Domani, 10 febbraio 2014, la Corte Suprema indiana dovrebbe emettere il verdetto decisivo su come procederà sul piano giudiziario nei confronti dei due nostri Fucilieri di Marina ceduti dall’Italia all’India per un’indebita azione penale e contro ogni dettato del diritto internazionale e di quello pattizio.
Una storia dai connotati molto oscuri che trova origine da due atti fondamentali. L’assoluta disattenzione indiana del Diritto internazionale e della Convenzione del Mare (UNCLOS) per quanto attiene alla collocazione di dove dovrebbero essere avvenuti gli eventi, a 20,4 miglia dalla costa, assolutamente in acque internazionali. La totale noncuranza italiana per non aver preteso l’applicazione del diritto di immunità funzionale riconosciuto dal diritto pattizio a tutti i militari del mondo, se coinvolti in eventi gravi in occasione dell’espletamento del compito loro assegnato dallo Stato di appartenenza. Prerogativa peraltro riconosciuta dall’India ai suoi militari anche nel caso di reati volontari come avvenuto recentemente in Congo dove due soldati inquadrati nel contingente di pace Onu hanno stuprato una donna.
Una data fondamentale il 10 febbraio, dopo 24 mesi di gioco delle tre carte gestito da un’India disattenta alle regole, poco rispettosa dell’Italia, ma molto sensibile alle pressioni interne esercitate da caste potenti, qualcuna forse vicina anche alle organizzazioni malavitose locali complici della pirateria marittima.
Cosa deciderà la Corte Suprema indiana non è facile prevederlo, qualsiasi ipotesi potrà essere sconfessata considerata la elasticità di interpretare ed applicare le leggi in vigore nel Paese, come è fino ad ora avvenuto.
Un esempio fra tutti, la decisione del 18 gennaio 2013 della Suprema Corte che pur ammettendo che i fatti fossero avvenuti in acque internazionali, decideva di instituire un Tribunale Speciale con un giudice monocratico al quale affidare il caso incaricando la NIA di svolgere le indagini.
Siamo arrivati ad oggi passando da una serie di rinvii di giudizio non sempre motivati, accompagnati però da parole di estremo ottimismo di molti rappresentanti istituzionali italiani. Per costoro tutto sarebbe dovuto terminare entro dicembre 2013 e Massimiliano e Salvatore avrebbero trascorso liberi il Natale a casa.
Certezze avvalorate da affermazioni di condivisione dell’approccio indiano alla vicenda, come quelle ufficializzate a maggio u.s. dal Vice Ministro agli Esteri Pistelli quando, pur male informato sullo status dei due Fucilieri di Marina da lui chiamati “Lagunari”, ci riferiva di “Regole di ingaggio” condivise e sottoscritte con l’India. Il tutto accompagnato dalle continue assicurazioni del dott. Staffan de Mistura sulla sicurezza di un processo equo e rapido, completamente mutuate in più di unoccasione dal Ministro degli Affari Esteri Emma Bonino, in verità, però, sempre molto distaccata dal caso forse perché allergica alla foggia delle uniformi militari.
A qualche ora dalla decisione che tutti aspettiamo dall’India la notizie si accavallano e, come di consueto, molte sono in contraddizione tra loro con lo scopo di portare avanti l’azione di disinformazione in corso da 24 mesi focalizzata a ribadire la colpevolezza dei nostri Marò e nello stesso tempo a presentare al mondo “un’India comprensiva e pronta a concedere”. Domani, quasi sicuramente, la Suprema Corte ci dirà che i due Fucilieri di Marina saranno giudicati non più per atti di terrorismo, ma perché colpevoli di un atto di violenza in mare, un reato che prevede un ampio ventaglio di sanzioni, compresa la pena di morte. Pena capitale che, però, non sarà applicata dalla “magnanima India”, prevedendo solo dieci anni di carcere.
Ieri sera una serie di notizie dall’India che confermano queste ipotesi. L’opinionista Siddharth Varadarajan, Accademico ed ex direttore Hindu dichiara “Quando il processo nei confronti dei marò comincerà, la questione della giurisdizione indiana potrà essere contestata dall’Italia”, come peraltro contemplato nella sentenza della Corte suprema del gennaio 2013. La difesa italiana – ha aggiunto – potrebbe presentare un secondo ricorso anche presso la stessa Corte suprema che un anno fa aveva sottratto il caso alla polizia del Kerala”, ma in questo caso “i tempi si allungherebbero notevolmente”.
”The Asian Age” ricorda che dopo avere dato il via libera alla Nia di perseguire Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sulla base del Sua act, adesso il Ministero dell’Interno ha rivisto la sua posizione e i due fucilieri di Marina saranno processati con una legge che prevede un massimo di reclusione di 10 anni e una multa.
The Times of India sostiene che il ministero dell’Interno ha mantenuto l’uso della Legge per la repressione della pirateria (Sua Act del 2002) disponendo che sia applicato l’art.3 comma ‘a’ che prevede che chi “commette un atto di violenza contro una persona a bordo di una piattaforma fissa o una nave e che mette in pericolo la navigazione sicura di essa sarà punito con la prigione per un periodo che può giungere fino a dieci anni ed è sottoponibile a multa”.
The Indian Express, da parte sua, ribadisce che contro Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sarà applicata la sezione 302 del Codice penale indiano che implica una possibile condanna a morte, anche se “la possibilità per gli imputati di essere condannati alla pena capitale – conclude il giornale – e’ davvero bassa”.
