Che ci sia in atto una rivoluzione di carattere globale, è un dato oramai innegabile. A darne conferma, caso mai ce ne fosse stato bisogno, il Presidente del Parlamento Martin Schulz, che riferendosi alla crisi economica della Spagna, ha avvertito che potrebbe innescare una “esplosione sociale” in tutto il continente. “Le manifestazioni in Spagna, dimostrano che l’esplosione sociale si profila per l’alto tasso di disoccupazione tra i giovani in Europa “, ha dichiarato Schulz al quotidiano tedesco Bild. Non è più il clima politico dei singoli paesi a cambiare, ma il clima politico globale.
Governi impreparati ai cambiamenti, continuano ad agire alla stessa maniera con la quale fronteggiarono le conflittualità sociali che portarono i giovani nelle piazze a manifestare contro l’autoritarismo e l’imperialismo di alcuni paesi. Prova ne siano, le misure repressive attuate dai governi di Libia, Siria, Egitto, Marocco, Tunisia, Yemen, che hanno finito con il trasformare pacifiche proteste, in vere e proprie rivolte che hanno causato migliaia di morti.
Pur di non vedere messi in discussione i propri privilegi, gli appartenenti alla Casta strozzano i popoli gravandoli di tasse, riducendo i servizi, ricorrendo a licenziamenti e tagli delle pensioni. E se un popolo si ribella, ecco pronta la risposta con il pugno di ferro per sottometterlo. È accaduto nei paesi dove la rivolta c’è già stata, si prospetta nella pacifica e comatosa Europa.
Sono 600 mila le persone che in Spagna hanno partecipato alla marcia attraverso la capitale. Una protesta nazionale dichiarata poche ore dopo che il Parlamento ha approvato le misure volute dal primo ministro Mariano Rajoy, che comprendono l’eliminazione dei bonus di Natale per i dipendenti pubblici, l’aumento dell’imp
osta sul valore aggiunto e la riduzione delle indennità di disoccupazione.
15 persone arrestate a Madrid, 16 i feriti. Lo Stato ha reagito approvando una mozione per introdurre nel Codice penale il reato specifico di ‘violenza urbana‘ e per regolare il diritto alla riunione. Stesse misure, stesse reazioni dei governi dei paesi che sono stati protagonisti della cosiddetta “primavera araba”.
Ad oggi, l’unica differenza tra il vecchio continente e i paesi arabi, sta nello scarso utilizzo che gli europei fanno di quello che in tutto il resto del mondo è diventato il primo strumento di ribellione globale: il web! Uno strumento, come avevamo già scritto in passato, che permette di sfuggire a copioni preordinati, fatti di suoni, immagini, parole, abilmente orchestrate da cabine di regia, che volutamente censurano, esaltano o comunque alterano gli avvenimenti.
Scene già viste in questi ultimi due anni, alle quali stiamo ancora assistendo in Siria. Eppure, ancor prima che scoppiasse la rivolta, nel web rimbalzavano i messaggi di chi, da fuori dei confini siriani, organizzava le manifestazioni di protesta dinanzi le ambasciate di tutto il mondo, per un appuntamento globale, che ha finito con il produrre una guerra civile. È così difficile comprendere che popoli messi alle strette prima o poi – a prescindere dall’influenza e dagli interessi di altre nazioni – finiscono con il reagire? O la difesa di sistemi politici marci, fondati su corruzione e repressione di ogni forma di opposizione, valgono bene quegli autentici bagni di sangue che inizialmente vengono sapientemente ignorati dalla comunicazione di massa e dai governi che hanno interesse a mantenere integri apparati che garantiscono gli interessi di pochi paesi capitalisti?
Del nostro viaggio alla scoperta del mondo degli insoddisfatti, dei ribelli, avevamo già scritto quando entrammo in contatto con chi sul territorio combatteva la sua rivolta. Racconti di sangue, violenze, terrore. Immagini crude che non lasciavano spazio ad alcuna fantasia. Vogliamo riproporvi quanto scritto nel maggio del 2011, dopo che già da mesi ci dedicavamo alle rivolte che scuotevano il mondo arabo:
“Dopo i primi messaggi, ti rendi conto che il contatto è quello giusto. Le notizie che ti arrivano e che non hai pubblicato, a distanza di ore, vengono confermate dalle agenzie di stampa. È così, che ti ritrovi ad anticipare il bombardamento di Tripoli da parte dei francesi, mentre è ancora in corso il summit; dichiari la presenza di reparti speciali sul suolo libico, fin dal primo giorno d’inizio dell’operazione militare; precisi poi che si trattava dei S.A.S. inglesi che operavano sul terreno (26h prima che ne parlino tutti i mass media); riporti i bollettini di guerra minuto per minuto; anticipi la rivolta in Siria etc. Tutte notizie che in seguito, a distanza di ore, di giorni, di settimane, vengono puntualmente confermate dalle fonti ufficiali.
