Cip-Ciop, gravi lesioni psichiche: Lesioni psichiche gravi sono state riscontrate su 15 bambini dell’asilo Cip-Ciop di Pistoia sottoposti a perizia psichiatrica. «Se qualcuno avesse fatto qualcosa per interrompere questa situazione tanto dolore si poteva evitare. Vogliamo giustizia. Ci stiamo battendo perchè tutti i colpevoli vadano a giudizio e perchè sia inflitta una pena giusta». A parlare è Ilaria Maggi, mamma di un bimbo che ora ha 4 anni e che è stato ospite dell’asilo Cip & Ciop di Pistoia per 23 mesi da quando il piccolo ne aveva sette. Per maltrattamenti sono a processo le due maestre Anna Laura Scuderi ed Elena Pesce. CORRIERE FIORENTINO
“La scuola è quell’esilio in cui l’adulto tiene il bambino fin quando è capace di vivere nel mondo degli adulti senza dar fastidio” M. Montessori
“Un insegnante non potrà mai sapere dove termina la sua influenza” (Henry Adams).
“Insegnare non è una professione. E’ una passione” (Autore sconosciuto).
“Chi non farà scuola animato da un grande amore, non faccia scuola” (Don Lorenzo Milani).
Ho voluto introdurre l’articolo con delle citazioni che mi hanno colpito per il loro valore simbolico! Si, simbolico, perché alla luce di quello che è accaduto all’interno dell’asilo Cip-Ciop, evidentemente, per le maestre in questione, il senso del prendersi cura di bambini da 0-3 anni, era meramente economico, privo dell’amore, della passione, della dedizione e cura di “crescere”e “insegnare” a dei bambini, anzi, neonati.
I bambini che frequentavano tale struttura sovente erano costretti a subire:
– Violenza fisica, quale, lesioni cutanee, negligenza, trascuratezza, percosse, erano costretti a mangiare il loro vomito.
– Abuso psicologico: i bambini vivevano nel terrore, venivano continuamente rimproverati e respinti e subivano punizioni corporali o erano costretti a stare in stanze anguste e al buio.
Ma quali danni arreca la violenza fisica, psichica ad un bambino?
La violenza è un’esperienza devastante sia fisicamente che psicologicamente. Produce comportamenti psicopatologici a causa della confusione che si genera nella vittima a livello cognitivo, emotivo e relazionale.
Sul piano relazione la vittima si sente tradita, manipolata, ingannata da qualcuno a cui era legata. Nel caso in questione, l’educatrice, la maestra, nelle ore di assenza del genitore, diventano delle figure sostitutive al genitore stesso, trasferendo in loro quei sentimenti quelle emozioni di fiducia, di affidamento, che vengono inevitabilmente traditi.
Sul piano corporeo, l’invasione e la demolizione provoca la perdita del senso di padronanza di sé perdendo tutte quelle abilità e autonomie che il bambino ha raggiunto, per esempio: se il bambino sta attraverso la fase dello svezzamento e quindi prende il contatto con il cucchiaino, o inizia a mangiare da solo, le violenze determinano una regressione e quindi un rifiuto delle conquiste fatte ritornando ad alimentarsi con il biberon, o peggio ancora, rifiutando il cibo. Se il bambino ha raggiunto il controllo degli sfinteri, l’esperienza di essere continuamente picchiato, rimproverato determinerebbe un ritorno all’uso del pannolino. Il bambino che deambula potrebbe avere un blocco e ritornare nella fase che precede la deambulazione, ovvero, strisciare a terra, muoversi a carponi, o nei casi più gravi, volere stare sempre in braccio ai genitori.
Perché per i genitori a volte diventa difficile notare il disagio che il bambino vive?
La mancanza di una fiducia di base verso i propri caregiver e di un senso di sé creerà un vuoto interiore, che spingerà il bambino ad orientarsi continuamente verso il mondo esterno alla ricerca continua ed acritica di ciò che gli altri vogliono da lui, adattandosi a qualsiasi richiesta pur di mantenere il rapporto e l’illusoria sensazione di sicurezza. L’autostima del tutto inesistente sarà legata ad una continua conferma da parte del mondo esterno.
Crescere in modo autonomo assume un colorito minaccioso per l’integrità personale e viene vissuto con grande senso di colpa, perché il bambino percepisce che è costretto a mantenere una falsa identità. Si struttura una personalità basata sul falso sé che distrugge lentamente il mondo interiore. Non esistono più né sensazioni, né bisogni, né desideri propri.
Si possono registrare:
– Disturbi nell’alimentazione: il bambino si rifiuta di mangiare;
– Disturbi del sonno: incubi o terrori notturni;
– Enuresi e encopresi: i bambini che hanno raggiunto il controllo degli sfinteri potrebbe ritornare a far uso del pannolino.
– Disturbi del comportamento-iperdipendenza, regressione nelle abilità acquisite, deambulazione, alimentazione, linguaggio;
– Disturbi di attenzione e concentrazione.
Quali segnali devono attenzionare i genitori:
– segnali fisici: abrasioni, ferite, lacerazioni;
– segnali comportamentali: comparsa di nuove paure, paura degli estranei, paura di stare solo, o isolamento, perdita dell’appetito, aumento dell’irritabilità, rifiuto di rimanere con persone specifiche, disturbi di socializzazione, mancanza di fiducia negli adulti, difficoltà ad addormentarsi o il bambino si sveglia durante la notte in preda al terrore.
– Segnali emotivi: paura, angoscia, vergogna, colpa, depressione, rabbia, ostilità, e disperazione.
Le reazioni al trauma subito dipendono da molteplici fattori:
-il grado di legame affettivo con l’abusante;
-il livello di brutalità;
-l’età della vittima;
-la durata della perpetuazione dell’abuso.
I danni psichici gravi possono essere curati?
La “cura”, l’intervento ripartivo, in questo caso dev’essere intesa in maniera olistica, globale, che deve interessare tutto il sistema familiare, perché anche i genitori devono affrontare il senso di colpa e la rabbia sia verso se stessi sia verso le maestre, e trovare nuovi modi e tempi di contatto per entrare in relazione ai loro figli. L’intervento psicologico-psicoterapeutico serve a stabilire, a creare, un ponte tra il corpo, le emozioni, la volontà, e tutti in membri della famiglia sono chiamati in causa. Il ponte si costruisce utilizzando un modello dialogico che consente di sottolineare il valore delle fantasie, dei sogni, dei movimenti, dei desideri. Stare, giocare, con tutto ciò, permette ai soggetti coinvolti di concentrarsi e a diventare più consapevoli di se stessi, in questo lavoro, la regressione del bambino, viene vista come “adattamento creativo”, ovvero, il comportamento “anormale” non viene letto come una reazione che dev’essere sostituita con un comportamento più adatto all’età del bambino, ma, esso diventa un atto creativo, un tentativo di risolvere una situazione difficile. Lo sforzo è quello di capire qual è la reale intenzionalità relazionale del comportamento regressivo “anormale”, l’adulto, il genitore, che dialoga con il proprio bambino deve, quindi, avere fiducia nel fatto che il comportamento socializzato (non imporre al bambino di togliere il pannolino, non imporgli di dormire da solo nella sua cameretta se non vuole, etc.) non va imposto (o addestrato) ma conquista nella relazione pedagogica impregnata d’affetto, amore e rispetto.
Dott. Irene Grado
Psicologa-Psicoterapeuta della Gestalt
Esperta in Psicodiagnosi Forense
Trainer di psicoprofilassi al parto: metodo Spagnuolo Lobb
Contatti: 338-9908067 e-mail: ire.gr@libero.it