Per chi ha voglia di partire dimenticando tutto, la stazione è un concentrato letale di storie al rallentatore.
Di me i banditori in un circo, direbbero “venghino signori, venghino, ammirate la bestia ma non avvicinatevi, vi colpirà con un graffio di realtà travestita da storia, vi mostrerà il suo cuore nero dove nascono fiori che strappa lui per primo, per donarveli, se accettate non teneteli in mano per troppo tempo, sono figli del suo animo, chiedono, pretendono attenzione..non avvicinatevi signori se per voi sognare è un pericolo..” Non esiste remissione per la mia malattia. Si nutre di libri che altri hanno scritto, ma anche di presunzione. Di riuscire a scrivere altrettanto. Di riuscire a comporre brani che qualcun altro ha sbranato. Ma la bestialità risiede non nel parlare di ciò che la gente vuole sentirsi dire. La bestia si annida nei “nonostante”. E così da quando giro in caccia e vengo evitato dal bon ton io cerco i vostri “nonostante”, quelli che si annidano tra le vostre vite felici di accumulare, senza dare mai. Quelli che si nascondono tra il vostro essere passati dal credere che la vostra felicità risiedeva un po’ in quella del prossimo, a dirvi sottovoce come un mantra che “i tempi cambiano”. Sono il procione che sfonda i vostri sacchetti di perbenismo annodati. E voi lo sapete. Perchè quando cercate di illuminarmi con le vostre torce vedete il mio ghigno.
Spio dalle vostre finestre, dove vi sentite al sicuro. Dove la vostra fragilità diventa storia da raccontare. Perchè piena di “nonostante”. Io vi guardo, nelle vostre poltrone di pelle, siete appena rientrati a casa, dopo avermi scavalcato mentre giacevo sotto il vostro marciapiede. Mi rifuggite come fate con la frase prigioniera della vostra coscienza, quella domanda ridondante come mosca contro vetro di finestra: “ma ti piaci così?”, voi che fingete di prendere posizione in quella che chiamate vita, politica. E l’unica posizione che sapete è quella per spostare il culo dalla fossa del vostro divano. Non parliamo del vostro amore con una autonomia allo zerbino di casa. Credete di amare vostra moglie, i figli, ma poi in fondo li possedete e basta. Possedere non è mai amare. Gli occhi aperti solo se qualcuno varca la porta del vostro giardino. Poi poco conta che qualcuno più in alto vi inculi l’esistenza con un sorriso.
È tutto un gioco a fregare e ci rimette l’ultimo. Ovunque. Lavoro, amici, amore. E io come un cane affamato in questo squallore trovo da scrivere. Siete i miei futuri personaggi, siete la parte in cancrena della mie storie a lieto fine. Magari il giorno dopo leggete quello che ho scritto e non vi ci riconoscete. O fate finta. Perchè è meglio evitare la coda di paglia. Siete la mia prossima storia quando sfiorate i sentimenti e scegliete la tranquillità di cuore. Quella linea di continuità che tanto somiglia a un elettroencefalogramma piatto. Io mi innamoro ogni giorno, ogni due ore vivo storie di passione, ogni volta che incontro una donna con lo sguardo velato da malinconia vorrei essere l’uomo che la consola, vorrei essere l’esecutore materiale di felicità di un bambino e del suo sorridere all’esistenza, ignorando i torti che gli farà. Vorrei essere quello che offre la birra giusta al momento giusto all’amico che sta per scegliere se amare un altro minuto della vita che lo fotte o ammazzarsi lì, seduta stante. Sono il presuntuoso aspirante meccanismo dell’ingranaggio di tutte le vite possibili.
E per voi cosa è amore? Prendere? La furba convinzione che dentro certi cuori alberghi un distributore automatico di affetto e di sensibilità. La voglia di provare a sentire l’intensità di certe anime che cercano amore, senza però pagarne dazio della loro pesantezza. Senza poi avere a che fare con vite involontariamente spinose. Certi animi, certi muscoli involontari sono come istrici. Possono ferire o ferirsi indistintamente. Non hanno bisogno di missionari che li salvino, che li prendano per pietà nel primo vicolo, ma di compagni di viaggio, cui rendere tutto quello che chiedono. senza sconti. Sarei curioso di sapere se riuscireste a mettervi a tavolino, a scrivere la storia di qualcuno che sentite vicino di cuore. Ma non le sue abitudini. Arrivare al suo scrigno. All’incoffessabile. Quella intima invadenza che scatena l’arcobaleno sulla faccia di chiunque si sente scoperto.
