– non ho capito bene quello che mi hai detto-
-ho detto che i tuoi valori sono rientrati nella norma-
-Alex ma che cazzo dici? Due settimane fa ero spacciato-
-invece adesso no, non so che dirti, un miracolo, evidentemente l’operazione che ho fatto è andata a buon fine-
-e invece di dirmelo con contentezza hai quella faccia da funerale?-
-è che comunque dobbiamo stare con i piedi per terra, sono pur sempre il tuo medico, oncologo per la precisione, ma soprattutto tuo amico-
-che posso fare adesso, dopo questa notizia?-
-nulla, smettere di prendere tutte le medicine che prendevi, sentirai qualche dolore, soffrirai un po’, ma quello è normale è il decorso post-operatorio, ma alla fine non ti lasciare ingannare, il peggio è alle spalle-
Alessandro Fornili guarda l’amico aprire la porta del suo studio, sorride, ha il tempo di guardare la targa sulla porta mentre viene aperta. Una targa che gli altri guardano spesso, lui mai. È che sembra di guardarsi in uno specchio, leggi quello che sei in una targa davanti alla tua porta.
Lui legge “Dr. Fornili, Oncologo”.
Alessandro ha fatto una carriera fulminea e strana. Ottimo medico, ha capito che il settore della sanità pubblica gli avrebbe dato poche soddisfazioni. È stato tra i più giovani dottori a essere precettato da importantissimi istituti statunitensi, si è specializzato e ha operato accanto a professori di fama mondiale.
Ultimamente ha aggiunto un nuovo alloro al suo curriculum. È stato tra i primi medici a operare con un robot all’interno della sala operatoria, oltre a essere stato il più giovane dell’equipe. Il robot veniva comandato da una sala esterna, tramite impulsi.
Lanciatissimo e richiestissimo da grandi ospedali. Dalle più importanti cliniche svizzere fino ai centri medici in mano a sceicchi.
Gli amici lo chiamano Alex per due motivi. Somiglia in maniera impressionante a Del Piero, poi è molto bravo a giocare a calcio.
E lui non dimentica gli amici. Quando può torna in Italia, organizza una partita e sta con loro. Non è sposato. Non lo sarà mai, a meno che finalmente non decida di fermarsi.
Nonostante sia giovane, appena quarantenne, Alex non ha mai accettato posti fissi. Si muove tra un ospedale e l’altro, tra un centro e una clinica. Interviene e va via.
Dice di non essere fatto per la vita sedentaria.
Adesso Alex ha un problema. Il suo migliore amico si è ammalato.
Un cancro allo stomaco.
È appena agli inizi, quando lo ha chiamato Alex è quasi corso subito. Tra lo stupore generale dei suoi colleghi di una conferenza mondiale dell’OMS, stava facendo un intervento e invece è corso sul primo volo, adducendo oggettive ragioni impellenti.
Tanti anni fa, Alex guardava il mare e gli altri bambini con invidia, seduto su un pontile.
I suoi andavano al mare ad agosto tutti gli anni, ma lui non aveva mai voluto imparare ad andare in acqua alta. Il posto dove stavano era fatto di rocce. Niente spiaggia.
Per anni Alex non fece il bagno.
Quel giorno un ragazzino più grande gli si avvicinò, lo spinse in acqua, i genitori lo avevano perso di vista, non videro la scena. Il panico lo prese.
Mentre andava giù sentì qualcosa cadere accanto a lui. Un salvagente.
Un altro ragazzino, sembrava suo coetaneo glielo aveva lanciato. Aveva visto la scena e si era precipitato.
Ma non gli diede il salvagente da afferrare. Gli disse una frase.
-raggiungilo-
Alex si accorse che il panico non aiutava, chiuse la bocca e si protese con un braccio, poi l’altro, nel frattempo il ragazzino allontanava il salvagente.
E lui lo inseguiva.
Finchè non si accorse che inseguendo non aveva più paura.
Il ragazzino lo tirò su.