Nessun giornale indiano ci dice però come New Delhi intenda uscire da questo nuova situazione estremamente confusa, lasciando in sospeso l’importantissima decisione a quale agenzia sarà affidato il caso, con un sicuro e scontato allungamento dei tempi.
Il dott. de Mistura, da parte sua, rilascia unintervista al quotidiano Il Tempo nella quale ci ricorda che “Lunedì sarà il giorno della verità” e che “Ora l’accusa deve scoprire le sue carte e per ognuna di queste abbiamo pronte le contromosse”. Parole rassicuranti, ma poco concrete.
Infatti se la Corte indiana deciderà di applicare la SUA pur derubricando il reato da evento terroristico ad atto di violenza, l’accusa non sarà tenuta a scoprire alcuna carta perché l’ordinamento giuridico indiano con riferimento alla SUA prevede che chi dovrà scoprire le proprie carte deve essere la difesa dei due Marò per affermarne l’innocenza .
Il dott. de Mistura precisa, anche, che lunedì 10 non potrà essere considerato come “il giorno del giudizio”, ma dimentica di chiarirci se il giudice potrebbe accogliere l’istanza della pubblica accusa sulla revoca dell’affidamento giudiziario all’Ambasciata italiana dei due Fucilieri, nel qual caso si potrebbe prospettare l’arresto dei due. Conclude l’intervista con la frase “Ora dobbiamo riportare a casa con onore Girone e Latorre”.
Non possiamo condividere queste conclusioni perché non si può accettare che si parli di onore riconoscendo all’India l’indebito diritto di giudicare ed emettere una sanzione detentiva di dieci anni. Sicuramente se tutto ciò avvenisse la vicenda non verrà conclusa con una “soluzione onorevole” anche se in molti si impegneranno per dimostrala tale.
Massimiliano Latorre e Salvatore Girone appartengono alle nostre Forze Armate e sono stati catturati e detenuti in modo assolutamente illegittimo dall’India mentre erano in missione antipirateria nell’interesse di tutta la Comunità internazionale. Latorre e Girone devono essere restituiti all’Italia “con onore”, come ha sottolineato lo stesso Capo dello Stato e quindi rimandati in Patria senza alcuna condanna nei loro confronti e non “portatori di condanne concordate” attraverso non meglio definite regole di ingaggio di cui si è parlato, per poi essere restituiti all’Italia in base all’accordo bilaterale dell’agosto 2012 sulla gestione dei condannati italiani o indiani.
Qualsiasi cosa sarà decisa domani non sarà un episodio che riguarderà solo Latorre e Girone. Ogni decisione diversa da un immediato rimpatrio dei Fucilieri di Marina senza alcun addebito nei loro confronti, rappresenterebbe, infatti, un precedente aberrante e pericolosissimo per tutti i nostri soldati impegnati in missione all’estero. Se accettato dall’Italia, sancirebbe la rinuncia esplicita alla Sovranità nazionale sulle sue Forze Armate con una ricaduta assolutamente negativa sul ruolo internazionale del Paese e soprattutto sulla sua credibilità nel tutelare all’estero i nostri connazionali e le nostre imprese.
Alla luce di quanto noto, invece, domani con ogni probabilità si attuerà quanto condiviso e sottoscritto fin dall’inizio fra Italia ed India come ci ha raccontato a maggio u.s. il Vice Ministro Pistilli, magari con una postilla aggiuntiva all’accordo: i Fucilieri una volta condannati rientreranno in Italia solo dopo che esponenti del governo indiano verranno esclusi da qualsiasi coinvolgimento con le vicende giudiziarie di Finmeccanica.
Un altro pezzo importante della storia della nostra Nazione gestito con frettolosa segretezza senza il coinvolgimento dell’opinione pubblica e del Parlamento. La storia si ripete, accadde anche il 10 novembre 1975 quando Italia e Yugoslavia firmano un Trattato per trasferire alla Yugoslavia la sovranità statuale sulla Zona B del Territorio libero di Trieste.
Forse proprio anche a questa tradizione tutta italiana si riferiva il Ministro degli Esteri Bonino quando più volte in questi mesi si è richiamata ad una “secret diplomacy” di kissingeriana memoria ed ha sempre invocato la massima riservatezza. Quello stesso Ministro che ora si indigna se l’India decidesse di applicare comunque la Sua Act, come ha dichiarato ieri sera alla stampa dicendo, “Talune anticipazioni che provengono oggi da New Delhi sull’iter giudiziario del caso dei nostri fucilieri di Marina mi lasciano interdetta e indignata”.
Forse Signora Ministro la sua indignazione non sarebbe tale se si fosse esposta per caldeggiare la sorte dei due militari italiani. Piuttosto, la sua scelta di rilanciare al Premier l’onore della decisione in una questione di politica internazionale di primaria importanza forse non le danno il diritto di indignarsi. Piuttosto almeno si impegni perché martedì si dimetta chi fino ad ora ha confidato in soluzioni “eque, rapide e giuste” e sia dato immediato corso alla costituzione di una Commissione di inchiesta Parlamentare che accerti le responsabilità oggettive di chi ha deciso il 22 marzo 2013 di restituire i nostri militari all’India, i motivi che hanno indotto a tale decisione e perché non sia stato avviato l’Arbitrato Internazionale.
Fernando Termentini