“Non c’è una sola impresa siciliana che investa, per promuovere i propri prodotti e puntare al profitto, la metà, della metà, della metà di quel che stanno investendo certi candidati. Posto che saranno pagati molto bene, ma che per rientrare di quei quattrini ci vorrebbero lustri, ribadisco quel che abbiamo già chiesto: intervenga la Guardia di Finanza e controlli la regolarità di quei conti. Posto – ha detto Davide Giacalone, di LeAli alla Sicilia – che un cittadino è perseguibile se paga in contanti poche decine di euro, sarà bene controllare con quale carta di credito, quale bonifico o quale assegno non trasferibile sono stati pagati quanti affiggono i manifesti fuori dagli spazi consentiti”. “Il nostro non è moralismo un tanto al chilo, la nostra è prevenzione: perché leggere sui giornali dell’anno prossimo la cronaca degli scandali che sono già oggi visibili a occhio nudo? Non ci si può indignare per i soldi di cui dispongono, a piacimento, i gruppi parlamentari, senza poi insospettirsi per le somme assai più consistenti spese per entrare a farvi parte. Un nesso c’è, forse”. “La cosa più grave è che tale sconcio illude gli uni che il mondo possa continuare ad andare avanti così, perché nulla cambia, e gli altri che basti cancellare tali devastazioni per risanare i conti della regione. Invece il mondo conosciuto s’inabisserà e la regione andrà in bancarotta. Solo che oggi si tace, si fa finta di non vedere che oramai è strozzata anche la spesa corrente. E non si reagisce a quel che ricordavo all’inizio: nessuna impresa spende quanto la politica, perché nessun mercato è ricco quanto quello politico. Purtroppo – ha concluso Giacalone – sembrano non reagire neanche le imprese, che trovarono più determinazione nell’opporsi alla mafia che nel combattere questo mercimonio della cosa pubblica. Un punto, questo, sul quale riflettere”.
1 thought on “La politica intimorisce più della mafia”
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E’ segno dei nostri tempi considerare la politica come un mercato. Ahimè, basta leggere qualsiasi giornale per rendersi conto che forse è vero. Controlli, verifiche, indagine giudiziarie, resoconti e bilanci pubblici, sono utili e necessari ma rappresentano solo la metà della soluzione possibile. L’altra parte, non meno importante, è quello che rende la democrazia “la più bella tra le belle”: il dovere di chiedere e il diritto di ottenere risposte. Viene così a mancare un tassello fondamentale alla convivenza civile, quello che potremmo definire come “tassazione con rappresentanza”. Chi rappresenta chi.
Esiste allora una evidente scollatura tra spesa pubblica e responsabilità politica se ad ogni tornata elettorale i comportamenti individuali e le risposte pubbliche si ripetono come in un moto perpetuo.
In questo immutabile giro di giostra, le campagne politiche si trasformano in una serie incontrollata di feste della vanità, musical con ballerine prossime alla pensione, sermoni di predicatori dai capelli cotonati , esperimenti per teorie vecchie, inutili e dannose.
Imprenditori in crisi, disoccupati e precari, famiglie in difficoltà e poveri hanno altro a cui pensare! Non pensano più alla Politica, costretti invece a guadagnarsi le simpatie del politico di turno, sperando in qualche gadget.
Ed è proprio in questo momento che la rete della convivenza civile svanisce: tutti contro tutti. Il vincitore uccide il perdente. La maggioranza deride e offende la minoranza. Il ricco compra a buon mercato il povero.
Ma la Politica siamo noi, sono io.
Cosa possiamo fare ? Dobbiamo sforzarci di non perdere la memoria nel silenzio dell’urna.
Buon lavoro Direttore!