Per molti, siamo all’alba di una nuova resistenza. In verità, l’alba è già passata da un pezzo, anche se ancora non sempre sono chiare le prospettive e le finalità di questa “nuova resistenza”.
Non c’è più la strategia unitaria dei movimenti di lotta, che caratterizzò gli anni successivi al ’68, quando il movimento adottò la prassi della guerriglia, come strumento di liberazione.
Finita l’epoca dei cortei nati dalle conflittualità sociali che portarono i giovani nelle piazze a manifestare contro l’autoritarismo nostrano e l’imperialismo dei paesi capitalisti, oggi ci troviamo dinanzi ad un fenomeno del tutto nuovo.
Non è più il clima politico del paese a cambiare, ma il clima politico globale, che per la dimensione dei nuovi spazi e per la velocità stessa con cui muta, rischia di proporre nuovi scenari di strategia della tensione, con metodi e mezzi tanto innovativi che stentiamo a comprendere.
L’informazione, quantomeno quella più tradizionale, resta ferma al periodo giurassico e non si accorge di come i social network abbiano soppiantato i lanci delle agenzie.
I media più diffusi e conosciuti, continuano ad avvalersi di inviati speciali che, restando spesso confinati nelle stanze degli alberghi, riescono appena a venire a conoscenza di notizie, testimonianze, indiscrezioni, che il più delle volte vengono accuratamente filtrate prima che arrivino a loro, trasformandoli così, loro malgrado, negli addetti stampa di un regime presso cui sono momentaneamente ospiti e a volte anche indesiderati.
Uscire da questo contesto, significa vivere nella polvere e nel sangue, con il rischio di rimanere vittime di una delle parti aventi causa tra loro.
Nasce dalla necessità di avere notizie, il nostro viaggio nel mondo di questa “nuova resistenza globale”,
Già da tempo, avevamo compreso le potenzialità di un’informazione senza confini, capace di mettere in contatto mondi e persone tanto distanti fra loro, quanto diverse. Il mondo di internet.
Quel mondo, considerato la vera rivoluzione del ventunesimo secolo, che sotto molti aspetti sta soppiantando i più tradizionali mezzi di comunicazione di massa, che da decenni influenzano le nostre scelte sociali, emotive e politiche, spesso alterando la percezione della realtà
Internet, ci permette di sfuggire a copioni preordinati, fatti di suoni, immagini, parole, abilmente orchestrate da cabine di regia, che volutamente censurano, esaltano o comunque alterano gli avvenimenti.
Grazie alla rete, ognuno di noi è regista, attore o comparsa, testimone o protagonista, di eventi che accadono a migliaia di chilometri da noi.
Prova ne sia, l’uccisione di Bin Laden, la cui notizia viene data in tempo reale da un vicino di casa che lancia il suo twitt, ancor prima che Obama annunci alla nazione la morte del principe del terrore e, forse, ancor prima che lo stesso presidente degli Stati Uniti ne avesse avuto conferma.
Un twitt, che rimbalza da un capo all’altro del mondo. Ripreso, ripetuto, lanciato nuovamente. Ben presto, il mondo dei cybernauti conosce la notizia, vede poi le immagini, scopre il grande bluff del fake nel quale erano incappate anche le rete televisive, denuncia il fatto, s’interroga…
Ma siamo solo noi ad avvalerci della rete? No. Lo strumento rivoluzionario per eccellenza, si trasforma ben presto nello strumento della rivoluzione. O meglio, delle rivoluzioni.
Quelle stesse conflittualità sociali che portarono i giovani nelle piazze, oggi più di ieri, generano sentimenti di ribellione. Cadono i confini geografici e politici, e il mondo dei ribelli, si ritrova in quella grande piazza che è il web, per organizzarsi, scambiare informazioni, adottare strategie.
I contatti si moltiplicano si intrecciano, interagiscono in questo mondo virtuale, ma che poi così virtuale non è. Prova ne siano, le recenti ribellioni, che stanno sconvolgendo il panorama politico di diverse nazioni.
Ai messaggi, ai contatti, alle strategie, segue la lotta di piazza, la repressione, i morti, che ben presto si trasformano in scenari diversi che diventano e fanno notizia. Notizia vera, senza filtri né censure di sorta.
