“Transition Town”, ovvero: “Modelli di nuova economia basata sulla sostenibilità del vivere le città”, concretamente realizzabili attraverso: la diminuzione dei consumi improduttivi del territorio, dell’acqua, dell’energia; l’azzeramento di sprechi e consumi dissennati; il miglioramento delle condizioni socio-economiche e culturali che incidono sulla qualità della vita; la diminuzione del carico sulla mobilità urbana, mediante una distribuzione delle merci che azzeri i km di percorsi inutili e dannosi; il ritorno all’economia locale, traendo effetti benefici dalla globalizzazione, utilizzando gli strumenti di comunicazione a disposizione e lo scambio in tempo reale d’informazioni, esperienze e buone pratiche, immediatamente fruibili e disseminabili, senza perdite di tempo, sprechi e consumi aggiuntivi per raggiungerle.
A seguire, alle ore 17.00, sarà proiettato un filmato (durata 20 min circa) riguardante i principi e le finalità dell’iniziativa denominata “Patto dei Sindaci” (promossa dalla Commissione Europea nel 2008 e coordinata a livello nazionale dal Ministero dell’Ambiente). L’iniziativa “Patto dei Sindaci” affronta con particolare attenzione il Tema: “Strumenti economico-finanziari a disposizione degli Enti Locali che intendono percorrere la strada dell’eco-sostenibilità”.
Sono una ventina in Italia gli esperimenti di “towns transition“: comunità che riprogettano il modo di vivere secondo criteri ambientalisti e di risparmio energetico. Cristiano Bottone, tra i fondatori del movimento, racconta l’esperienza di Monteveglio
“La dipendenza dal petrolio è qualcosa da risolvere. Punto. Si tratta di un problema pratico, non c’è niente di ideologico”.
Cristiano Bottone è tra i fondatori di Transition Italia, associazione nata sulla scia del movimento irlandese delle Transition Towns, creato dall’ambientalista Rob Hopkins per preparare le comunità ad affrontare le sfide del riscaldamento globale e del picco del petrolio
Le parole di Bottone suonano quanto mai attuali alla luce della crisi che investe in queste ore il Nord Africa con il prezzo degli idrocarburi alle stelle. Lo erano meno quando, a metà del 2008, nel borgo dell’appennino bolognese di Monteveglio, poco prima che scoppiasse la crisi dei mercati finanziari, ha cominciato con altri “pionieri” a parlare di “città di transizione”.
Ma che cos’è una “città di transizione”?
“Si tratta – spiega a Sky.it – di un luogo fisico che può essere una città, ma anche un quartiere, una valle, un condominio, in cui un gruppo di persone che condividono questo spazio decidono di riprogettare il modo di vivere insieme. La prima parte del lavoro consiste nel far capire alla comunità come funziona il mondo, fornendo dei dati scientifici per la comprensione. Superata questa fase, si decide come riprogettarlo, ma non esistono diktat o obiettivi prefissati: ognuno agisce secondo la propria sensibilità, divertendosi”. “Molti movimenti ambientalisti – continua – si sono basati sul senso di colpa per un grave problema e sugli obblighi da adempiere per cercare di rimediarvi: la transizione invece si basa sull’entusiasmo e sulla felicità del fare, ognuno secondo le proprie inclinazioni”.
Un “fare” che riguarda gli aspetti più disparati della vita quotidiana e che a Monteveglio, racconta Bottone, grazie anche al fatto che, alle elezioni comunali, sono state elette persone vicine al movimento, è cominciato dal riprogettare gli edifici pubblici secondo criteri di efficienza energetica. In linea col progetto “Ogni tetto un pannello”, si è decisa, ad esempio, la copertura con impianti fotovoltaici di tutti i tetti di proprietà del Comune come la scuola, ma anche il centro sociale, la casa della salute, o l’impianto sportivo.
Poi sono partite tante altre esperienze, come i gruppi di acquisto solidale dei pannelli fotovoltaici, e un grande lavoro sul fronte dell’agricoltura con percorsi formativi ai coltivatori sull’agricoltura sinergica o la permacultura (tecniche di coltivazione che cercano di rimediare allo sfruttamento del suolo) e la realizzazione di orti nelle scuole o nelle case.
Tra le attività del Comune di Monteveglio, anche il corso per una alimentazione sostenibile: che ha tra le sue regole quello di privilegiare i prodotti biologici a chilometri zero, un consumo moderato di carne, la cucina casalinga rispetto ai prodotti già pronti e naturalmente il consumo dell’acqua del rubinetto.
A livello nazionale, sono una ventina gli esperimenti di transizione coordinati da Transition Italia, che fornisce loro formazione e supporto, oltre a occuparsi di curare i rapporti col network internazionale.” Rispetto al nostro Paese in Inghilterra il governo centrale dialoga con il movimento, è costretto a farlo – racconta Bottone – da noi, per quello che abbiamo potuto vedere finora, le amministrazioni locali possono essere molto disponibili al dialogo: è successo a Monteveglio, giunta guidata dalla sinistra, come a Carimate (Como), dove l’amministrazione è di centro destra”.
