-Ho avuto momenti di grande afflizione, non c’è bisogno di fatti gravi perché l’afflizione ti raggiunga, ma spesso, mentre affronti i fatti gravi, ecco te ne pigliano di collaterali, inimicizie interiori, tristezze antiche. Più che altro il tempo è trascorso con una certa trepidazione, quella di non farcela, di non essere in grado, di non essere capace, di essere sbagliato. Non ho mai sospetto per gli altri, ma per quel che mi riguarda, agli occhi miei sono sempre in prova.-
-Bene-
-Non direi, non so lei, ma stare così in equilibrio mi ha dato parecchi problemi-
-Bene-
– Se lo dice lei-
-No bene, per dire che in generale le esistenze si giocano su questo equilibrio-
-Non mi pare, la gente che ho frequentato io era sempre abbastanza sicura di avere ragione, pure quando obiettivamente non l’aveva-
-E lei la stima, gente così?-
-Più che altro la studio, per carpirne la tecnica-
-E l’ha imparata?-
-Francamente no, non ci sono tagliato-
-Ha da riferire momenti felici?-
-E’ strano che me lo chieda-
-Perché?-
-Pensavo che avremmo affrontato prima il concetto di felicità per poi approdare con sicurezza all’affermazione dell’inesistenza della stessa, e giungere quindi alla conclusione che un lessico più modesto avrebbe corrisposto all’idea pietosa di soddisfazione, serenità, pace interiore-
-Il termine “pietosa” mi incuriosisce, ma va bene, facciamo come dice lei. Cosa pensa che sia la felicità?-
Silenzio.
-Sto pensando-
Guardo fuori della finestra. Mi basta cogliere qualcosa, là fuori, e saprò subito dire cos’è la felicità.
-Vede, è Inverno, abbiamo dei bei cappotti caldi, magari non tanto nuovi, ma va bene ugualmente, avere un cappotto caldo si avvicina molto alla felicità-
-C’è altro?-
-Si, quei rami che sporgono dal platano in strada, verso la sua finestra, così levigati dal freddo, averli nel campo visivo, può essere la felicità-
-Ricordi di felicità?-
-Parecchi, niente di eclatante-
-Che intende per “eclatante”?-
-Non so, grandi amori fortunati, successi, soldi-
-I soldi non fanno la felicità-
Silenzio
-Davvero crede?- chiedo
-Ne sono sicuro-
-Bene, se lei ne è sicuro vuol dire che ha conosciuto i soldi e non ne ha ricavato nessun piacere-
-Piacere si, ma lei può confonderlo con la felicità?-
-Per carità, non sia mai detto, magari però è una esperienza che poteva risultare interessante-
Ride.
-Può parlarmi di questi suoi ricordi?-
-Certamente. Vede, io abitavo in una periferia molto affascinante, al confine con terre coltivate, capisce, a stretto contatto con la realtà originaria. Un mattino, d’inverno, dietro la linea dei pioppi si alza un vapore dalla terra e da quella nebbia vedo apparire una coppia di buoi bianchi e dietro il contadino che spinge l’aratro. Vivevo in città, ma sapevo cos’era un contadino, e la terra era nera, era nuova, il cielo bianco, ed io guardavo questo quadro dalla mia finestra, ed avevo poco più che cinque anni. Era la grandiosità di quello che vedevo che mi attaccava alla vita, poco a poco. La vita mi seduceva.-
-Bello, interessante-
-Lei lo trova interessante?-
Annuisce
-Io lo trovo drammatico-
-Perché? Non è un ricordo di felicità?-
-Si, non sono i fatti a renderci felici, è quel sorso di vita di cui abbiamo sempre sete. Sapere che potremo dissetarci ancora, che domani, alla stessa ora, il quadro sarà di identica bellezza, pure se mutato, appena fuori della finestra, oltre la linea di dieci alberi dormienti nel freddo della notte.-
Silenzio.
– Poi ci sono dei pomeriggi, d’estate, su un piccolo balcone-
Annuisce.
-Il piccolo balcone è inondato di sole, non c’è riparo, e io guardo mia madre, sulla sua sedia, con gli occhi chiusi, il volto rivolto alla luce. E’ perfetta, ma io non lo so, corrisponde solo ad un concetto, cioè “madre”. Le pettino i capelli, con le mie mani piccole e lei sorride. Ogni madre è una dea, almeno per qualche anno.-
– Tutti tendiamo a sopravalutare le nostre madri- e mentre lo dice si annuisce addosso, con il mento sul petto.
