Licata (Agrigento) – A dire no, inscenando una protesta dinanzi il nosocomio licatese, il sindaco del paese, Angelo Graci, e gli assessori della sua giunta, che hanno piazzato una tenda davanti all’ospedale “San Giacomo d’Altopasso”.
All’origine della vicenda, un decreto assessoriale a firma dell’assessore regionale alla Sanità Massimo Russo, che impone la chiusura dei punti nascita che non raggiungono i 500 parti l’anno.
In una regione come la Sicilia, dove il numero di mortalità dovute ad emergenze ostetriche raggiunge picchi più elevati che in altre regioni, anziché pensare a migliorare e rafforzare i collegamenti con i centri ospedalieri maggiori per una più efficace ed efficiente assistenza delle partorienti e dei neonati, si ritiene di dover chiudere un punto nascita che da oltre vent’anni non fa registrare alcun decesso.
Licata, una struttura che garantisce un importante servizio sanitario ad una popolazione di oltre 70 mila abitanti, che durante il periodo estivo supera abbondantemente le 100 mila unità, rischia di dover rinunciare al punto nascite, per un decreto assessoriale che sembra non tenere conto delle difficoltà di collegamento viario di questo grosso centro isolano.
Una situazione vergognosa, che vede un’amministrazione disposta a portare avanti una battaglia che approderà certamente alle aule giudiziarie.
Secondo il vicesindaco di Licata, Giuseppe Arnone, si tratta di un servizio essenziale per una parte della provincia di Agrigento, abbandonata per anni da deputati e istituzioni. Arnone, nel ricordare la recente morte di un nascituro a Lipari, a causa della mancanza di adeguato mezzo di trasporto della partoriente, evidenzia come la chiusura del centro non porterebbe ad un risparmio economico, visto che bisognerebbe comunque garantire il trasporto e l’assistenza a partorienti destinate ad altri nosocomi, creando solo disagi alla popolazione e danni occupazionali.
Arnone, ricorda anche come il precedente ministro alla sanità avesse disposto che prima di chiudere i punti nascita che non raggiungono i 500 parti annui, gli stessi si doveva tentare di potenziarli. Ma a Licata, quale tentativo di potenziamento è mai stato fatto? Cosa ha fatto l’Asp di Agrigento in tal senso? Da qui, la richiesta al commissario dell’Asp, dottor Messina, affinchè si faccia promotore di una richiesta di deroga – così come già avvenuto in altre provincie per punti nascite che non raggiungevano i 500 parti annui -, anche in considerazione del fatto che se è pur vero che nell’anno 2011 le nascite al nosocomio licatese sono state 461 (vicine dunque alla soglia minima prevista) in altri anni si è abbondantemente superato quanto previsto dal decreto, con picchi che hanno raggiunto anche le 1033 nascite in un anno.
Qualora non si riuscisse in breve a risolvere il problema, la protesta potrebbe vedere scendere in campo anche le amministrazioni di comuni viciniori interessati dalle conseguenze del provvedimento.
Ad analizzare gli aspetti giuridici ed illustrare il ricorso già presentato al Tar Sicilia per chiedere l’annullamento, o quantomeno la sospensione del decreto assessoriale, l’assessore comunale ai servizi demografici Gianfranco Pilato. Un ricorso nel quale si evidenzia che il punto nascita di Licata non può essere considerato tra quelli poco sicuri, ma che punta anche sulle distanze che separano il centro marinaro da altre città dotate di adeguate strutture, come Canicattì(45 Km) e Agrigento (60 Km), con l´aggravante della cronica deficienza dell´arteria stradale che conduce fino all´ospedale “S. Giovanni di Dio” del capoluogo.
Patrizia Urso, assessore alle pari opportunità, fa notare come la chiusura di questo punto nascita parta dall’errato presupposto che un sito che abbia meno di 500 nascite l’anno sia da ritenere poco sicuro. A smentire tale sindacabile criterio, l’assenza di decessi di partorienti negli ultimi venti anni. La Urso non manca inoltre di fare un’attenta analisi del disagio al quale sarebbe sottoposta la comunità licatese, visto che sarebbe composta da un tessuto sociale molto vario, con una significativa presenza di stranieri, che verrebbero penalizzati anche economicamente dalle scelte dell’assessore regionale.
Un ulteriore aspetto che non può non essere tenuto in considerazione, quello dei rischi dovuti al trasporto di puerpere e neonati lungo un’arteria quale quella che collega Licata ad Agrigento. Un aspetto sul quale ha sollecitato una maggiore attenzione, Roberto Alaimo, del Comitato contro la chiusura del punto nascita.
E mentre 5.000 persone si sono recate spontaneamente a firmare una petizione contro la chiusura del punto nascita, serpeggia il sospetto che dietro i comportamenti del personale ospedaliero che si reca al punto di raccolta firme in orari tali da non essere visti, ci possa essere il timore di ritorsioni.
Interessi economici, politici o quanto altro, quello che è certo che sarebbe veramente vergognoso valutare la vita umana in termini di aridi numeri, senza prima aver quantomeno tentato di potenziare un servizio da molti giudicato essenziale.
Chissà se l’assessore regionale ha mai pensato che tra le partorienti in una località distante e mal collegata con altri centri, si potrebbe un giorno trovare una persona cara…
Del resto, Licata è anche un posto di villeggiatura il cui sviluppo turistico tende anno dopo anno ad incrementare.
Gian J. Morici