Agrigento – Di uno ne scrive Franco Castaldo, nell’articolo dal titolo “Teleacras confonde informativa antimafia e stipendi non pagati e replica con il “pizzino” di Miccichè” pubblicato da Grandangolo. Il secondo riguarda “La Valle dei Templi”. Iniziamo con Grandangolo:
“Teleacras ha reagito male alla pubblicazione, da parte di Grandangolo, di due notizie: il mancato pagamento degli stipendi ai giornalisti anche nel mese di aprile (situazione che permane e stagna dal luglio 2011) e l’interrogazione parlamentare presentata dall’on. Giacomo Di Benedetto sulle vicende legate all’informativa antimafia che ha raggiunto, attraverso la società Mediatel (partecipata Gasme, ossia la stanza dei bottoni della tv privata), il dominus dell’emittente: Giovanni Miccichè, tre volte arrestato e coinvolto in inchieste di mafia, riciclaggio e bancarotta di notevole spessore. Miccichè, come è suo costume, ha affidato ad Angelo Ruoppolo il suo messaggio. Anzi, un vero e proprio “pizzino” che il mitico Angelo ha letto con il tono che meritava la circostanza. Vi risparmiamo le filosofie spicciole di Miccichè ed andiamo al sodo. Questo il messaggio che ha voluto lanciare ai posteri: “Ebbene, nonostante tutto ciò, il deputato regionale del Partito democratico e candidato a sindaco di Raffadali, Giacomo Di Benedetto, si arma dell’arma che da tempo privilegia, la provocazione, ed impugnando anche il coltellino del sarcasmo, e la fionda della ipocrisia, presenta una interrogazione alla Regione, nell’occhio del ciclone delle intemperie più violente della legislatura, e interroga sulle retribuzioni ai dipendenti di Teleacras. Sì, penserete che si tratti di una scherzo, e invece è la verità, scritta nero su bianco su di un settimanale agrigentino adesso in edicola, e che altrettanto settimanalmente non risparmia invettive e veleni contro l’emittente Teleacras…” “… L’onorevole Giacomo Di Benedetto strumentalizza il proprio ruolo istituzionale – ed allora anche gli organi regionali preposti al rispetto della disciplina parlamentare intervengano – per strumentalizzare un oggettivo stato di difficoltà economica che non affligge solo Teleacras ma l’intero pianeta, per sputare veleno, sfogando rancori e livori personali. Lo staff di Teleacras conferma fiducia e solidarietà verso la Proprietà, ed invita il settimanale facile sponda di Giacomo Di Benedetto, ed anche, eventualmente, altri organi di stampa ed associazioni varie, ad astenersi dell’occuparsi di argomenti verso i quali non ricorre alcun interesse pubblico all’informazione, essendo argomenti privati, legati al rapporto tra dipendente e datore di lavoro, peraltro in un’azienda privata, e non pubblica. Grazie”.
Rispondiamo (perché noi siamo il settimanale agrigentino che “non risparmia invettive e veleni contro Teleacras”) innanzitutto con un “prego” doveroso al grazie finale. Che diamine: educazione lo impone. E adesso andiamo alle cose serie.
Teleacras, anzi Miccichè attraverso Ruoppolo, fa di tutta l’erba un fascio. L’articolo di Grandangolo che pubblicheremo in coda, narra di due vicende: i mancati pagamenti dei giornalisti (da luglio 2011) e l’interrogazione di Di Benedetto. Due vicende specifiche e diverse tra loro. L’onorevole Di benedetto non ha speso una sola parola sul mancato pagamento degli stipendi ai giornalisti. La sua interrogazione è rivolta totalmente all’informativa antimafia che riguarda Teleacras attraverso Mediatel e Gasme (e Miccichè). Ecco il testo anastatico dell’interrogazione del deputato regionale del Pd;
XV Legislatura ARS
INTERROGAZIONE
(risposta orale)
N. 2495 – Chiarimenti sulle potenziali infiltrazioni della criminalità organizzata in alcune aziende operanti nel Consorzio ASI di Agrigento.
