20 Aprile 2024
Home Girgenti Acque chiude i rubinetti. Crisi di liquidità

3 thoughts on “Girgenti Acque chiude i rubinetti. Crisi di liquidità

  1. C’è un mio amico che dice che non leggeva nemmeno gli articoli pubblicati sul suo sito e di cui era responsabile

  2. Gentile Lettore,
    si tratta di una domanda alla quale voglio rispondere con quanto previsto dalla “Carta dei doveri del giornalista” (sottoscritta dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana l’8 luglio 1993), tra i cui principi indica La responsabilità del giornalista verso i cittadini prevale sempre nei confronti di qualsiasi altra. Il giornalista non può mai subordinarla ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell’editore, del governo o di altri organismi dello Stato”.
    Ovvio dunque, che se un editore accetta una pubblicità, non può imporre ad un giornalista o ad un redattore, di seguire una linea editoriale favorevole all’azienda o l’ente che ha sottoscritto un contratto pubblicitario.
    Il Direttore de quo, che è un giornalista e come tale ha l’obbligo di rispettare il codice deontologico della categoria, scrive testualmente “ad Agrigento il settore dell’informazione in alcuni casi è controllato dal vento, dalla munnizza e dall’acqua. Uno dei nostri principali sponsor era proprio l’acqua e ce l’hanno tolta […] Noi siamo rimasti all’asciutto e abbiamo molta sete […] Prima – riferendosi ai presunti nemici della testata – avevano un punto di riferimento con il quale poter dialogare”.
    Parole che ritengo si commentino da sole, specie se si considerano i doveri del giornalista:
    “Il giornalista rifiuta pagamenti, rimborsi spese, elargizioni, vacanze gratuite, trasferte, inviti a viaggi, regali, facilitazioni o prebende, da privati o da enti pubblici, che possano condizionare il suo lavoro e l’attività redazionale o ledere la sua credibilità e dignità professionale.
    Il giornalista non assume incarichi e responsabilità in contrasto con l’esercizio autonomo della professione, né può prestare il nome, la voce, l’immagine per iniziative pubblicitarie incompatibili con la tutela dell’autonomia professionale.
    Sono consentite invece, a titolo gratuito, analoghe prestazioni per iniziative pubblicitarie volte a fini sociali, umanitari, culturali, religiosi, artistici, sindacali o comunque prive di carattere speculativo.”
    Proviamo adesso ad immaginare cosa accadrebbe se grandi imprese, partiti politici etc, dovessero intrattenere rapporti economici con giornalisti o, peggio ancora, con direttori di testata.
    Appare fin troppo evidente come l’informazione dipenderebbe dagli interessi di costoro, in danno dei cittadini, che hanno il diritto ad essere informati.
    A tal proposito, ritengo utile quanto scritto dal giornalista Giacomo Carioti nel 2007, in un suo memorabile articolo dal titolo “Corruzione a mezzo onlus. E quella a mezzo stampa?

    Il fallimento di tangentopoli: dall’artigianato corruttivo alla pianificazione mediale

    Sulla stampa campeggia la nuova inchiesta sulle tangenti alla Regione Lazio.

    Il dato più interessante che emerge da questo “deja vu” è quello sulle nuove forme di “erogazione”: finanziamenti di onlus, associazioni, eccetera.

    Nuove forme di erogazione tangentizia, appunto: a prima vista addirittura esenti da qualsiasi forma di censura o sanzione, in quanto formalmente legali, anche se tutti ne percepiscono la natura criminosa o la destinazione mascherata.

    E’ bene convincersi che la plateale burrasca di tangentopoli ha generato e raffinato queste nuove forme di corruzione, facendo dilagare il fenomeno oltre ogni limite, a livelli prima inimmaginabili, determinando la capacità di agire su terreni assolutamente protetti e inattaccabili dalla legge, salvo i casi più beceri e maldestri (sempre appannaggio dei gregari e degli avventizi della finanza e della politica).

    Tuttavia, non si è ancora allungato l’occhio sullo scenario più ghiotto, da questo punto di vista, quello che permette di nascondere i finanziamenti “altrimenti finalizzati” (fosse anche per garantirsi la benevolenza delle testate, molto più importante, per certe grandi aziende e per certi grandi manager, di un misero ed immediato vantaggio economico): quello delle erogazioni a favore della stampa, sotto forma di presenze pubblicitarie, distribuite in base a strategie che poco hanno a che fare con la pianificazione.

    Se scoppiasse un bubbone del genere, la riforma dell’editoria (ed anche quella del finanziamento dei partiti) avverrebbe in quattro e quattr’otto ad opera dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.

    Ma quale grande giornale, o grande giornalista, avrà la forza, e la capacità d’inchiesta, per sollevare il coperchio di una pentola così bollente, anche per la categoria?

    Giacomo Carioti

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