Scopri così, che dietro il tuo piccolo monitor, esiste un mondo che non immaginavi neppure. La nuova resistenza, parte proprio da lì:
“Ciao a tutti – inizia il messaggio in inglese -, ho una domanda da fare. Come tutti probabilmente sanno, anche in Siria la gente vuole libertà e spera nella caduta del regime di Assad. La mia domanda è: sareste in grado di sostenerci in anticipo? Quello che voglio dire è questo: la gente sta organizzando una manifestazione per una data speciale. Possiamo esser certi che Assad taglierebbe immediatamente ogni accesso alla rete…. vedete – con le vostre possibilità, competenze e risorse – avete possibilità di evitare che ciò avvenga? A mio parere il leader siriano è molto più pericoloso per la gente del posto di qualsiasi altro dittatore. Quest’uomo non è un pazzo e non cederà mai il suo potere. Ci sarebbe una possibilità per esempio di tagliare la catena di comando tecnico del regime di Assad poco prima / dopo che iniziano le manifestazioni? E se c’è una possibilità … vi sentite di fare questo per aiutare le persone in Siria? Oppure avete altre idee tecniche per sostenerli?”.
Il messaggio è chiaro e la risposta non tarda ad arrivare:
“RE: Operazione Siria? Perché no. Ecco alcuni passi sulle modalità di preparazione…(seguono le indicazioni di quella che vengono definiti come “strumenti per la rivoluzione”). Normalmente, supportiamo i movimenti in corso da parte del popolo. In Siria è pericoloso e penso che sarà necessaria una maggiore preparazione. Vi aiuteremo al più presto con un primo orientamento. Se si desidera avviare una rivoluzione che non è ancora iniziata, è necessario disporre di un piano che ci permetta di capire cosa possiamo fare per voi.”
Il contatto è creato e si sposta su altre vie. Due mesi e mezzo dopo, l’Op si trasforma in una rivoluzione vera.
Ma chi erano i due interlocutori? Da una parte, un futuro ribelle che chiede aiuto tecnologico per far sì che la rivolta non muoia nella repressione del governo e nel silenzio dei media, chiedendo inoltre aiuto per scardinare il potere del regime, colpendolo nella sua catena di comando: il cuore informatico del sistema. Comunicazione, siti governativi, grandi aziende, banche, diventano gli obiettivi da colpire.
Dall’altra parte, un defender, un anonymous, uno dei tanti protagonisti di una cyber guerra, nella quale entrano in gioco organizzazioni che si pongono come obiettivo primario e strategico la difesa della libertà d’informazione, della democrazia, di siti come Wikileaks e di persone come il suo fondatore, Julian Assange, contro l’autoritarismo dei governi e lo strapotere delle multinazionali.
Si parte da un Op, per arrivare ad una rivoluzione. La parola d’ordine, per tutti è “Freedom”. Una libertà che non conosce confini, colore politico o fede religiosa, e con la quale i governi stanno già facendo i conti.
Cosa c’è dietro questa libertà? Nessuno di noi, è ancora in grado di dirlo, ma quel che è certo, che questa nuova resistenza, potrebbe rappresentare la terza filosofia di pensiero di un nuovo movimento di lotta, scaturito da uno stato di malessere sempre più acuto e generale.”
Che sia questo ciò a cui si riferisce il Presidente del Parlamento Martin Schulz, quando avverte che la crisi economica della Spagna potrebbe innescare una “esplosione sociale” in tutto il continente?
Malessere sociale o meno, morti e sangue, niente sembra indurre i nostri governanti a cambiare la rotta e prendere atto che dinanzi un popolo inferocito non c’è poi Casta che regga… Speriamo che almeno per l’Europa non debbano prospettarsi gli stessi scenari…
Gian J. Morici
thanks