Non poteva dire fosse stato un brutto film. A volte aveva perso il filo, o si era chiesta cosa c’entrasse la partita di pallavolo nel bel mezzo di un dramma. Ma aveva sentito tutto, a parte le vibrazioni fastidiose del surrounded, e sgranocchiato pop corn da un piccolo secchiello, il meno costoso. La prossima volta ne avrebbe comprato un sacchetto al discount, e lo avrebbe tirato fuori ad inizio film, quando le luci si abbassano e nessuno ti guarda. Si fa presto a dire oggi non baderò a spese, era quasi impossibile. In tasca aveva ancora il biglietto del film, voleva tenerlo, lo avrebbe incollato nella pagina dei conti, alla voce “svago”.
Finita la proiezione era rimasta ancora seduta, leggermente stralunata. Mentre riponeva gli occhiali in un vecchio fodero color arancio, rifletteva che il cinema la lasciava sempre con quel desiderio di rimanere, di continuare a stare seduta a veder scorrere storie. Si era alzata infine e si era diretta verso l’uscita. In quel cinema uscire significava ritrovarsi di colpo all’aperto e nonostante si fosse a maggio, si strinse nella giacca, e annodò il fazzoletto al collo con più scrupolo. Aveva fame, nonostante le pop corn, era infatti ora di cena. Ma pensarsi nella sua cucina a scaldarsi un avanzo di minestra, proprio ora, appena uscita dal cinema, piena di immagini e di una storia su cui riflettere, le mise addosso una stanchezza, la solita, con la quale aveva lottato tutto il giorno. Per tenerla ai margini di quella giornata.
Si era alzata presto, o per meglio dire aveva finito di fingere di dormire e scaldato del latte, guardato attraverso le feritoie delle persiane, e visto che ci sarebbe stato il sole. Il cielo era pareggiato da linee turchesi e bianche, l’orizzonte roseo. Si era affrettata ad uscire. Avrebbe messo più cura nel vestirsi il pomeriggio, quando sarebbe andata al cinema. Ormai era deciso. La sua andatura era ancora abbastanza sostenuta, poteva fortunatamente fare gli acquisti da sé. Pochi acquisti in realtà. Si era presa un po’ di tempo al supermercato, a guardare le offerte speciali, e poi dopo alla cassa, alla richiesta della conta dei suoi punti spesa, un espediente per poter scambiare due chiacchiere con la cassiera. Ci stava attenta, non andava sempre dalla stessa con le stesse richieste. Appena fuori si era tirata facilmente dietro il suo carrello, leggero davvero. Perché se lo tirava sempre dietro. Le ricordava quando aveva molta spesa da fare, e il carrello era stracolmo, o semplicemente le pareva di essere in compagnia: del suono ormai cigolante delle ruote, o di un bambino da tenere per mano e che le stava un po’ indietro col passo.
-Dunque ricordiamoci che giorno è oggi, magari passo al forno e mi compro anche un dolcetto. Tanto per festeggiare- Era rimasta a guardare la vetrina del fornaio, quella con i dolciumi e si era risolta a comprare dei pasticcini, i più semplici e i più leggeri, delle lingue di gatto che avrebbe inzuppato in un po’ di te, il pomeriggio, prima di andare al cinema, al posto della fetta biscottata alla quale si era adattata, ma che non le piaceva per niente. Così contenta, lasciando il cuore sulla crostatina di visciole, se ne era tornata a casa.
Dirsi continuamente, da quando aveva aperto gli occhi, oggi andrò al cinema, l’aveva mantenuta in uno stato di lieta ansia, un magone riempitivo all’altezza dello stomaco, molto piacevole. Per cui aveva tenuto lontano i soliti ragionamenti ormai fatti quasi esclusivamente di addizioni e sottrazioni, più sottrazioni veramente. Tornarci su non sarebbe servito. Aveva anche risparmiato sul latte, ora basta.
