Agrigento – Decanta Epicarmo lodi e virtù di quanti al popolo akragantino si misero alla testa. Spettatori – lontani dal teatro ma protagonisti di quello quotidiano – i personaggi di Antifane e Anassandride, umili e grigi, come solo i moderni akragantini sanno e possono esserlo.
Il teatro c’è. Il popolo delle ombre pure. Un gatto a caccia di topi, ignaro d’esser l’hipockrités, osserva muto dal logeion il théatron vuoto. Parco Icori con la sconvolgente bellezza dei suoi cumuli d’immondizia (provenienti da chissà dove), fa da naturale corollario a questo meraviglioso luogo di cultura immerso in un’atmosfera surreale, allietata dal canto di civette e barbagianni.
Nonostante tutto ciò, i detrattori, in questa città della quale qualcuno si chiede se possa essere definita ancora la più bella dei mortali, non mancano mai.
Che non sia la più bella, né la seconda e neppure la terza, cosa cambia? Purtroppo, il gruppo di Facebook, “Agrigento Punto e a Capo”, ha sempre qualcosa da criticare a chi con notevole sacrificio personale, e forse anche economico (dovendo rinunciare a brillanti carriere professionali), ha deciso di cambiare il volto di questa città.
Mascalzoni pronti a ricordare il numero delle volte che è stato inaugurato il Parco. Gentaglia che si chiede quale senso abbia spendere un sacco di quattrini (circa 130.000 euro) per recuperare il solo anfiteatro (privo di tutto, dall’impianto elettrico ai bagni, ad una qualsiasi struttura che possa renderlo funzionante), quando attorno è solo monnezza. E il fatto grave, ch’è difficile dar torto a questi scellerati.
Seppure quei soldi non sono usciti dalle casse del nostro comune, che di miseria ne ha da vendere, e seppure possono aver rappresentato una boccata d’ossigeno per quanti hanno lavorato al recupero dell’anfiteatro, come non chiedersi a cosa serva tutto questo? Come fare a non chiedersi se e quando sarà funzionante, e quanto altro denaro dovrà essere speso?
Neppure Epicarmo con le sue opere comiche, né l’onomastí komodéin, di cui Aristofane fu maestro, riuscirebbero a scuotere dal comatoso sonno chi non si accorge (o finge di non accorgersi) che Agrigento muore.
Parco Icori è la metafora della città, con la sua skené abbellita da colonne e frontoni di neri sacchi di spazzatura, mentre un gatto, ignaro di tutto ciò, continua a cacciar topi.
Gian J. Morici
ADORO Q’AMFITEATRO SUL MARE…
ogni commento è inutile, le foto parlano da sole