-io sono Giacomo-
-io Alessandro-
-la prima lezione è finita Alessandro, domani ti aspetto per la seconda-
Giacomo gli insegnò a nuotare, facendo guarire uno dei pochi punti deboli di un bambino che già si bastava da solo.
Scoprirono da adolescenti di venire dallo stesso posto, il primo giorno di liceo. Stessa classe. Alex quasi non ci credeva. Giacomo si sentì confortato. Quella scuola che tanto lo intimoriva l’avrebbe fatta con un alleato.
Gli amici sono come gli alberi. Se piantati vicini difficile che non crescano insieme.
La loro era una amicizia complementare. Uno difettava dove l’altro eccelleva. Dalle materie a scuola al corteggiare le ragazze, se giocavano a pallone non c’era chi tirava indietro la gamba, specie se l’altro aveva appena fatto lo stesso. Se uno dei due finiva in panca la domenica nelle partite con la squadra di seconda categoria, incitava l’altro e viceversa.
Giacomo si fermò, diventò un bravo caporeparto in una fabbrica, ma non riuscì a sposarsi mai nemmeno lui. Alessandro protese i suoi rami. Superò l’albero dell’amico. Ma non smise mai di essere piantato nel posto dove era nato. Fosse anche tornarci una volta l’anno.
Diventò un dottore. Ma mai un primario.
E nessuno capiva il perchè.
Alex, guarda il suo giaccone pesante, di marca. Natale si avvicina, e con lui tutte le sue malinconie. Alex sente particolarmente il natale. E rimpiange di non avere nessuno dei genitori accanto.
Però il freddo e la neve, i vecchi amici e tutto il resto mitigavano quella ferita in cancrena.
Perchè voler assaporare vecchie scene di famiglia ormai virate a seppia, è un cancro.
Come quello allo stomaco di Giacomo. Il suo migliore amico, tritura e massacra ripeterlo
Se pensa al natale peggiore gli viene da ridere. Fu quando si rese conto dell’assurdità di essere a Dubai, da uno sceicco con un carcinoma alla prostata.
Non è concepibile un natale al caldo per uno come lui. Sotto il sole, con una abbronzatura.
Andare a dormire, solo questa era la ricetta per scacciare via giorni che non voleva gli appartenessero. Così fece a Dubai, pur di non vedere la vigilia di natale più calda che ricordasse.
Così sta per fare. Anche adesso che il suo migliore amico sembra guarito. O sulla via della guarigione.
Il giorno dopo Alex riceve una telefonata, ci sono squilli che preannunciano felicità.
-Alex non immaginerai mai, una notizia buona dietro l’altra-
-davvero? Cosa ti è successo?-
-ho conosciuto una ragazza, bella, solare, incontrata per caso in un bar, appena sceso dal tuo studio, abbiamo parlato tanto, ho scoperto di avere molto in comune con lei, stasera usciamo a cena, Alex, non mi succedeva da tempo di essere così felice-
-bene come vedi le cose vanno per il meglio, i brutti momenti sono alle spalle Giacomo-
-si grazie a te, alle tue terapie e all’essermi stato vicino, chissà quanto tempo e soldi ti avrò fatto perdere, per stare tutto il tempo qui con me-
-non preoccuparti, credimi nessun problema, lo sai che se hai qualcosa che non va io non mi muovo-
-si ma Alex, adesso va tutto bene, puoi partire-
-si posso partire-
Alex posa il telefono, poi compone un numero dal fisso.
-tutto come previsto, ci vediamo per definire i particolari, tenetemi informato-
Chiude, poi fa un altro numero
-ho deciso di accettare l’incarico, vi chiedo solo un periodo per mettere a punto alcune faccende personali, per il biglietto di destinazione rispondo a mie spese, ci vediamo presto-
Alex avverte la stessa sensazione che gli viene sempre in questi casi. Ma ormai la riconosce come variante del mestiere.
Perchè Alex non è un dottore come tutti gli altri.
