Di come fosse cambiato il clima politico, non visto più come aspetto locale, ma come fenomeno globale, ne avevamo già scritto, ancor prima che la crisi economica ci mettesse dinanzi una realtà che non può più essere ignorata da nessuno.
Cambiamenti che in tutto il mondo, forse proprio a causa della crisi, stanno portando a manifestazioni più o meno pacifiche, da parte di cittadini delusi dalla classe politica e preoccupati per il loro futuro.
I fatti locali, le proteste di cittadini indignati, le manifestazioni indette contro i propri governi, vengono spesso taciute dai media tradizionali.
Prova ne sia, le manifestazioni che stanno interessando la Francia, delle quali ben poco si parla.
Conquistano sempre più spazio l’informazione “fai da te”; i social network; i blog. Qualsiasi mezzo di comunicazione rapida, spesso visiva, che tende a soppiantare i più tradizionali mezzi di comunicazione di massa, che da decenni influenzano le nostre scelte sociali, emotive e politiche, spesso alterando la percezione della realtà
Ma è soltanto informazione quella che troviamo su internet, o c’è anche dell’altro?
Le potenzialità della rete, ben si prestano a qualsiasi genere di attività. Ed è così, che ci ritroviamo con i terroristi che hanno il loro profilo su Facebook (vedi Arid Uka), i casi di pedofilia, gli Anonymous, i nuovi ribelli di questo inizio secolo, che proprio dalla rete danno il via alle rivolte.
Quelle conflittualità sociali che alla fine degli anni ’60 portarono i giovani nelle piazze, oggi più che mai generano sentimenti di ribellione, che vedono nel web lo strumento di comunicazione del malessere sociale.
Grazie ad internet, cadono i confini geografici e politici, e il mondo dei ribelli, si ritrova in quella grande piazza che è il web, per organizzarsi, scambiare informazioni, adottare strategie.
Il passo dalle “Operation” alle ribellioni che hanno sconvolto già il panorama politico di diverse nazioni, è abbastanza breve.
Ai messaggi, ai contatti, alle strategie, segue la lotta di piazza, la repressione, i morti.
È accaduto in Egitto, Libia, Marocco, Tunisia, Yemen, Siria; quando ancor prima che scoppiasse la rivolta, nel web rimbalzavano i messaggi di chi organizzava le manifestazioni di protesta.
I media scoprono la rivolta solo dopo che è avvenuta. Denominatore comune di tutte le rivolte, una nuova resistenza globale.
Un mondo, che abbiamo esplorato durante la rivolta in Libia, quando siamo entrati in contatto con chi sul territorio combatteva e raccontava dei fatti di sangue, delle violenze, del terrore. Alle parole, si univano le immagini crude che non lasciavano spazio ad alcuna fantasia.
Una prima valutazione della qualità dell’interlocutore, basata sulle notizie prudentemente non pubblicate, che venivano successivamente confermate dalle agenzie di stampa, ti faceva comprendere che il contatto era quello giusto.
È così, che ti ritrovi ad anticipare il bombardamento di Tripoli da parte dei francesi, mentre è ancora in corso il summit; dichiari la presenza di reparti speciali sul suolo libico, fin dal primo giorno d’inizio dell’operazione militare; precisi poi che si trattava dei S.A.S. inglesi che operavano sul terreno (26h prima che ne parlino tutti i mass media); riporti i bollettini di guerra minuto per minuto; anticipi la rivolta in Siria etc. Tutte notizie che in seguito, a distanza di ore, di giorni, di settimane, vengono puntualmente confermate dalle fonti ufficiali.
“Ciao a tutti – inizia il messaggio in inglese -, ho una domanda da fare. Come tutti probabilmente sanno, anche in Siria la gente vuole libertà e spera nella caduta del regime di Assad. La mia domanda è: sareste in grado di sostenerci in anticipo? Quello che voglio dire è questo: la gente sta organizzando una manifestazione per una data speciale. Possiamo esser certi che Assad taglierebbe immediatamente ogni accesso alla rete…. vedete – con le vostre possibilità, competenze e risorse – avete possibilità di evitare che ciò avvenga? A mio parere il leader siriano è molto più pericoloso per la gente del posto di qualsiasi altro dittatore. Quest’uomo non è un pazzo e non cederà mai il suo potere. Ci sarebbe una possibilità per esempio di tagliare la catena di comando tecnico del regime di Assad poco prima / dopo che iniziano le manifestazioni? E se c’è una possibilità … vi sentite di fare questo per aiutare le persone in Siria? Oppure avete altre idee tecniche per sostenerli?”.
