Il contenuto dei “pizzini” dell’ex boss latitante Gerlandino Messina, arrestato nel 2010 a Favara (Ag)
La recente indagine che ha portato all’arresto di Anna Messina, sorella di Gerlandino, dimostra ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, di come la realizzazione di taluni lavori (rigassificatore e adeguamento della SS640), fossero sotto il controllo più o meno diretto dell’ex numero uno di “cosa nostra” agrigentina.
La notizia in merito ai “pizzini” inerenti la realizzazione del rigassificatore di Porto Empedocle era trapelata subito dopo l’arresto del latitante. Sugli “appetiti della mafia”, in merito alla gestione dei lavori per la realizzazione di quell’impianto, non avevo alcun dubbio. A partire da quando nel dicembre 2006 ricevetti la prima minaccia di morte perchè, nella qualità di fondatore del primo “comitato no-rigassificatore”, evidentemente disturbavo gli interessi di taluni personaggi.
Minacce che, oltre ad essere notiziate da organi stampa nazionali, venivano indicate nell’interrogazione a risposta scritta, presentata alla Camera dei Deputati dagli Onorevoli Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci e Maurizio Turco.
In molti nel corso degli ultimi anni si sono meravigliati del mio silenzio in merito alla continuazione dei lavori per la realizzazione dell’impianto.
Silenzi non certamente dovuti alla paura di “cosa nostra”, quanto a controversie giudiziarie che mi hanno visto imputato in un processo durato due anni, per aver scritto un articolo dal titolo “gli appetiti della mafia dietro il rigassificatore”.
Purtroppo, come scriveva la giornalista Alida Amico su “Centonove”, ad Agrigento iniziava il “processo sul rigassificatore”, ma iniziava contro chi in più circostanze e presso più sedi aveva denunciato le “anomalie” che avevano costellato l’iter burocratico autorizzativo dell’opera industriale.
Al termine del processo, il Pubblico Ministero chiedeva il non luogo a procedere “perchè il fatto non sussiste”. Una richiesta di assoluzione con formula piena, per un processo verso la cui sentenza è stato proposto appello e del quale parleremo soltanto quando si sarà conclusa l’intera vicenda giudiziaria.
Ancora una volta mi stupisce il comportamento di quanti, erigendosi a paladini della legalità (sindacalisti, rappresentanti di categoria, politici antimafia e professionisti vari di un’antimafia spicciola e di facciata), dopo le notizie ufficiali in merito a quello che si muoveva dietro la realizzazione dell’impianto industriale, si sono trincerati dietro un assordante silenzio o, al massimo, dietro laconici comunicati stampa.
Evidentemente, come in passato sostenevano taluni politici, la mafia non esiste…
Quanto state leggendo, tratto da “Grandangolo” – il giornale agrigentino di Franco Castaldo – è il contenuto di uno dei “pizzini” dell’ex boss latitante Gerlandino Messina, nel quale si fa cenno alla realizzazione dell’impianto:
“Carissimo amico, mi auguro che il mio scritto vi venga a trovare tutti bene in famiglia, per come posso dire di mè per volere di nostro Signore Gesù Cristo. Ti sto scrivendo queste due righe, se puoi fare sapere al signor Rizzo che prima di Natale deve fare avere dieci mila euro per quanto riguarda P. Emp, e poi gli devi dire che fa sapere ai fratelli Patti che si devono mettere aposto con me su tutto anche nel suo paese, ti chiedo questo a te, visto che l’ultima volta o fatto tutto per rispetto tuo, in caso, non ti vuoi mettere in mezzo fammelo sapere, la tua singerità verrà ammirata piu di prima, sappi che io ti rispetto tantissimo, e non scordo di chi sei Figlioccio, aspetto una tua risposta al più presto, adesso ti lascio con lo scritto ma non con il cuore e pensiero, e sappi che se avete bisogno io e la mia famiglia siamo a disposizione, poi volevo dirti che o cose belle di lavoro in mano, se avete bisogno fammi sapere, dimenticavo a dirti di fare sapere al signor Rizzo che nel riglassificatore senza il mio bene stare non ci deve avvicinare, fagli sapere tutto questo, se puoi, sù tutto questo che ti o scritto fatti tramite tù, dato che con lui non voglio avere a che fare. Adesso mio Carissimo ti lascio con lo scritto ma non con il cuore ti mando un grosso abbraccio per te e famiglia. T.v.b”.
Leggendo queste poche righe del boss mafioso sento tutto il peso di una violenza che va ben al di là di quella verbale. Poche righe che dovrebbero far riflettere quel mondo di strani paladini ai quali mi riferivo. Ma, forse, ancora una volta sono io che non ho ben compreso cosa volesse dire, visto che la mafia non esiste… Pertanto, lascio a voi lettori il fare le opportune considerazioni.
Gian J. Morici