Rispondo io per voi. Non ne siete capaci. Perchè non siete capaci nemmeno di scrivere la vostra di storia. Non conoscete nemmeno le vostre di emozioni. Ma non per vergogna. Le emozioni sono scomode, fanno agitare sulle sedie. Le emozioni sono ragadi dell’anima, emorroidi dell’esistenza. Fastidi passabili che si classificano quasi come peccati di gioventù. E non vi piace. Non vi piace sedervi scomodi, stare malmessi nel mare placido della vita che vi imponete. Sfuggendo i porti pieni di vita e di mistero. In tutto quello che voi dimenticate per la fretta di fuggire da un battito di cuore clandestino arrivo io. Io prendo quello che pensate di aver buttato, distrutto, semplicemente archiviato. Non vi rubo nulla. Prima di usare le vostre esistenze ho sempre chiesto se per caso non vi servissero, almeno per qualche altro pezzo di vita.
E non sapete quello che mi avete lasciato. Vi devo personaggi, eroi, collusi, persone specchiate con vite interiori di merda, bravi padri di famiglia, killer di amori potenziali, moralisti con pruriti da scabbia. Innovatori più vecchi delle loro idee. Persone di fama , costruita su cialtronerie degne di giocolieri ubriachi. Donne che non sono mai state sfiorate da me, che dopo aver scritto di loro mi guardano sconvolte, convinte che la loro memoria le tradisca su qualche notte di confessioni e lussuria divise con me. Non capiscono che le loro storie viaggiano con le anime. Le anime vanno più veloci delle gambe più lunghe. Arrivano prima e con me ci parlano. Trovarvi nei posti in cui partite spesso diventa il mio gioco. Partire per molti è un momento di fragilità, il viaggio è transizione, anche se fatto per piccole destinazioni ha un cambiamento intimo. Lo spostamento rende fragili. Scuote certezze. In questa stazione saccheggio storie. Poi tornerò a casa, cercando di incrociare il vostro sguardo che mi sfuggirà. Eppure di voi a volte ho raccontato amori che vi hanno tracimato fuori dai confini. Non contaminati da quotidianità e centri commerciali. Ho inventato lieto fine tranciati un attimo prima della banalità. E vi siete rilassati, compiaciuti.
Mi avete guardato con più indulgenza, non vi siete sentiti assediati dal mio sorriso, circuiti da un cuore che funziona senza che sia colpa mia. Io ho una fortuna, dormo su panchine che nessuno mi offre. Non paga nessuno per le mie parole. Forse non pagherà mai nessuno. Per questo le mie storie viaggiano libere. E poi conosco i sentimenti. Perchè li ho trattati con il romanticismo da amante consumato. Dandogli la dignità che meritano, il tempo di farli star meglio. Poi li ho lasciati andare. Sperando tornassero. Sapendo che le ammaccature sono sempre più difficili da curare ogni anno che passa. Io ho una coperta e le stelle da guardare. In tempi in cui alzare lo sguardo lo si fa per finta misericordia, è tanto. Magari domani mi ripulisco. Non farà così schifo avvicinarsi, sarò più bello, almeno ci provo. Magari domani vi gira bene, mi incrocerete per strada. Non dovrò carpirvi pezzi di vita che buttate insieme alla carta oleata del cibo che mangiate di fretta.
Vi avvicinerete, metterete una mano sulla mia spalla bisognosa di calore. Mi direte “ehi miserabile, la vuoi una storia?” e mi farete la carità. Forse non sarà così. Perchè non mi sentite parte di voi. Io non vi appartengo. Allora state attenti. So andare a quattro zampe, so andare più veloce. La bestia è in caccia. Tenete a casa ciò che non volete si sappia della vostra anima. Il vostro grigio di cuore sigillatelo, blindatelo. Sto venendo a cercare qualcosa di vostro, che trapela anche solo da uno sguardo di traverso. Non siete al sicuro, se non volete definirvi fragili voltatevi dall’altra parte.
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Inquietante, stupenda nota. E…vera. Esistono anime (bestie?) che intuiscono e leggono le vite altrui.Ammirata!