In attesa che l’Anas trovi delle soluzioni alternative per la viabilità locale, e che la Procura si pronunci su eventuali responsabilità, la vicenda del ponte Verdura deve spingere ad una riflessione profonda sulla sicurezza delle infrastrutture siciliane.
Appare evidente che se poco prima del crollo il traffico non fosse stato deviato dagli operai Anas, impegnati a riempire con del bitume le crepe formatesi sulla pavimentazione stradale dai movimenti del pilone, o che se l’asfalto avesse ceduto in ore notturne, adesso non parleremo solo di disagi per gli abitanti e gli automobilisti ma delle vittime di una potenziale strage.
Credo quindi sia indispensabile che la Regione Sicilia chieda immediatamente un tavolo di confronto con l’Azienda Nazionale Autonoma delle Strade per ottenere un monitoraggio delle infrastrutture gestite dalla società, che consenta di conoscere le eventuali situazioni di criticità. In particolare sarà poi utile conoscere quali investimenti sono stati fatti e quali, invece, attendono in cantiere.
Questo dovrà rappresentare un primo passo perché, a livello regionale e provinciale, si cominci a discutere della nostra dotazione infrastrutturale. Dopo l’individuazione di due grandi edifici realizzati in cemento depotenziato come l’ospedale “San Giovanni di Dio” e l’Ipia “Fermi”, ad esempio, diventa insopprimibile l’urgenza di una mappatura del territorio che consenta, con anticipo, di conoscere l’esistenza di problemi di staticità.
Prevenire i rischi per l’incolumità pubblica è il primo obbligo di ogni amministratore. Se ciò non verrà fatto non potremo dire di aver svolto con coscienza il nostro compito.