Il movimento sembra nutrire grande fiducia nella capacità delle persone di cambiare radicalmente il loro stile di vita, ma, secondo Bottone, non corre per questo il rischio di essere velleitario o utopico: “Non c’è un movimento più realista del nostro – afferma con decisione – ogni cosa che diciamo è sostenuta da tonnellate di ricerche. Noi diamo alle persone gli strumenti, poi è la loro testa che cambia: avviene una vera transizione interiore. Non diciamo a nessuno cosa fare, ma quando uno capisce certe cose, agisce di conseguenza. Certo può anche essere che dopo che spieghiamo il problema della dipendenza dal petrolio e dell’esaurimento delle risorse uno dica: ‘tanto vale che vada a divertirmi col mio Suv, con l’ultimo pieno’, ma è più difficile…”.
Per ora l’unica realtà italiana riconosciuta dalla rete internazionale è Monteveglio, ma gruppi guida sono nati a Granarolo, L’Aquila, Lucca e, ultimo in ordine di fondazione, Carimate in provincia di Bolzano. Altri si stanno organizzando in decine di comuni italiani tra cui Ferrara, Firenze, Mantova, Perugia, Reggio Emilia, Bologna, Bari e anche Palermo, Torino e Roma perché la “Transition town” non è una filosofia adatta solo a piccoli centri. Un esempio? Il quartiere di Brixton a Londra e l’intera città di Bristol.
Perché cambiare? Una indagine portata avanti dall’Espresso nel maggio del 2007 descrive uno scenario e’ abbastanza triste: in Italia c’e’ un aumento vertiginoso di tumori.
Si parla di livelli da epidemia. Questa indagine spicca per precisione, per numeri e perche’ si fanno nomi e cognomi, o meglio, sigle. Dall’inchiesta viene fuori che dagli anni ottanta ad oggi, i tumori in Italia sono aumentati.
Del 20% per linfomi e leucemie
del 27% per il seno
del 10% per il cervello
del 15% circa per il fegato.
L’articolo parla di vari fattori che portano alla comparsa di tumori – il fumo, la genetica, la vita sedentaria. Per alcune di queste cose non ci possiamo fare quasi niente – come appunto i geni. Per altre cause sono le persone che decidono di ammazzarsi da sole, con il fumo e decidendo di non far attivita’ fisica. La Philip Morris per anni ha sperimentato sui topi per capire come rendere le sigarette le piu’ assuefanti possibili. Perche’ uno vorrebbe consegnare la propria salute (oltre che i propri quattrini) ai commercianti di sigarette? Volere e’ potere per chi pensa che e’ impossibile smettere.
Ma poi c’e’ la regina delle cause: l’avvelenamento delle nostre acque, dei nostri mari, della nostra aria a causa di inquinanti di vario tipo. Riferisce l’Espresso:
Così, se il rapporto tra fumo di sigaretta e tumori del polmone e dell’uretra è un fatto indiscutibile, così come quello tra fumo passivo e cancro del seno, è anche vero che se si cercano le ragioni dell’EMERGENZA fotografata in queste pagine, l’attenzione si punta tutta sui VELENI che ci circondano.
Aree siderurgiche e chimiche, porti e raffinerie: qui si concentrano gli eccessi di mortalità per malattie respiratorie, per tumori alla laringe e ai polmoni, al fegato, alla vescica, leucemia e linfomi. Lo raccontano gli studi sempre più numerosi sulle acciaierie di Genova, Piombino e Taranto, sui petrolchimici siciliani di Gela, Priolo e Augusta, così come sulle raffinerie di Sarroch, Porto Torres e Portoscuso in Sardegna.
Perche’ in Italia la percentuale di bambini che si ammalano di tumore e’ del doppio che nel resto d’Europa e degli USA?
In Germania, i tumori dal 1990 sono iniziati a calare, come riporta the German Cancer Research Center, idem nel Regno Unito dove per esempio il tumore al seno e’ calato del 7% dal 1986 ad oggi secondo The Independent, e negli USA dove i tumori sono calati del 20% negli scorsi 20 anni
in Inghilterra i tumori al seno calano, in Italia un gruppo di ricercatori di Siena assieme a loro colleghi della Pennsylvania, stimano che le cifre che fornisce il governo italiano sono sottostimate del 70%!
Cioe’ i tumori aumentano, ma il nostro governo per ogni 100 casi, ne riporta solo 30. Malafede, onesto errore?
Milazzo lì 21 Luglio 2012
Il Vc. Presidente T.A.T.
Arch. Salvatore Crisafulli