Mentre la crisi economica devasta il Paese con un’impresa su tre costretta a chiudere i battenti a causa dei ritardi dei pagamenti dei committenti pubblici e privati e la criminalità galoppa – secondo i dati del CGIA di Mestre sarebbero infatti aumentati furti ed estorsioni -, i politici nostrani, quando non fanno ridere di sé e del loro tragicomico operato, come avvenuto per le imbarazzanti vicende del caso Kazakistan, focalizzano il loro interesse su questioni di lana caprina. Tematiche che, in un paese normale, non interesserebbero a una popolazione a cui è stata compromessa la tranquillità del presente e derubata del sogno di un roseo futuro per i propri figli.
Tutto sembra ruotare sul giudizio pendente in cassazione in merito al processo “Mediaset”. Un giudizio che, riguardando il Cavaliere Silvio Berlusconi, a stretto giro potrebbe – in caso di condanna – avere ripercussioni anche su tanti sedicenti amici che si vedrebbero costretti a dover lasciare le prestigiose poltrone generosamente offertegli dall’unico e solo recettore di voti del PdL, unico e incontrastato leader del centrodestra e, cioè, Silvio Berlusconi.
Un processo su cui si è focalizzata quasi tutta l’attenzione dei media e della politica, nonostante, le parole di pacificazione dell’ex premier Berlusconi che invita tutti alla calma e al senso di responsabilità. Tutto inutile, perché adesso nel PdL, il partito padronale per eccellenza, tutti si dicono “Falchi” e nel caso di una condanna definitiva del loro leader potrebbero uscire dall’esecutivo anche contro le parole del Cavaliere, che nonostante tutto “continuerebbe a lavorare per il bene dell’Italia” invitando alla pacificazione. La minaccia è ben circostanziata, tutti i ministri del PdL potrebbero dimettersi dall’esecutivo in caso di condanna a Berlusconi. Un’azione di protesta che potrebbe riportare il paese dritto alle urne. C’è chi invece intravede dopo l’attuale governo PD-PDL un possibile governo PD-M5S, anche se dalle recenti parole di Roberto Speranza, capogruppo PD alla camera dei deputati, questa strada non sembra praticabile. “No. Mesi fa abbiamo fatto una scelta. E poi mi pare chiaro che l’inaffidabilità sia la loro cifra – aveva dichiarato Speranza alla domanda su una possibile alleanza con il M5S”.
Al momento Silvio Berlusconi starebbe decidendo su come agire per far sua questa difficile sfida, convinto, in un modo o nell’altro, a sfruttare appieno i punti di forza della sua strategia difensiva limitandone al massimo quelli di debolezza. L’avvocato Coppi gli consiglierebbe di rinunziare alla prescrizione chiedendo altresì un rinvio dell’udienza, giocando così la carta della sua innocenza, con effetto mediatico dirompente agli occhi dell’elettorato del centrodestra che vedrebbe nel proprio leader un innocente che si difende nel processo. Caduto il pericolo di una imminente prescrizione, la cassazione potrebbe, ravvisandone le condizioni, rinviare il processo in primo grado. Come conseguenza il processo Mediaset e relativi esiti negativi di una condanna potrebbero allontanarsi notevolmente nel tempo.
Dall’altro lato invece, tra i falchi c’è chi consiglia il Cavaliere di non giocare la carta dell’innocenza, ma attendere che il 30 luglio si svolga il confronto in aula tra collegio e avvocati e nella stessa serata attendere le conclusioni, quasi certamente una condanna. Una condanna indolore, poiché, per effetto della sentenza, la giunta per le elezioni del Senato voterebbe subito l’interdizione dai pubblici uffici e in un paese come l’Italia, dove tutto è destinato ad essere dimenticato in fretta, Silvio Berlusconi uscirebbe dal Senato – che peraltro ha frequentato molto poco – rimanendo in politica quale il leader supremo e carismatico del PdL. Contestualmente il governo Letta, “per spirito di responsabilità del Cavaliere”, potrebbe continuare a vivacchiare tra una decisione rinviata e l’altra da prendere. Nulla cambierebbe tranne che Berlusconi volendo staccare la spina all’ormai inutile governo Letta lasci campo libero ai “falchi” con le loro proteste contro la magistratura politicizzata e le dimissioni di tutti i ministri in quota PdL. Il vero colpo di scena dell’estate 2013 potrebbe essere l’entrata di Marina Berlusconi in politica, con tanto di discorso alla nazione, ovviamente a reti Mediaset unificate, sull’onta dell’indignazione per una condanna al padre ritenuta da lei ingiusta e frutto di una persecuzione giudiziaria. Il partito B. & B., con Silvio Berlusconi al timone – quale leader carismatico anche se fuori dal parlamento – e con Marina Berlusconi candidato premier, se si andasse a votare conquisterebbe probabilmente più del 40% dei consensi”. Marina, conquistato palazzo Chigi potrebbe diventare il braccio operante del padre nel continuare la sua opera politica mirante a fare “il bene dell’Italia” senza dimenticare il bene, la sopravvivenza e la prosperità delle aziende di famiglia.
In uno scenario siffatto, le cui prerogative potrebbero innescarsi già dal giorno successivo l’udienza del 30 luglio, verosimilmente Angelino Alfano, che tanto in questi ultimi giorni ha fatto parlare di sé per la discutibilissima gestione del caso Ablyazov, potrebbe tranquillamente dimettersi da ministro dell’Interno senza aspirare a una futura candidatura a premier, nel rispetto di quel principio anatomico – “una sedia un culo” – da lui consigliato per scardinare nomenclature e potentati locali.
Del resto il caso Kazakistan, con i familiari del dissidente Ablyazov consegnati nelle mani del dittatore Kazako Nazarbayev senza che Alfano – a suo dire – nella sua veste di ministro dell’Interno ne fosse a conoscenza, oltre alla figuraccia italiana rimediata agli occhi del mondo, rischia di far esplodere la già difficile alleanza di governo. Una vicenda all’italiana, dove anziché dimettersi il ministro del dicastero che si è reso responsabile di un’operazione tanto discutibile nei confronti di una donna e la figlioletta bisognose di protezione da un dittatore che vede nel marito il principale pericolo al suo potere, si è ancora in cerca dei diretti responsabili tra funzionari e dirigenti della polizia e della digos. Una figuraccia internazionale probabilmente maturata, visti gli esiti, da quella politica italiana fatta superuomini abituati ad occupare più sedie con un culo a ventosa.
Totò Castellana