-Forse, l’ho avuta per poco, e verso la fine non ci andavo d’accordo- Mi pesano le palpebre, faccio fatica a tenere gli occhi aperti, cerco vigore nel cielo al di là del vetro pulito della finestra.
– Riferisce solo dell’infanzia, mi sembra, è tutta lì concentrata, la felicità?-
– E’ solo più immediata, più evidente, la vita si insinua come un serpente, ti lega –
-La vita?-
-C’erano poi delle mattine, come non ne ho più viste, il terreno sembrava ricoperto di neve, ma era solo brina, e crocchiava sotto le scarpe. Faceva freddo, il cielo era una distesa turchese, senza macchia. Non dubitavo di me, e della mia anima, e del mio stare al mondo. E non cercavo ancora un senso che apparentasse la realtà all’immaginazione.-
-L’immaginazione?-
-L’ha mai provata? A volte sembra più reale della realtà, a volte ci indovina-
-Può portare lontano dalla realtà-
-Solo se uno vuole sfuggirvi, per entrare nei segreti della materia ci vuole immaginazione, e pazienza-
Silenzio.
-E il vento. Non so se le è mai capitato di trovarsi solo in mezzo ad un campo, il mondo è lontano, neppure gli uccelli più cantano, si solleva il vento e ti circonda. Quella è la felicità-
– Quindi la felicità è essere in balia degli elementi-
Lo osservo.
-No. Essere un elemento tra i tanti.-
-E poi? Cosa è accaduto, non è bastato più?-
-Non è questo, è la storia che ti distrae, è il Tempo, che trascina lontano, che non aggiunge memoria ma la sottrae.-
-E l’amore? Non rende felici, l’amore? Sempre se mi posso permettere-
-No, l’amore non rende felici. E’ diverso, non credo che abbia niente a che fare con la felicità-
-E con cosa ha a che fare?-
-Con la fatica, la vera fatica. E le domande, non hai mai saputo veramente chi eri, e non saprai mai veramente chi sono gli altri.-
– Ma come, non è l’amore che fa in modo che ci si conosca profondamente?-
-Non credo sia mai possibile. C’è una solitudine, una imperturbabilità, una impermeabilità che ci consente di sopravvivere.-
-Quindi?-
– A causa di questa zona riservata, crediamo di essere infelici e lontani.-
-C’è altro sulla felicità?-
-Si, la scoperta. Sapere di più fa sentire di più-
-Ma essere di più non fa soffrire maggiormente?-
-Non lo so, so solo che non posso farne a meno-
-Qual è il senso della vita?-
– Forse la vita non ne ha in generale, c’è solo quello che noi sforziamo di attribuirgli. Ma che importa, ci ha sedotto, ricorda, ha iniziato con la particolarità e la ricchezza, ci ha storditi con degli effetti speciali, perfino se fossi cresciuto guardando finestre di altre case sarei stato affascinato dalle luci elettriche che riscaldavano i volti chini sul tavolo, bambini a fare i compiti, profili ed ombre dietro tende bianche. E’ l’amore totale, qualcosa di sconvolgente, come le dicevo. La vita non ha significato, è per se stessa, non conosce altro-
-Bene. Quindi anche questa nostra conversazione non ha un significato particolare, lei la dimenticherà-
-Non credo sia possibile, sono poche le cose che si possono dimenticare, e quelle che si dimenticano ci fluttuano ancora intorno per molti anni e poi ci abbandonano. Non potrò dimenticare. Io ho visto il suo volto, ho sentito la sua voce, quei segni sulla fronte, quella lieve inflessione dialettale, e la finestra,il suono confuso del traffico, giù nella strada. Perché cercare dei significati, è questo il significato, esserci stati.-
-Cosa intendeva, all’inizio della nostra conversazione, con il termine “pietoso”?-
-Parole che ci soccorrano, niente di rutilante, e di vuoto. Parole che hanno pietà. La pietà è la vera sostanza.-
Silenzio.
Mi stringe la mano mentre mi accompagna alla porta. Il pavimento di legno, il tappeto rosso. Non lo dimenticherò. Quel colore mi rende felice.