Continua a suscitare polemiche l’attacco nel corso del quale a Bengasi perse la vita l’ambasciatore americano Stevens.
Un attacco annunciato, in merito al quale palesammo subito le nostre perplessità con un articolo nel quale evidenziavamo le tante “stranezze” del caso.
Come avevamo già anticipato nel mese di settembre, decine di episodi che lasciavano ipotizzare rischi per la sicurezza del personale americano in Libia non vennero documentati né presi in considerazione da chi avrebbe avuto il dovere di garantire l’incolumità dei cittadini americani impegnati a vario titolo in territorio libico.
Rapimenti, tentati omicidi, furti d’auto, attentati non portati a termine a causa di imprevisti, non hanno impensierito benchè minimamente l’amministrazione Obama, la quale, nonostante le obiezioni dell’ambasciatore Stevens, nel mese di agosto ritirò le squadre speciali fino a quel momento presenti nel territorio.
Né tantomeno il governo americano tenne in considerazione le relazioni da parte dei servizi di intelligence divenute tanto pubbliche da essere pubblicate in data 4 settembre dal Jerusalem Post – in merito ad azioni previste estremisti contro le ambasciate americane in tutto il Medio Oriente.
Informazioni reiterate 48 ore prima dell’attacco, dopo che si erano già verificati ben tre diversi assalti alle ambasciate americane.
La sera dell’attentato a Bengasi il presidente Obama incontrò il segretario Panetta, ma le richieste urgenti di back-up vennero ignorate, mentre le squadre di pronto intervento presso la base di Sigonella e i mezzi aerei che si sarebbero potuti subito dirigere in Libia non vennero approntate, tanto da arrivare a distanza di diverse ore dall’uccisione dell’ambasciatore.
Che qualcosa quella notte non funzionò (o forse funzionò fin troppo bene?) è ormai chiaro a tutti. Quello che appare poco chiaro (o forse anche questo è fin troppo chiaro?), la motivazione per la quale nonostante le richieste da parte di parlamentari, e-mail, video e le foto relative all’attentato di Bengasi sono ancora trattenute dall’amministrazione americana che sembra non volerle concedere ai deputati del Congresso.
Cosa potrebbero mostrare quelle immagini e cosa potrebbe saltar fuori dalle e-mail, se, come affermato dai vertici delle istituzioni statunitensi, quella notte non accadde nulla di strano a Bengasi (o a Sigonella, da dove le squadre speciali non partirono immediatamente)?
Gian J. Morici