Il cielo sul retro del cinema era diventato grigio, tendente al notturno con qualche malinconia. Alzò gli occhi e dall’altra parte della strada c’era una bella insegna multicolore di Pizza al Taglio. Le era sempre piaciuta, chissà come la facevano lì. Poteva sempre dare un’occhiata. Era molto esigente, avrebbe notato subito se fosse stata appetitosa oppure no. Dentro, i tavolini erano apparecchiati, qualcuno seduto sgranocchiava la sua pizza, o porzioni di cannelloni e lasagna, un quarto di pollo arrostito. Era sempre stata contraria a mangiare nelle rosticcerie. La pizza le sembrava la sola cosa sana e giusta da gustare fuori casa. Ricordava il suo cartoccetto di pizza dopo aver fatto i compiti, nella passeggiata pomeridiana col papà, da piccola. Erano così soli, silenziosi. Suo padre la comprava solo per lei, costava forse cinquanta lire. A volte anche una pasta, bianca. Ci doveva essere del bianco: o la panna, o la glassa. Poi se ne tornavano a casa. C’era sempre del silenzio anche lì. Leggevano un libro sotto la lampada. Accendevano il televisore. Ma era meglio non pensarci proprio oggi,era passato tanto tempo, una vita fa, che sembrava non fosse mai accaduto.
Guardò il banco della pizza e ne chiese una strisciolina con la mozzarella. E anche un supplì, si risolse a dire con una certa aria battagliera. Raccolse tutto in un vassoio e si sedette. Addentò la pizza e diede uno sguardo intorno. Da un altro tavolino una vecchia con il fazzoletto intorno alla testa la guardava. Seduta allo stesso tavolo c’era una donna più giovane che non le badava e leggeva uno di quei giornali gratis che distribuiscono sotto la metropolitana. Al centro del tavolo una bottiglia piccola di birra vuota, e due bicchieri. A guardarle le venne sete. Era così contenta di aver trovato una pizza buona, che rimase delusa dal supplì, ma morso dopo morso alla fine l’avrebbe trovato soddisfacente. Chiese il prezzo di una mezza bottiglietta d’acqua minerale. Ottanta centesimi. Il televisore piazzato al centro della parete era fastidioso, non si distinguevano le parole e comunque faceva baccano. Di fronte, l’entrata del cinema tornava ad animarsi per lo spettacolo successivo. Solo allora ripensò al film, alla storia scarna, alle inquadrature piene di significato, ai piani sequenza che lei amava, a quanto fosse comoda la narrazione associata alle immagini. Al lusso di quel giorno, alla sua vita piena, soddisfatta, pur nella rinuncia incessante. All’aria pulita del locale, alla commessa straniera, ai ripiani lucidi dove era in mostra il cibo.
Cercò lo sguardo della commessa, e sentì la sua voce ordinare una mezza bottiglietta di acqua minerale, frizzante. Poi pensò: Buon compleanno a me. E sorrise.
Sara Milla
Conosco virtualmente Sara Milla, ho letto diverse sue cose, oggi ho scoperto che collabora con “la valle dei templi”. Sono un divoratore di libri e penso di saper distinguere uno scrittore, da uno che scrive. Sara è uno “scrittore”. Questo racconto,in particolare, sembra il diario di una mia giornata da pensionato, che vive solo.Se c’è un buon film vado al primo spettacolo. Vivo a velletri, e sono quasi sempre l’unico spettatore. Non mi rattrista,.. Finito il film,faccio quasi sempre ciò che fa la protagonista del racconto…Leggerlo mi sono sentito osservato…La signora Milla ha un occhio lungo,con una sguardo dolce. Amo i suoi racconti. Avete trovato un fans. Considerate che ho cliccato sulle 5 stelle, ma non ci ho capito granchè. A 80 anni,forse si può fare un pò di casino..Grazie.
bello, fa venir voglia di leggerne ancora…un personaggio a cui ci si affeziona in poche righe.