Lui lavora per una compagnia medica importante. Fino ad ora non si era mai creato il problema. Perchè un problema medico e diciamo anche morale c’è.
Ci sono persone che pagano delle polizze altissime. Per cosa? Per una buona morte o per cure meritevoli.
I ricchi non amano che ci sia qualcosa di tremendamente comunista, la morte. Per lei sono tutti uguali. Redditi alti o no, falcia.
Alex non fa nulla di schifoso. Non lavora per gente che fa traffici di organi, che paga cifre altissime perchè un bimbo afghano venga sezionato e gli si espianti tutto per trapiantarlo al figlio di un occidentale abbiente.
Non lo farebbe mai.
Ma i ricchi hanno un difetto. Sono bambini paurosi, perchè come bambini paurosi pensano di essere il centro dell’universo. E come bambini paurosi non accettano quello che la vita riserva senza protezioni.
Pagano, tanto, per l’organizzazione in cui Alex lavora.
Alex è deputato a curarli, ma non solo. Fa operazioni impossibili, cose che nessun dottore farebbe, ha a disposizione mezzi e strutture che non esisterebbero in nessun ospedale pubblico.
È il suo secondo lavoro, quello che lo fa guadagnare sul serio. Che lo fa essere senza pensieri.
Ha salvato magnati della finanza, petrolieri, uomini d’affari, spericolati imprenditori che investono ovunque.
Giacomo domani uscirà con una donna, in tempi imprevedibilmente rapidi se ne innamorerà, sarà felice. E poi sa di essere guarito.
Perchè Alex lavora per una organizzazione che fa pagare prezzi altissimi per la sua discrezione.
Già perchè se a qualche persona con tanti soldi viene diagnosticato un male difficilissimo da curare, si rivolge silenziosamente a gente come Alex.
Gli viene fatto firmare un modulo.
Un modulo in cui accetta di essere sottoposto a cure costosissime con la certezza di essere in mano a medici le cui operazioni sono opere d’arte.
Raramente viene contemplato il fallimento.
O la incurabilità. Quella per cui il dottore apre e richiude senza nemmeno intervenire.
Se è irreversibile fin dall’inizio, l’organizzazione non accetta nemmeno il paziente.
Ma se è curabile, se si può almeno provarci viene preso in carico. Ma costa tanto, tantissimo, costa molto più di ogni normale cura medica.
Perchè se fallisce ogni operazione o tentativo di salvataggio, il paziente non viene mai avvertito.
A quel punto l’organizzazione non comunica nulla. L’esito non viene detto.
Fa parte del contratto firmato. Del modulo di consenso.
Giacomo aveva un cancro allo stomaco. Giacomo ha un cancro allo stomaco. In fase avanzata. Non c’è più nulla da fare.
Tra qualche giorno spirerà tra le braccia di una bellissima ragazza di cui è innamorato. Andrà via felice. Si addormenterà convinto che domani è un giorno bellissimo per organizzare un bel viaggio.
Perchè l’organizzazione fa pagare anche questo. Organizzare tutto come se nulla succeda. La persona continua a fare la sua normale vita. È guarito. Andrà via più sereno quando sarà il momento ma deve apparire tutto naturale. Sarà l’organizzazione a fare in modo che non soffra, che se ne vada senza rendersene conto.
Naturalmente a dirgli comunque che è guarito toccherà allo stesso medico che l’ha operato. E farà come non fosse successo nulla.
Alex si è trovato raramente a recitare questa parte.
Quando ha saputo dell’amico però ha fatto una eccezione.
Lo ha fatto entrare nel programma, gli ha fatto firmare tutto. Senza dirgli cosa poteva succedere in caso di fallimento. Non viene detto mai a nessuno.
Ha dovuto pagare anche lui. Non si fanno sconti a nessuno. E siccome la persona non godeva di ampie garanzie reddituali Alex si è rovinato.
