La civiltà umana ha sempre utilizzato i simboli, inizialmente per comunicare. Con l’evoluzione i simboli hanno assunto una rilevanza sempre crescente. Oggi , nell’età moderna, talvolta vengono utilizzati per individuare una religione. Pensiamo alla croce, che è il simbolo del cristianesimo. A volte i simboli rappresentano anche una ideologia. Proviamo ad incrociare una falce ed un martello, come fece Lenin nel 1917, per decretare la vittoria della rivoluzione bolscevica. E’ su questi due simboli incrociati, e sulla rivoluzione russa del 1917, che il destino ha deciso la vicenda che oggi vi raccontiamo. Una vicenda scarlatta, per il sangue versato e per l’ideologia comunista. Una vicenda segnata dall’ amore tra un uomo ed una donna e dal grande impegno di un sindacalista rivolto ai più deboli e in difesa dei diritti civili.
Un caso che il destino, nella sua drammaticità, ha deciso di regalare a noi siciliani, per dimostrare al mondo intero che la nostra terra non è fatta solo di mafiosi, ma soprattutto di grandi uomini, pronti a morire per gli altri e per le proprie idee. Se l’uomo di cui andremo a parlare fosse stato un uomo di colore e fosse nato e vissuto negli Stati Uniti, potrebbe ricordarci la figura di Martin Luther King, ma la vicenda si svolge in Sicilia ed esattamente a Sciacca, ed il nostro eroe si chiama Accursio Miraglia.
Ma prima facciamo un passo indietro, un salto nella storia, fino al 1917, anno in cui lo Zar di Russia Nicola II abdicò e l’intera famiglia imperiale venne tratta in arresto, ponendo fine al regno della dinastia Romanov. I nobili russi decaduti ed esiliati mettono a frutto i loro studi artistici, ed in qualità di musicisti e ballerini girano per i teatri di tutta Europa. Ma lasciamo gli aristocratici russi alle loro vicissitudini, saltiamo alcuni capitoli della recente storia mondiale e approdiamo al luglio 1943. Una data importante, perché gli alleati sbarcano, quasi incontrastati, nella Sicilia dominata, sino all’arrivo della prima jeep dell’esercito USA,dal regime fascista.
Accursio Miraglia, nel frattempo , dopo aver ottenuto il diploma di ragioniere, viene assunto da una importante banca italiana. Dopo un periodo iniziale nella sede di Catania, viene trasferito per una progressione di carriera a Milano. Miraglia è un ottimo impiegato, si occupa di cambi e valute, nella sede centrale della banca, ma ha una idea diversa sui capitali ed i mezzi di produzione. Miraglia ha una doppia vita e dopo aver smesso gli abiti del bancario, la sera, indossa quelli dell’anarchico, ed arringa i compagni, nella sede milanese di Porta Ticinese.
Essere bancario ed anarchico non è piacevolmente trasgressivo, come avviene oggi, dove alcuni bancari, nei fine settimana, si tolgono le giacche da yuppie ed indossano giubbotti di pelle nera, con le borchie, per saltare sulle Harley Davidson cromate e trasformarsi negli Hells Angels de noi altri, per poi radunarsi davanti un piatto di bucatini all’ amatriciana. I tempi allora erano duri, e l’ideologia anarchica mal si sposava con quella capitalistica di un grande istituto bancario. Pertanto, nonostante la grande professionalità e competenza, Miraglia Accursio viene licenziato.
L’ex impiegato di banca ritorna nella sua natia Sciacca e lì viene in contatto con i nuovi ed appena organizzati comunisti del dopoguerra. L’ex impiegato di banca presto diventa anche un ex anarchico – e fonda e dirige la prima camera del lavoro in Sicilia. Diventa il capo dei comunisti di Sciacca e non solo. Ecco che i due simboli, che avevamo lasciato nel 1917 nelle mani di Stalin, li ritroviamo disegnati sulla bandiera rossa che Miraglia Accursio porta fiero sulle sue spalle in occasione della Cavalcata, assieme a miglia di contadini affamati di terra. La famosa Cavalcata fu una manifestazione imponente, che si svolse a Sciacca, 5.000 contadini protestavano apertamente contro i latifondisti siciliani che non volevano perdere il possesso delle terre incolte, che una nuova legge giusta ed equa assegnava alle cooperative dei contadini nullatenenti.
