Dalla Sicilia a Parigi, cento passi. Si è tenuto ieri presso l’Istituto comprensivo statale “Leonardo da Vinci” di Parigi, un incontro-dibattito sul tema “Legalità e giustizia: dialogo degli studenti con Giovanni Impastato”.
Un incontro che ha visto la presenza del Console d’Italia Andrea Cavallari, del dirigente scolastico Aurelio Alaimo, di Giovanni Impastato e di Maria Chiara Prodi, coordinatrice di Libera a Parigi.
Dopo gli onori di casa da parte del Prof. Alaimo, il saluto del Console che ha rimarcato come sia oggi necessario continuare l’opera di sensibilizzazione in materia di cultura antimafia.
A rivolgersi agli studenti del liceo e della terza media, Giovanni Impastato, fratello di Peppino, ucciso il 9 maggio 1978, a seguito della sua attività di denuncia politica e sociale che lo portò ad ostacolare gli interessi di quella mafia che non poteva perdonargli l’ironia con la quale ridicolizzava i boss e il fatto che, pur appartenendo ad una famiglia mafiosa, aveva fatto scelte tanto diverse da averlo condotto a diventare uno dei simboli dell’antimafia in un’epoca in cui il solo denunciare l’esistenza delle consorterie poteva rappresentare una valida motivazione per essere uccisi.
Peppino infatti era figlio e nipote di mafiosi, costretto a lottare contro le sue stesse radici di sangue e culturali, per cercare d’impedire che gli affari dei boss causassero gli scempi ambientali che tutti conosciamo.
Giovanni Impastato ha narrato le storie della sua infanzia con il fratello Peppino, il rapporto e l’amore per la natura, ma anche storie di un’infanzia terminata troppo presto con l’uccisione dello zio che in quel momento era ai vertici dell’organizzazione criminale.
Dinanzi una sala attenta e interessata, Giovanni ha ricostruito la tragica storia del fratello, di quei cento passi che separavano la casa paterna da quella di Tano Badalamenti, capo emergente della mafia locale, che si attestò ben presto ai vertici di Cosa Nostra.
Terminata la narrazione alcuni studenti hanno rivolto ad Impastato domande in merito alla vita di Peppino, agli aspetti sociali dell’epoca, all’importanza dello studio nella formazione di una cultura alla legalità. A quelle degli studenti, si sono aggiunte le domande da poste dagli insegnanti.
A colpire, in particolare, le domande dei più piccoli. Gli studenti di terza media da parte dei quali non ci saremmo aspettati così tanto interesse per un tema quale legalità e giustizia. Domande pertinenti e ben formulate che poco avevano da invidiare a quelle poste dai liceali e dagli stessi insegnanti.
È stato poi il turno di Maria Chiara Prodi che ha illustrato le attività svolte dall’associazione Libera e l’importanza delle stesse.
Non ci saremmo aspettati di assistere a Parigi, da dove la Sicilia con le sue storie di sangue, mafia, viltà e coraggio sembra così lontana, ad un incontro così interessante e ben condotto grazie alla capacità del dirigente scolastico e dei due relatori.
Forse ieri a parlare di legalità e giustizia, ancor più delle parole che siamo abituati ad usare noi adulti, erano gli occhi, l’attenzione e i pensieri che sembrava si potessero leggere in questi giovanissimi.
Un momento molto diverso da quelli ai quali spesso assistiamo e che vedono tra i relatori e gli ascoltatori i soliti addetti ai lavori, i politici interessati ad utilizzare l’antimafia, gli antimafiosi per professione e chi dietro un’antimafia di facciata a volte nasconde le proprie nefandezze.