Al Presidente della Regione, premesso che:
il Consorzio ASI di Agrigento, in ottemperanza al protocollo d’intesa per la legalità, ha richiesto informazioni antimafia nei confronti della società Mediatel srl con sede in Aragona (AG) e per i soggetti facenti parte della compagine sociale;
la suddetta società è partecipata dalla Gasme srl ed insieme costituiscono l’assetto amministrativo e la proprietà dell’emittente televisiva Teleacras;
l’amministratore unico risulta essere il sig. Pecorelli Giovanni di anni 88, mentre le quote societarie appartengono alla signora Pecorelli Vincenza e alla società Gasme srl;
come si legge dall’informativa Prefettizia: ‘la Sig.ra Pecorelli oltre ad avere a suo carico una segnalazione per truffa nel 2003 è coniugata con il Sig. Miccichè Giovanni con vicende giudiziarie di tipo mafioso’;
socia della società Gasme risulta essere la sig.ra Miccichè Vinti Luisa, figlia dei suddetti Miccichè Giovanni e Pecorelli Vincenza;
come si legge dall’informativa antimafia, il gruppo ispettivo misto nella riunione del 6 dicembre 2011 ha rilevato il pericolo che la Mediatel srl possa subire tentativi di condizionamento e infiltrazione da parte della malavita organizzata;
considerato che la Prefettura di Agrigento in data 18 gennaio 2012, con informazione tipica, ha informato l’ASI di Agrigento, la Questura divisione anticrimine di Agrigento, il Comando provinciale dei Carabinieri di Agrigento, il Comando della Guardia di Finanza di Agrigento e la Direzione investigativa antimafia, del fatto che, ai sensi dell’art. 10, comma 7, lett. c) del DPR 252/98, sussiste nei confronti della Mediatel srl con sede in Aragona il pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata;
tenuto conto che la società Mediatel è concessionaria di lotti all’interno dell’area ASI di Agrigento;
per sapere:
se non ritenga opportuno informare dei fatti i componenti la Sua Giunta al fine di evitare la frequentazione quanto mai inopportuna della televisione Teleacras di Agrigento collegata alla società Mediatel e Gasme;
quali provvedimenti intenda concretamente adottare affinché aziende a rischio di mafia non esercitino la propria attività all’interno dell’area ASI di Agrigento;
se siano stati concessi contributi o stipulati contratti di fornitura da parte della Regione siciliana in favore della società Gasme srl e della TV Teleacras;
se non ritenga, a salvaguardia della legalità e del buon nome della Sicilia, di doversi attivare nei confronti del Governo nazionale e in particolare del Ministero per lo sviluppo economico per la verifica della sussistenza degli elementi necessari al mantenimento delle concessioni radiotelevisive in carico alla suddetta televisione;
se il CORECOM Sicilia sia a conoscenza dei fatti esposti e quali provvedimenti intenda adottare a tutela della trasparenza dell’informazione in Sicilia.
(23 marzo 2012)
DI BENEDETTO
Non bisogna essere eccessivamente intelligenti per affermare che Teleacras vuol spostare l’attenzione dal mancato pagamento degli stipendi con il pericolo di condizionamento mafioso messo nero su bianco dalla prefettura di Agrigento con la propria informativa antimafia “tipica”. Eppure nell’editoriale si sostiene totalmente un’altra cosa. Nessuna parola sull’informativa e su Miccichè e sulle ragioni che hanno determinato il provvedimento. Comprendiamo l’atteggiamento assolutamente pavido dello “Staff di Teleacras”. Già in passato, in verità, Miccichè aveva firmato documenti a nome dello staff senza che lo staff ne sapesse nulla. E comprendiamo la loro solidarietà. Ecco spiegato perchè l’emittente di Miccichè riesce a scrivere simili cose. E andiamo alla questione stipendi (ma anche cassa integrazione per il personale tecnico): Teleacras elegantemente ci dice di farci gli affari nostri perché si tratta di fatti privati. Anche questa ci sembra un’altra sciocchezza per due semplici ragioni: innanzitutto perché proprio Teleacras ha fatto da nave scuole su come spacciare fatti privati per notizie. Basta scorrere l’archivio per capire come Miccichè abbia utilizzato la sua tv fottendosene della privacy, del valore della notizia e di molto altro. Ma non è questo, tuttavia il motivo determinante pur restando di grande importanza. Veniamo all’altro, ancor più significativo: Teleacras (Gasme) riceve contributi da parte della Regione siciliana attraverso il Corecom. Nell’anno 2010 nella speciale graduatoria (che tiene conto di una serie di coefficienti che fa lievitare la contribuzione, era al sedicesimo posto su settantasette). Soldi pubblici non privati. Così come soldi pubblici sono quelli elargiti dai vari enti dello Stato a cominciare, ad esempio, quelli del presidente della Regione Lombardo che attraverso messaggi televisivi ha augurato buone feste ai siciliani nel dicembre-gennaio scorsi. Sono soldi pubblici anche quelli della cassa integrazione destinati ai tecnici dipendenti di Miccichè. E potremo continuare all’infinito (e lo faremo spiegandovi come sono state stilate le graduatorie e, soprattutto, sulla scorta di quali elementi forniti).