In quel tempo c’era anche spazio per situazioni più leggere. Alcuni amici segnalano al sindacalista, nonché leader del locale partito comunista, che una compagnia di artisti russi si esibisce in un teatro di Palermo. Gli amici sono convinti di dare la giusta dritta ad Accursio Miraglia, perché nel loro immaginario i russi sono tutti comunisti. Il sindacalista accetta l’invito, e parte assieme a loro alla volta di Palermo. Desidera vedere i compagni russi all’opera. Ed è proprio all’opera che trova i russi, ma quelli sul palco sono tutto tranne che comunisti. Sono gli aristocratici esiliati dopo l’avvento dei Soviet , di cui avevamo parlato prima. Anzi, se dobbiamo dirla tutta, il comunismo a quei russi gli aveva tolto tutto, affetti, terra, radici. Tra i musicisti c’è una splendida ragazza, ha le dita sottili e lunghe e fa vibrare con grande tensione le corde del suo violino. Ha lo sguardo limpido come quello di ogni bella donna russa. In questi casi, se fossimo dei romanzieri di libri rosa, scriveremmo che fu allora che scattò il colpo di fulmine. Ma a prescindere dalle parole che usiamo o dal genere letterario, la storia finisce a lieto fine, i due si innamorano e si sposano. Una donna che ha ricevuto tanto male dai comunisti giunge errante in Italia, e precisamente in Sicilia, dove incontra un leader comunista, di cui si innamora e che sposa. Che trama ragazzi! Ancora una volta il destino si scopre grande narratore di intrecci, che sembrano impensabili anche per il più bravo degli sceneggiatori di film o per la migliore tra le scrittrici di romanzi rosa. Pensate ancora che le ideologie possano vince sull’amore? Pensate veramente che una falce ed un martello incrociati possano essere d’ostacolo ai sentimenti tra un uomo ed una donna?
Ma per Miraglia i due simboli, al di là dell’ideologia, hanno anche un significato pratico. Egli sa bene che il martello serve per battere il ferro. Infatti, è anche commerciante di metalli e durante il fascismo procura il ferro di contrabbando agli artigiani, che in questo modo riescono a lavorare. Una volta scoperto i fascisti lo mettono in cella. Il metallo serve al governo di Mussolini per scopi bellici. Egli conosce bene la fatica del contadino, che con la falce miete il grano, nelle roventi giornate di giugno. A Miraglia i due simboli non servono, come succederà più avanti durante gli anni di piombo ad alcuni studenti per nascondersi dietro di essi e dare sfogo alla violenza più bieca. Egli della non violenza fa un punto fondamentale delle sue battaglie. E quello che lo rende ancora più grande e che è consapevole che è nel mirino dei mafiosi e dei latifondisti terrieri che gli hanno promesso la morte. Il suo è un grande gesto di amore nei confronti dei braccianti agricoli e dei piccoli proprietari di terra, che finalmente vedono la possibilità di accedere a quella terra tanto desiderata e che per secoli era stata loro negata da un sistema latifondista miope e sottosviluppato.
Ma tutte le storie che hanno un inizio, hanno anche una fine. E la storia che vi stiamo raccontando non sfugge a questa regola. La fine è già stata annunciata, il destino l’ha scritta, e a noi non resta che raccontarla. La storia si conclude in una fredda sera, la data è tragica, 4 gennaio 1947. È la stessa data che si trova su una lapide posta nel vicolo Orfanatrofio di Sciacca in memoria ed in ricordo del vile e turpe omicidio del sindacalista, comunista, ma soprattutto filantropo Accurso Miraglia. Per onore di cronaca a questo punto avremmo dovuto farvi i nomi degli assassini e se fossimo dei bravi cronisti di nera distinguere i mandanti dagli esecutori materiali. Ma noi non faremo nomi per due motivi. Il primo è che coloro che sono stati arrestati dai poliziotti, subito dopo l’omicidio, vennero quasi immediatamente liberati, e non sono stati mai giudicati. Per quell’atroce delitto lo Stato Italiano non pronunciò alcuna sentenza. Sembra una vicenda sudamericana, come quella dei desaparecidos, morti o scomparsi senza un motivo od una ragione ufficiale, ma con responsabilità chiare ed assodate, che urla una giustizia che purtroppo non verrà mai fatta. Il secondo motivo è che se anche fossimo convinti che quegli uomini allora arrestati fossero stati gli effettivi autori dell’efferato omicidio non avremmo interesse a citarli, perché oggi noi vogliamo fare giustizia ad Accursio Miraglia, vogliamo che i loro nomi vengano avvolti dall’oblio, la storia provvederà a cancellarli per sempre, perché la storia di questo paese, la storia del popolo italiano deve ricordare solo e soltanto, scolpito nel tempio dell’eternità, il nome di Accursio Miraglia. Un grande uomo, capace di perdonare i suoi assassini, prima che lo uccidessero, un esempio antesignano e perenne per tutti noi che combattiamo e detestiamo con tutte le nostre forze la mafia.