
Per chi abusa di un bambino, tutto è ridotto a poco più di un gioco con goduria finale.
Il dramma lo si sversa dall’altro lato, insieme al proprio seme.
Fa schifo. Anche parlarne, figuratevi subire.
Ho parlato tempo fa con una vittima di abusi da bambina. Mi ha mandato una mail che non oso riproporre. Senza mezzi termini posso dirvi che per l’orrore sono andato in cesso a vomitare.
Perdonatemi se noterete uno stile molto grezzo in ciò che scrivo, ma per la prima volta non riesco a staccarmi. Non è facile intuire il terrore di chi ha il boia in casa. Il proprio padre.
Chi mi ha parlato si è liberata, affrancata, diventata madre. Ma quando ti accoltellano l’anima da bambino, non guarisci. Le cicatrici restano. Lei le ha esorcizzate, non facendosi stuprare ancora una volta dal suo passato. Ma ha deciso di fare una analisi lucida. Si può non essere d’accordo. Ma dal suo punto di vista non fa una piega. E io sono dalla parte del suo punto di vista. Come si fa con gli amici, anche quando sbagliano. Li si difende anche per le idee non proprio giuste. Poi in privato magari si rimprovera la cazzata.
Lei si è affermata nel settore medico. Mi dice che ha studiato, da un punto di vista tecnico, il comportamento di chi è pedofilo.
La sua diagnosi spietata è che non è vero che chi abusa agisce d’impulso. Non è malato. Non del tutto. Ma ha una componente organizzata, come un killer seriale. Medita, organizza, circonda, si guadagna la fiducia di chi ha in custodia il bambino, se non addirittura averla già per ruolo naturale. Come un padre o uno zio.
Fa incazzare, urlare, il suo dolore dignitoso, specie per chi pensa alle grandi potenze della chiesa che non fanno quasi nulla per fermare questo scempio. La chiesa che dice di raccogliere anime perdute, poi le lascia in pasto a chi le massacra. Questo dicono le cifre del fenomeno all’interno dei prelati. Questo mi fa pensare ancora a quanto diceva mio padre: Un uomo non viene fatto dal vestito che porta, ma dall’anima che indossa e dal rispetto del prossimo. Padre Puglisi era un prete. Chi si macchia di pedofilia tra i crocifissi, con la complicità d’alto bordo, è feccia.
Quello che dice fa male a chi lo sente. Fa male sapere che ha sentito lei. Che ha provato. Sono quelle sensazioni ruvide che lasciano lo stesso fastidio di sudori non richiesti. Quei caldi improvvisi che porta la vera agitazione, il panico. Non la temperatura che sale per passione, per voglia e desiderio.
Sono quelle ferite che chiunque guarda da fuori ti dice che puoi e devi lasciarti alle spalle.
Ma io che ho sentito la sua voce ferma e determinata, lo so che ha preso I suoi scatoloni di anni di violenze e li ha riposti nel solaio emotivo, a far le ragnatele.
Ma un’altra cosa la so, purtroppo.
Ogni volta le accadrà, è il destino di chi non ha conosciuto l’amore con I giusti modi, pulito, onesto, con il rispetto dei ruoli. Succede a chi non ha avuto l’amore con il rispetto dei ruoli. L’amore malato che non tiene le mani a posto. Un padre che ti ama non ti sottopone a quello schifo. Lei stessa me lo dice: “la pedofilia non è una malattia, è la sublimazione dell’amore egoistico, l’apoteosi del voler star bene per poco, distruggendo per sempre il tuo oggetto di piacere”.
Ogni volta, dicevo, le accadrà.
Quando due braccia la cingeranno, quando un bacio sarà il prologo di un rapporto d’amore, quello vero, lei sentirà una vena pulsare all’altezza della testa.
Per molti sarà solo emozione, per chi ci è passato ha un altro nome.
Sono I fantasmi chiusi in solaio, bussano per uscire e distruggerti ancora. Riuscire a tenerli sottochiave e amare liberi non sarà facile ma ci si deve provare. Sempre.
Photos by Deviantart