Grandangolo – il giornale di Agrigento diretto da Franco Castaldo – pubblica, questa settimana nel numero 27, in assoluta esclusiva, i rapporti, sinora mai chiariti definitivamente, tra medici e boss mafiosi. Maurizio Di Gati e Gerlandino Messina durante la loro lunghissima latitanza hanno avuto bisogno di cure mediche e dell’intervento di un dottore. Hanno patito, come tutti gli uomini, particolari patologie che necessitavano dell’intervento medico. E l’intervento medico hanno avuto. Di Gati, in particolare svela l’identità dei medici che lo hanno curato mentre era latitante a Favara. Di uno fornisce anche il cognome e la descrizione somatica; dell’altro fornisce elementi utili per la compiuta identificazione aiutando così gli investigatori a risalire alla sua identità. Grandangolo, in esclusiva, nel settembre scorso vi aveva raccontato questa storia. Adesso è nelle condizioni di poter aggiungere i particolari più salienti. A cominciare dai nomi. Ancora mafia con Luigi Putrone che ha raccontato tante storie. Prima di diventare collaboratore di giustizia è stato per lunghi anni un boss di mafia e uno spietato assassino. I suoi racconti, resi ai giudici della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, sono da brividi. Sempre Luigi Putrone traccia una ricostruzione del periodo degli anni di piombo registratosi in provincia di Agrigento quando, a causa della guerra tra Cosa nostra e Stidda gli omicidi avevano cadenza pressocchè quotidiana. Putrone, partendo dalla sua fuga all’estero, ricostruisce minuziosamente quegli anni terribili. Ed ancora Maurizio Di Gati, l’ormai celebre e accreditato collaboratore di giustizia di Racalmuto, spiega ai giudici della Direzione distrettuale antimafia, come la mafia aveva messo le mani anche sulle realizzazione di impianti eolici. In provincia di Agrigento e non solo, leader del settore è il gruppo facente capo a Salvatore Moncada. Alcune dichiarazioni del collaboratore sono entrate nell’inchiesta “Grande vallone”, come Grandangolo, puntualmente, vi ha raccontato tre mesi fa.
Infine, vi raccontiamo la strategia tesa a favorire il falso pentitismo di cui la storia conserva traccia. E’ sufficiente pensare a quel che fece Giovanni Brusca dopo la sua cattura avvenuta in contrada Cannatello. Dichiarò di pentirsi e comincio a dire cose vere e cose false accusando persino vere icone della lotta alla mafia. Poi svelò ai magistrati inquirenti di averci provato e che avrebbe, da quel momento, collaborato lealmente con la giustizia. Il progetto di azzerare la lotta alla mafia con falsi pentiti viene rievocato anche da Maurizio Di Gati che rivela ai magistrati della Dda di Palermo.
L’intervistona di Diego Romeo è dedicata al grande Nino Bellomo. Poi, ampi servizi e commenti sull’inquinamento marino, la politica, con le ultime dal Comune di Agrigento nonché gli ulteriori sviluppi dell’inchiesta alla Provincia regionale di Agrigento sulle spese di rappresentanza.