappiamo a che categoria appartengono queste persone -, chi stasera è presente in sala (poliziotti, familiari di vittime innocenti di mafia, appartenenti al mondo della cultura e dell’arte, semplici cittadini, ma tutti persone perbene ed oneste), può decidere di leggere dietro questo termine un significato ben diverso, un significato del quale farsi vanto con orgoglio.
E Fabiano è orgoglioso di fare questo mestiere e delle scelta di vita che ha fatto.”Perché essere poliziotti – sostiene – non è solo indossare una divisa, ma è qualcosa di più… è provarci a cambiare le cose, è amicizia, è orgoglio….”
Parole che quasi trent’anni prima – quando frequentava l’Accademia – sentiva pronunciare dal suo primo superiore, il Dottor Mario Finocchiaro, che oggi, Questore di Agrigento, conclude con il suo intervento un dibattito interessante che ha coinvolto i presenti.
“È il mestiere più bello del mondo se quando lo fai, lo fai con passione, con dedizione, per servire il tuo Stato e per essere a servizio dei tuoi cittadini – afferma il Questore – Oggi la polizia è al centro del mirino per gli scandali sulle scorte. Sicuramente qualche collega ha sbagliato, ma quella è l’eccezione non la regola. Non è giusto pensare ai poliziotti come a nostri nemici”.
E chi può parlare delle scorte meglio di chi gestiva i servizi negli anni in cui a Palermo fare la scorta poteva significare non fare ritorno a casa?
“Esistono scorte facili, quelle fatte ai politici, e scorte difficili, come quelle di Falcone e Borsellino – afferma il Questore – Così per non far pesare molto ai ragazzi i servizi di scorta, si cercava sempre di alternarli nella copertura delle due diverse tipologie. Le scorte ai politici prevedevano trasferte regolarmente pagate e non erano neppure eccessivamente rischiose. Eppure i ragazzi che facevano la scorta a Falcone e Borsellino non volevano mai cambiare, erano orgogliosi di poter stare accanto a loro, di sentirsi parte di un’unica famiglia”.
Non sarà certo un caso se durante un incontro a Torino si è scoperto che ci sono circa 112 poliziotti che scrivono libri, poesie. Come afferma Alessi, scrivere per un poliziotto non è solo passione, diventa un impegno civile nei confronti dei cittadini. Un impegno stasera apprezzato dai tanti che hanno avuto modo di conoscere anche aspetti umani di questi uomini che ogni giorno rischiano la loro vita per proteggere la nostra. Sbirri? Sì, Sbirri, nel senso più elevato del termine…
D. M.
(Foto di Marco Scintilla)