Ci sembra che per il momento possa bastare per legittimare la nostra attività giornalistica. E onde evitare fraintendimenti trascriviamo l’articolo pubblicato sul nostro settimanale, attualmente in edicola:
“Anche aprile è passato senza far registrare alcuna novità. I giornalisti di Teleacras non hanno percepito lo stipendio. Oramai non vedono un euro dal giugno 2011 e nessuno si cura della loro drammatica soluzione. Undici stipendi non pagati e condizioni di lavoro prive di ogni garanzia a tutela della liberta di stampa non hanno sollecitato l’attenzione e nemmeno la pietà di chi, invece, è scattato con un balzo felino per solidarizzare con Giovanni Miccichè, il padrone assoluto dell’emittente, raggiunto attraverso la società Mediatel (partecipata Gasme) da informativa tipica antimafia, stilata dalla Prefettura di Agrigento che ha evidenziato il pericolo di condizionamento mafioso. E dire che tutti i solidarizzanti, citiamo a caso il sindaco di Agrigento, Zambuto; i candidati sindaco Giuseppe Arnone e Totò Pennica; il consigliere comunale Nello Hamel, l’imprenditore Totò Moncada e qualche (pochi) giornalista (solo quelli in affari con Miccichè) hanno parlato di libertà di stampa, di risorsa, di civiltà. Ma vi sembra civiltà questa?
Da un lato percepire i contributi e le commesse dagli enti statali (vi faremo sapere come nelle prossime settimane) e dall’altro mortificare uomini, professione e libertà negando un diritto inalienabile che è quello della retribuzione?
Non ci stupisce il comportamento di Miccichè e sodali. Ci stupisce l’offensivo silenzio dei solidarizzanti. Che solidarizzano con il potente, raggiunto da informativa antimafia, e tacciono sulla vergognosa situazione dei lavoratori.
Intanto nel silenzio più totale, il deputato regionale del Pd, Giacomo Di Benedetto, lo scorso 23 marzo ha presentato, indirizzandola al presidente della Regione, Raffaele Lombardo (uno che di soldi a Teleacras ne ha dati parecchi), una interrogazione a risposta orale che di seguito riportiamo: “Chiarimenti sulle potenziali infiltrazioni della criminalità organizzata in alcune aziende operanti nel Consorzio Asi di Agrigento. Al presidente della Regione, premesso che: il Consorzio Asi di Agrigento, in ottemperanza al protocollo d’intesa per la legalità, ha richiesto informazioni antimafia nei confronti della società Mediatel srl con sede in Aragona (Ag) e per i soggetti facenti parte della compagine sociale; la suddetta società è partecipata dalla Gasme srl ed insieme costituiscono l’assetto amministrativo e la proprietà dell’emittente televisiva Teleacras; l’amministratore unico risulta essere il sig. Pecorelli Giovanni di anni 88, mentre le quote societarie appartengono alla signora Pecorelli Vincenza e alla società Gasme srl; come si legge dall’informativa Prefettizia: ‘la sig.ra Pecorelli oltre ad avere a suo carico una segnalazione per truffa nel 2003 è coniugata con Miccichè Giovanni con vicende giudiziarie di tipo mafioso’; socia della società Gasme risulta essere Miccichè Vinti Luisa, figlia dei suddetti Miccichè Giovanni e Pecorelli Vincenza; come si legge dall’informativa antimafia, il gruppo ispettivo misto nella riunione del 6 dicembre 2011 ha rilevato il pericolo che la Mediatel srl possa subire tentativi di condizionamento e infiltrazione da parte della malavita organizzata; considerato che la Prefettura di Agrigento in data 18 gennaio 2012, con informazione tipica, ha informato l’Asi di Agrigento, la Questura – Divisione Anticrimine di Agrigento, il Comando provinciale dei Carabinieri di Agrigento, il Comando della Guardia di Finanza di Agrigento e la Direzione investigativa antimafia, del fatto che, ai sensi dell’art. 10, comma 7, lett. c) del DPR 252/98, sussiste nei confronti della Mediatel srl con sede in Aragona il pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata; tenuto conto che la società Mediatel è concessionaria di lotti all’interno dell’area Asi di Agrigento; per sapere: se non ritenga opportuno informare dei fatti i componenti la sua Giunta al fine di evitare la frequentazione quanto mai inopportuna della televisione Teleacras di Agrigento collegata alla società Mediatel e Gasme; quali provvedimenti intenda concretamente adottare affinché aziende a rischio di mafia non esercitino la propria attività all’interno dell’area Asi di Agrigento; se siano stati concessi contributi o stipulati contratti di fornitura da parte della Regione siciliana in favore della società Gasme srl e della tv Teleacras; se non ritenga, a salvaguardia della legalità e del buon nome della Sicilia, di doversi attivare nei confronti del Governo nazionale e in particolare del Ministero per lo sviluppo economico per la verifica della sussistenza degli elementi necessari al mantenimento delle concessioni radiotelevisive in carico alla suddetta televisione; se il Corecom Sicilia sia a conoscenza dei fatti esposti e quali provvedimenti intenda adottare a tutela della trasparenza dell’informazione in Sicilia”.