Ma non avrebbe saputo fare altrimenti. Non è facile organizzare una operazione all’avanguardia senza chiedere le strutture giuste. Non si fanno favori a certi livelli.
Gli viene da ridere pensando che ha dovuto comunicare all’organizzazione che avrebbe pagato una operazione fatta da lui stesso.
Perchè ha provato a salvare il suo amico, prima di consegnarlo a loro, non c’era nulla da fare. Facendo uno strappo alla regola gli è stato comunicato in che modo avrebbero proceduto. Toccandolo proprio sul vivo. Non si è mai innamorato davvero.
Alex mette il suo giaccone di marca e scende le scale. Tra qualche giorno il telefono squillerà.
La prima telefonata che ha fatto delle due era per chiedere di essere avvertito quando tutto sarà finito per Giacomo.
Resta da chiedersi cosa farà un medico rovinato economicamente subito dopo.
La prima risposta è non lavorerà più per l’organizzazione. Questo è il suo ultimo incarico.
Nel mistero della seconda telefonata si nasconde il suo futuro.
C’è un uomo che ha fondato una organizzazione non governativa. Contrariamente a tante altre entra nelle zone di guerra senza alcuna garanzia. Costruisce ospedali, cura bambini e donne, saltati su mine antiuomo. Squartati gratuitamente dalle follie altrui.
Lo sguardo di quell’uomo, la sua determinazione, la sua stupenda arroganza nel fottersene della deontologia diplomatica ad Alex sono sempre segretamente piaciuti.
Nonostante Alex abbia sempre mantenuto un comportamento inappuntabile, sorriso dinanzi ai potenti, inchinato la sua testa di fronte a ogni potere economico. Nonostante chi avesse salvato non gli abbia nemmeno detto grazie. Il prezzo che pagavano per la loro anima ancora in giro sulla terra bastava e avanzava.
Il problema sarà dell’organizzazione. Che perde un medico con il novantasei per cento di operazioni andate in porto.
Alex ha detto sì alla organizzazione governativa, lo aspetta una vita durissima e per nulla facile, una città dell’Africa, un nuovo ospedale da dirigere.
Alex sorride, pensa a una canzone che ha l’iniziale del suo amico Giacomo “Lettera a G”. In fondo tutto questo sa di redenzione, fatta quando non è troppo tardi per pentirsi di non essere stati a testa alta sul mondo.
Dedicato a tutti coloro che porto nel cuore e troppo presto ho trovato innaturale seppellire e dedicato a Emergency e a Gino Strada ovvero l’uomo la cui “determinazione, la sua stupenda arroganza nel fottersene della deontologia diplomatica ad Alex sono sempre segretamente piaciuti”
Se ti scrivo solo adesso un motivo ci sarà non è mica san Lorenzo
non ci sono stelle matte su ‘sta piccola città
non ci sono desideri da non dire come tempo fa
il destino ha la sua puntualità hai lottato come un uomo con la brutta compagnia
che non eri mica stanco che nessuno mai è pronto quando c’è da andare via
hai pregato bestemmiando per la rabbia per tutta l’agonia per le scelte che stava facendo dio
non ci sono più i petardi e nemmeno il diario vitt
le bambine occhiate in chiesa sono tutte quante spose sono tutte via da qui
non si affaccia più tua madre alla finestra a urlare “tòt a cà” non c’è neanche più la tua curiosità
dove sono le ragazze che sceglievano fra noi e dov’è la nave scuola che hai confuso con l’amore
e forse lo era più che mai non c’è più la pallavolo e i tuoi attrezzi non c’è più l’hi-fi
non ci sono più tutti quanti i tuoi guai quando hai solo diciott’anni quante cose che non sai
quando hai solo diciott’anni forse invece sai già tutto non dovresti crescer mai
se ti scrivo solo adesso è che sono io così è che arrivo spesso tardi
quando sono già ricordi che hanno preso casa qui non è vero ciò che ho detto: qua c’è tutto a dire che ci sei
fai buon viaggio e poi poi riposa se puoi