Se condannati, i due marò italiani, Latorre e Girone, accusati dell’omicidio di due pescatori in India potrebbero scontare la pena in Italia.
A darne notizia il Times of India, che scrive di un accordo tra Italia e India risalente ad un anno fa e ratificato da New Delhi solo lo scorso 16 novembre.
Un accordo che non sarebbe però applicabile in caso di condanna a morte.
La vicenda inizia il 15 febbraio 2012, quando la petroliera italiana Enrica Lexie viaggia al largo della costa del Kerala, India sud occidentale, in rotta verso l’Egitto. A bordo ci sono sei marò del Reggimento San Marco col compito di proteggere l’imbarcazione dagli assalti dei pirati. Nel corso di un presunto attacco pirata, due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, secondo l’accusa sparano contro la St. Antony, uccidendo due membri dell’equipaggio.
Interviene via radio la guardia costiera che chiede all’Enrica Lexie di attraccare al porto di Kochi, dove i due marò, fatti scendere dalla petroliera, vengono arrestati con l’accusa di omicidio.
Una storia della quale abbiamo più volte scritto e che presenta non pochi lati oscuri. A partire dallo strano silenzio dei mass media. In particolare quelli dell’Italia e della Francia.
Sullo sfondo della vicenda – scrivevamo alcuni giorni fa -, sembravano stagliarsi gli intrighi delle commesse militari. Una riguardante una fornitura di dodici elicotteri AgustaWestland (gruppo Finmeccanica) alla difesa indiana, l’altra quella 126 aerei da combattimento francesi Rafale Dassault Aviation, preferiti al Typhoon costruito dal consorzio Eurofighter formato dai gruppi di BAE Systems, EADS e Finmeccanica europea in Italia, per una fornitura il cui valore supererebbe di poco i 15 miliardi di euro (20 miliardi di dollari).
La fornitura dei dodici elicotteri AgustaWestland, come avevamo già scritto, era finita al centro dell’inchiesta della Procura di Napoli relativa a Finmeccanica e sarebbe stata favorita da tangenti pagate che hanno portato ieri all’arresto del presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi con l’accusa di corruzione internazionale protratta fino al dicembre 2012; ai domiciliari per l’amministratore di Agusta Westland, Bruno Spagnolini e all’arresto di due cittadini svizzeri, Guido Haschke e il suo socio Carlo Gerosa, intermediari nell’affare al centro dell’inchiesta.
Alla luce di quanto scrivemmo allora, riportammo l’ipotesi di un possibile “baratto” della libertà dei due marò con la consegna dei dodici elicotteri, palesando come il silenzio stampa potesse trovare spiegazione nel non voler interferire negli affari tra i due paesi.
A spiegare come il pagamento di tangenti fosse una “filosofia aziendale” e la stampa oggetto di compra/vendita, l’articolo del “la Repubblica” in merito all’arresto del presidente di Finmeccanica, che riporta testualmente: “Il presidente di Finmeccanica avrebbe messo inoltre in atto una “strategia volta a costruire una campagna di stampa a lui favorevole, compagna sembra anche prezzolata, a dimostrazione ancor di più delle sue logiche operative o, comunque, a silenziare le voci dissonanti”.
Resta da sperare, quantomeno per i due marò, che in Italia di “prezzolata” ci sia solo la stampa… In verità, a questo riguardo, qualche dubbio noi l’abbiamo…
Gian J. Morici