Così tu adesso vieni. Che è quasi sera e il sale si è asciugato sulla pelle, che sia quello del mare, dell’ultimo tuffo prima di tornare a casa che il sole sta calando e non c’è il tempo di lavarlo via né di asciugarsi, ti si asciuga addosso, e forma strani riccioli e percorsi bianchi sulla pelle (è forse sale quello tra i capelli?), o quello delle lacrime, ci sono sempre lacrime anche quando pensi che è da tanto che non piangi che non piangerai più.
Tu vieni adesso.
Adesso che non lo aspettavo, non me lo aspettavo, non ti aspettavo più, da tanto.
E vieni e con le mani grandi scrosti il sale, ce ne è tanto, che quasi a un certo punto te lo chiedi se sotto quel sale in questa pozza c’è rimasta dell’acqua, ce ne è ancora, c’è ancora vita.
Che se c’è ancora vita anche che ci sia amore ancora è possibile, anche così tardi, non è mai tardi, anche se la pelle è secca e spenta e i miei capelli bianchi, ed i tuoi pure, e se la gente parla, che parlerà, tu lasciala parlare, anche se è tardi.
Tu vieni adesso.
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Arrivi adesso. Adesso che dalla collina io stavo scendendo, senza sapere neanche bene quando ci fossi salito, né perché, se tutto quello che ho cercato l’ho perso, l’ho smarrito per la strada, mentre guardavo in cima, verso il sole e proprio sotto il sole mi è successo di sentirmi stanco di cercare e ho detto basta appena posso scendo non ne posso più.
Tu arrivi adesso.
Adesso che vorrei la forza per portarti in alto, anche più in alto della mia collina, ed ho la forza appena di accarezzarti, di stendermi al tuo fianco e di abbracciarti, che è così tardi, ma si vede che non è mai tardi finché c’è un sole da guardare, poco importa se non puoi raggiungerlo, si sta bene anche qui, magari è fresco, si sta addirittura meglio, se cadrà la neve, ne è caduta tanta, tante volte, la vita sotto resta è questo che si impara, anche se non ci credi, dopo l’inverno tutto rifiorisce ancora. E dove c’è ancora vita c’è amore, anche se è tardi, molto tardi, così tardi.
Adesso arrivi tu.
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Così ora te ne vai.
Ora che non te ne accorgi che s’è fatto tardi, che le luci sono basse per nasconderla la polvere che col tempo ci è caduta addosso mentre non eravamo pronti, attenti a toglierla, volta per volta, per evitare che si accumulasse, ci pesasse. Adesso che non è più tempo perché ci sia un altro ad aiutarmi, che tutte queste ragnatele mi ricoprono, mi avvolgono, che non lo ricordo più se fuori c’è un fuori e l’aria si respira, come si respira, non abbiamo respirato insieme forse, anche qui, qui tra la polvere di tutto questo tempo che non abbiamo avuto tempo per toglierla, per evitare che si accumulasse, ci pesasse?
Così adesso che è tardi te ne accorgi che c’è troppa polvere e non riesci a respirare e non provi a spostarla, neanche a buttarla tutta addosso a me, potrei accettarlo adesso, che è così tardi, potrei accettarlo, magari no, potrei provarci se tu ci provassi a spostarla, ma non ci provi e te ne vai.
Adesso te ne vai.
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Così te ne vai via.
Ora che è quasi sera e non bastano più le luci e il sole e i fiori e i colori a far tornare il giorno sulle mie mani stanche che è tanto tempo che hanno smesso di cercare così tanto che è tanto anche che tu hai smesso di trattenerle, lo sapevi che non era più tempo che le avresti perse che era tardi.
Ora che ho aggiunto l’acqua al sugo che si è stretto troppo e troppe volte, che ho imparato a farlo che un sugo troppo stretto poi è salato e brucia in bocca e mette sete, l’ho imparato tardi, ora mi dici che non è lo stesso e che una volta che si è stretto ed è salato che aggiungi l’acqua sempre un sugo stretto resta, annacquato. E te ne vai.
Ora te ne vai.
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Quando te nei sei andato ho chiuso tutte le finestre.
Lo sai che le finestre sono un’infinità di cose, non solo le aperture per la luce e l’aria, perché la casa viva e respiri, sono tante cose.
Anche le storie hanno bisogno di finestre ogni tanto. Di luce e aria.
Di panorami.
Che una finestra poi è più un quadro che un panorama, e come una fotografia non è che un pezzo di un ricordo che hai rubato alla memoria, perché è così, che mentre lo fotografi hai il permesso di dimenticarlo, sarà per questo che non ti ho fotografato, ma ci hanno fotografato insieme e questo è stato un male, credo, non avremmo dovuto farcelo fare, magari avremmo avuto ancora voglia di farlo, di fotografarci insieme e senza averlo fatto non avremmo mai potuto dimenticarci, come una fotografia non è che un pezzo di un ricordo così una finestra non è che un pezzo di una vita nel momento in cui per caso tu la apri e con lo sguardo per la prima volta guardi fuori per davvero. E la cornice è sempre troppo stretta.
Io le ho chiuse tutte.
Che aria luce panorama vita non c’era fuori niente più che avesse un senso perché io mi affacciassi a cercarlo, non era tardi, anzi, c’era tempo, tutto il tempo, ma io volevo solo che finisse che fosse così tardi subito che il tempo non avesse il tempo più di dirmelo guarda che è tardi, è troppo tardi.
Le ho chiuse tutte.
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Quando tu sei arrivata che era sera e le finestre erano chiuse e c’era vento e sotto le finestre avevo messo degli stracci a chiuderle tutte le fessure che aria e luce di un giorno nuovo non era tempo più che li aspettassi, tu le hai spalancate tutte senza aprirle. E c’era aria e luce e tempo. C’era tutto il tempo.