L’anniversario della brutale uccisione di Rosario Livatino non può essere solamente occasione per il ricordo di un uomo giusto che si opponeva al potere mafioso. Non può e non deve essere un ennesimo momento di questa visione “museale”, o ancor peggio “commerciale”, della lotta alla criminalità, perché le mafie, ce lo dice la Dia nella relazione per il secondo semestre 2012, sono più forti e radicate che mai. La direzione investigativa antimafia, infatti, indica come siano in aumento fenomeni “silenziosi” come l’usura e il pizzo, così come le intimidazioni a commercianti, forze dell’ordine e magistrati, e come la mafia si stia interessando a molti grandi appalti.
La mafia, come un parassita, si nutre ancora delle risorse del nostro territorio, lo strangola, lo relega all’arretratezza. Per questo non possiamo e non dobbiamo solo ricordare Rosario Livatino e tutte le vittime innocenti della criminalità, ma dobbiamo renderci “credibili”, portando nelle nostre quotidianità, anche solo in parte, la lezione che questi eroi civili hanno scritto con il loro sangue.
Oggi, lo Stato e la collettività tutta, deve rammentare alle giovani generazioni chi è stato Rosario Livatino, e a sé stesso deve ricordare, ad esempio, anche il destino di Pietro Nava, il testimone che fece arrestare i killer del giudice e che non ricevette in cambio alcuna protezione. Mai più i collaboratori devono essere lasciati soli.
Il presidente del Consorzio per la Legalità e lo Sviluppo Mariagrazia Brandara