Il messaggio è chiaro e la risposta non tarda ad arrivare:
“RE: Operazione Siria? Perché no. Ecco alcuni passi sulle modalità di preparazione…(seguono le indicazioni di quella che vengono definiti come “strumenti per la rivoluzione”). Normalmente, supportiamo i movimenti in corso da parte del popolo. In Siria è pericoloso e penso che sarà necessaria una maggiore preparazione. Vi aiuteremo al più presto con un primo orientamento. Se si desidera avviare una rivoluzione che non è ancora iniziata, è necessario disporre di un piano che ci permetta di capire cosa possiamo fare per voi.”
Il contatto è creato e si sposta su altre vie. Due mesi e mezzo dopo, l’op di trasforma in una rivoluzione vera.
Cosa c’è dietro queste rivoluzioni? Nessuno di noi, è ancora in grado di dirlo, ma quel che è certo, che questa nuova resistenza, potrebbe rappresentare la terza filosofia di pensiero di un nuovo movimento di lotta, scaturito da uno stato di malessere sempre più acuto e generale.
Ovvio che tutto questo non poteva sfuggire ai gruppi di intelligence delle varie nazioni.
Al vaglio della CIA, passano quotidianamente 5 milioni di soli tweets. Ma ci sono anche i messaggi su Facebook, le conversazioni, gli articoli dei giornali, i blog, le trasmissioni radiotelevisive, analizzate in centri la cui ubicazione è top secret, che vengono poi fatti confluire ad un unico centro, ancor più segreto degli altri uffici, dove i dati vengono elaborati, confrontati, messi in relazione.
Dati apparentemente insignificanti, quali le esternazioni in una conversazione privata, le riflessioni di un blogger, un commento ad un fatto, ad un link postato su un social network, diventano oggetto di attenta analisi, di confronti, di correlazioni, di identikit del profilo psicologico dell’utente.
Una struttura, quella del Centro di analisi dei dati telematici della CIA, nata dopo i fatti dell’11 settembre, per combattere il terrorismo a livello globale. O se non per combatterlo sempre, quantomeno per controllarne l’azione.
In verità, il Centro era già stato progettato – e il programma avviato – già prima degli anni ’90, ma poi, a causa dei tagli di bilancio, l’attività venne di molto ridimenzionata.
Oggi, nonostante la crisi globale, nessuno pensa più sia possibile applicare tagli alla sicurezza nazionale.
E se è vero che la maggior parte degli analisti hanno sede in Virginia, altrettanto vero è che l’intelligence americana ha capito che non si può rinunciare alle risorse umane, oltre quelle tecnologiche, e agli agenti sparsi in tutto il mondo.
“L’attenzione del OSC è rivolta all’estero”, ha detto la portavoce della CIA Jennifer Youngblood.
Importanti anche le informazioni acquisite dal controllo di messaggi di semplici cittadini, dai quali si può trarre una radiografia di come certe notizie vengano valutate dall’opinione pubblica, come nel caso di Bin Laden che è stato ucciso in Pakistan, quando la CIA seguì su Twitter il rincorrersi dei massaggi, per fornire alla Casa Bianca una fotografia della reazione alla notizia dell’opinione pubblica mondiale, ma in particolare di quella di paesi coinvolti, dai quali le reazioni intercettate erano di insofferenza all’ingerenza americana.
Scherzosamente, gli analisti che si dedicano a questa attività, si definiscono “ninja librarians”, ossia “bibliotecari ninja”.
Ma non pensate che a leggere i vostri messaggi ci siano soltanto i “bibliotecari ninja”.
Un esempio? Durante i primi giorni della rivolta in Libia, questo giornale, ha ricevuto ben più di 400 visite dal solo sistema intranet “US Army”, tante centinaia provenienti dagli Stati Uniti e… circa 800 non identificabili, provenienti dalla Russia.
Non pensavamo che ai russi potessero interessare così tanto i fenomeni d’inquinamento atmosferico della città della Valle dei Templi…
Gian J. Morici