Un macigno che ha consolidato l’attività di controllo degli organi dello Stato che hanno già avviato le procedure idonee a verificare le condizioni di mantenimento di rapporti con Teleacras. Intanto, l’Asi di Agrigento (vecchia gestione non quella del neo capo, Cicero) ha revocato le concessioni alla società Mediatel”.
Fin qui l’articolo pubblicato da Grandangolo a firma di Franco Castaldo, al quale aggiungiamo un inedito che ha visto l’editore del giornale lavalledeitempli.net, oggetto di un ulteriore “pizzino”.
Un “pizzino” inviato via sms alle 12:41 del 28 luglio 2011. Non da Giovanni Miccichè, ma da un mitico giornalista dell’emittente emblema di democrazia e libertà di stampa, il quale era piuttosto contrariato dal fatto che l’editore di questo giornale aveva pubblicato una lettera aperta inviata da una cittadina, indignata per un servizio mandato in onda dall’emittente Teleacras.
La Signora, autrice della nota, soggetto direttamente interessato, aveva avuto l’ardire di criticare il mitico giornalista per la maniera in cui aveva presentato il servizio.
L’aver pubblicato la lettera firmata, ci rese responsabili del crimine di lesa maestà, avendo osato violare la sacrosanctitas del divino in questione.
Apriti cielo. L’ira funesta non tardò a manifestarsi sotto forma del sms che riportiamo:
“Dovevi pubblicare i 20mila commenti positivi su facebook e poi il commento di una ignorante sconosciuta che non capisce che Le Scopatrici è un movimento come come Gli indignati e Gli inquinati. Se mi vedi in strada non mi salutare.
Firma”
Fin qui nulla quaestio. Ognunoi è libero di salutare e farsi salutare da chi gli pare e piace. Del resto, si trattava di un “onore” al quale ben poco il sottoscritto teneva… Un secondo sms, a distanza di appena sei minuti, chiariva ulteriormente quel concetto di democrazia e libertà che contraddistingue il mitico giornalista di Teleacras. Questo il testo:
“E disattiva i commenti perché se leggo un insulto presento querela e vado subito dal prefetto per l’oscuramento del sito”.
Forse un avvocato avrebbe trovato gli estremi di una denuncia in un “pizzino” con questi toni. Il sottoscritto, giudicando semplicemente ridicola la minaccia del giornalista di rivolgersi al Prefetto che a suo dire avrebbe “oscurato il sito”, tirò un grosso sospiro di sollievo all’idea che aveva finalmente “perso l’onore del saluto” da parte di un simile soggetto. Un individuo capace pure di millantar credito e coinvolgere nei suoi sproloqui le massime Istituzioni cittadine, pur di provare a intimidire qualcuno.
Inutile dire che il pregevole “pizzino” dell’illustre giornalista resta a disposizione di chiunque, avendone motivo, ne facesse la richiesta.
I “pizzini” non ci fanno paura, e men che mai quelli di chi vanta possibilità al di sopra di quelle che realmente possiede.
Questa è la libertà di stampa e la democrazia delle quali taluni soggetti si fan vanto?
Gian J. Morici