L’avvocato Arnone, fa presente che la querela presentata in suo danno da una sua assistita, è stata dalla stessa rimessa. “La vicenda che vi sta alla base è quella di una accesa discussione nel mio studio legale, tra me e un’amica – scrive Arnone -, un’amica che seguo professionalmente, da quasi 10 anni, in varie travagliate vicende.
Un’amica che ho seguito professionalmente persino in numerose vicende che riguardavano i figli e il loro rapporto con l’istituzione scolastica. O, ancora, vicende di maltrattamenti sul posto di lavoro, nonché questioni dolorose ed economicamente assai rilevanti che riguardano i rapporti familiari della signora e questioni connesse a una travagliata eredità.
Quel sabato mattina ho incontrato la signora, su sua esplicita richiesta, per corrispondere ad una cortesia che la signora medesima mi stava chiedendo e alla quale ben volentieri acconsentivo. Le ragioni dell’incontro, in questi termini, erano documentate in un sms poi acquisito dai Carabinieri: su sua richiesta, appunto, le fissavo un appuntamento presso il mio studio legale e indicavo, nel messaggio, la mia risposta positiva in ordine alla cortesia che mi chiedeva: “Va bene, non c’è problema. Conta su di me.”
L’incontro, dopo che consegnavo alla signora quanto cortesemente e amichevolmente richiesto, prendeva una piega di tensione, in quanto la signora mi comunicava – con motivazioni assolutamente illogiche e frutto, come ella stessa ha ammesso, dell’essere entrata “in tilt” per i troppi avvenimenti negativi che l’avevano colpita negli ultimi mesi – che intendeva rinunziare alle somme derivanti dall’eredità, vietandomi di portare a compimento tutta l’attività professionale, in suo esclusivo favore (anzi suo e dei suoi figli, di cui una minore) da me svolta nel corso degli ultimi due anni e, in particolare, nelle ultime due settimane.
La signora M.G. D.M., giustamente, chiedeva che il pagamento delle somme di sua pertinenza avvenisse direttamente nelle sue mani e non per tramite di poco affidabili terzi intermediari, che già in passato l’avevano gravemente danneggiata e offesa, provocandole sofferenza e tensione.
Dunque, la discussione avveniva tra un avvocato amico di famiglia e l’amica – cliente, cioè tra due persone tra i quali intercorrevano vincoli non formali, bensì amicali. Vincoli perfettamente conosciuti dai figli e dagli altri familiari della signora (madre, sorelle, fratelli, ecc.). E, in relazione al rapporto di amicizia, lo scrivente ha fortemente redarguito la signora rispetto a tali illogiche e perniciose decisioni che, in una situazione di notevole sofferenza, ella aveva maturato. Decisioni che, se esternate a terzi, potevano provocare danni assai consistenti anche e soprattutto ai figli della signora.
Nel corso degli anni, anzi, avevo apprezzato e per certi versi ammirato la signora per la determinazione, lo spirito di sacrificio, la volontà ferrea, l’indomabile pazienza con la quale aveva affrontato tutte le vicissitudini che riguardavano gli interessi dei suoi figli, penalizzati dalla separazione prima e dal divorzio poi dei propri genitori.
E, appunto, in relazione a questi fatti, cioè richiamare la mia amica – cliente a quell’elevatissimo senso del dovere nei confronti dei figli che l’aveva sempre caratterizzata, ha comportato i miei toni aspri, accompagnati dallo “scuotimento” o “strattonamento” che dir si voglia del braccio destro della signora, stretto dalla mia mano sinistra: si è trattato della classica azione finalizzata a scuotere e a richiamare alle proprie responsabilità un soggetto che, in quel momento o in quella situazione, non appare lucido e in grado di decidere per il meglio.
Altro che violenza privata! Altro che minacce! Le frasi da me pronunziate scuotendo la signora per un braccio erano le seguenti: “Ti ho conosciuta come una madre innamorata dei suoi figli, pronta a qualsiasi sacrificio per i suoi figli. Per questo ti ho sempre aiutata e adesso non è possibile che continui ad insistere sulla decisione di rinunziare a somme che ti spettano e che ti sono indispensabile per dare serenità ai tuoi figli, dei quali una che è ancora minorenne. Adesso basta. Ritorna ad essere la persona che ho sempre conosciuto”. Frasi, queste, appunto accompagnate scuotendola per un braccio.
Francamente continuo ad essere orgoglioso del mio gesto e della mia insistenza, tant’è che adesso la signora ha risolto ogni suo dubbio e si appresta, grazie anche allo “strattonamento”, a concludere tutte la vicenda in corso in maniera molto positiva per sé e, soprattutto, per i suoi figli. “
Secondo Arnone, La ricostruzione operata della vicenda è assolutamente fantasiosa. A giudizio di Arnone la signora nel momento in cui ha redatto la querela, non era certamente nel suo momento di “massima lucidità”. “Dichiarare ai Carabinieri – scrive Arnone – , come riporta testualmente il settimanale, che io pretendevo una firma di un atto che – per le stesse parole contenute in querela – non era ancora stato redatto, e se la signora non avesse acconsentito a firmarlo “dopo una settimana” (si legge sempre nella querela), “non sarebbe uscita da quello studio legale”, significa certificare una situazione di palese ed evidente confusione. La signora, appunto, quella mattina era “in tilt”.
Arnone inoltre, contesta il fatto che la signora, uscita dal suo studio sia andata direttamente in ospedale e ha comunicato telefonicamente ai familiari l’accaduto, precisando che lui stesso si era premurato di accompagnare la sua amica e cliente, personalmente, sino a casa sua, perché aveva visto che era particolarmente scossa e provata, già da quando era arrivata al suo studio. E il malessere si era successivamente aggravato.
“Adesso sto fornendo le spiegazioni più in dettaglio e nello specifico – conclude Arnone -, perché ho avuto modo di leggere integralmente l’articolo sul giornale. Ma già sabato scorso avevo dato succinta ma puntuale notizia di questi fatti e la mia replica, ovviamente, è stata ampiamente censurata.”
A tal proposito, è doveroso precisare come – a differenza di quanto afferma Arnone – contestualmente alla notizia pubblicata sabato, anche la sua precisazione veniva riportata nello stesso articolo.
Nessun cenno fa invece l’avvocato Arnone, in merito alla vicenda che riguarda il figlio della sua amica-cliente, che stante le notizie diffuse era stato fermato dai carabinieri, chiamati dalla stessa madre, mentre si dirigeva allo studio dell’avvocato, evidentemente per !chiarire” l’equivoco sorto tra la madre e l’Arnone.
Nessun chiarimento neppure in merito ai cinque giorni di prognosi, che la signora pare si sarebbe fatta certificare dall’ospedale agrigentino.
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arnone ( con la minuscola ) ieri 5 ottobre 2011 al Tribunale Corte di Cassazione di Roma , difeso dall’avv. Mellini , ha perso la causa contro vitellaro . Perchè arnone invece di scagliarsi contro l persone per bene non si scaglia contro i mafiosi, gli evasori fiscali , gli imprenditori in odor di mafia ed altro . arnone denomina i suoi contrari ” diffamatori ” invece sono persone per bene accusate da lui stesso attraverso i canali di informazione e televisivi compiacenti , posterbus , ” libri e pubblicazioni che traggono la sua verità” . Aspettiamo con pazienza i risultati di altre cause in cui arnone dovrà ricorrere in tribunale e in cassazione per fare prendere soddisfazioni agli ” umiliati” e non ai “diffamatori ” come lui li etichetta maldestramente.