È accaduto in Libia, allorquando i mezzi di comunicazione di massa offrivano scenari abbastanza tranquilli, sminuendo tutto ciò che accadeva, mentre in rete era un susseguirsi di messaggi, di immagini, di filmati, che mostravano il vero volto di un paese sconvolto da massacri effettuati con inaudita ferocia.
È accaduto in Siria, quando ancor prima che scoppiasse la rivolta, nel web rimbalzavano i messaggi di chi, da fuori dei confini siriani, organizzava le manifestazioni di protesta dinanzi le ambasciate di tutto il mondo. Un appuntamento globale, che ha finito con il produrre la rivolta all’interno del paese.
I media scoprono la rivolta dopo che è avvenuta. Solo quando a Da’ara, nel Sud, a Banyas poco distante dalla capitale, un imam arringa dal balcone un migliaio di sostenitori e dopo i primi morti, la stampa, si accorge che dalle pagine di Facebook, gli oppositori del regime avevano dato indicazioni ben precise per dare il via alle proteste del 15 marzo.
Sono stati necessari i morti, le centinaia di feriti e di arresti, prima che i mezzi di comunicazione di massa, si accorgessero di quanto stava accadendo.
Libia, Siria, Egitto, Marocco, Tunisia, Yemen, Sri Lanka. I nomi di alcune nazioni interessate oggi da atti di ribellione, alle quali ben presto se ne aggiungeranno altre.
Un unico comune denominatore: la nuova resistenza globale.
I gruppi nascono sui social network. Si contattano. Si scambiano informazioni. Si organizzano. Le conflittualità sociali, il desiderio di libertà, di democrazia, acuiscono il malessere e innescano la miccia di rivolte che, trovando a volte interessi dall’esterno, mettono in discussione la stabilità di sistemi politici basati sull’autoritarismo.
Sistemi politici spesso marci, fondati su corruzione e repressione di ogni forma di opposizione, che possono crollare soltanto con azioni di forza che si rivelano autentici bagni di sangue, sapientemente ignorati dalla comunicazione di massa e dai governi che hanno interesse a mantenere integri apparati che garantiscono gli interessi di pochi paesi capitalisti.
Superato il concetto della teoria politica e sociale di Karl Marx; fallito ogni altro movimento di lotta fondato sul credo politico e sulle fedi religiose, il catalizzatore della rivolta socio-economico-culturale, si chiama “freedom”.
Freedom, ossia libertà. È il desiderio di libertà, che agisce come un vero e proprio catalizzatore, intervenendo in una reazione, aumentandone la velocità, diminuendo l’energia di attivazione, lasciando “che i reagenti evolvano poi spontaneamente verso il prodotto”: la rivoluzione!
Esattamente come nelle reazioni chimiche, il catalizzatore, aumenta la velocità delle reazioni, rimanendo inalterato al termine delle stesse, ma raggiungendo effetti che in condizioni normali non procederebbero in maniera apprezzabile.
Una “nuova resistenza globale”, che non conosce confini geografici, politici, né religiosi. La nuova strategia della tensione, ha abbattuto i confini che i governi si erano dati. Organizzati i gruppi, che sul territorio agiranno da reagenti per evolversi poi spontaneamente verso il prodotto, si pianificano nuove strategie che mirano a destabilizzare i sistemi capitalistici e autoritari, che rispondono alle logiche delle multinazionali.
Nel nostro viaggio alla scoperta di questo nuovo mondo, siamo entrati in contatto con chi sul territorio combatteva la sua rivolta. Racconti di sangue, violenze, terrore. Immagini crude che non lasciavano spazio ad alcuna fantasia. Il racconto lascia lo spazio alla notizia.
Dopo i primi messaggi, ti rendi conto che il contatto è quello giusto. Le notizie che ti arrivano e che non hai pubblicato, a distanza di ore, vengono confermate dalle agenzie di stampa. È così, che ti ritrovi ad anticipare il bombardamento di Tripoli da parte dei francesi, mentre è ancora in corso il summit; dichiari la presenza di reparti speciali sul suolo libico, fin dal primo giorno d’inizio dell’operazione militare; precisi poi che si trattava dei S.A.S. inglesi che operavano sul terreno (26h prima che ne parlino tutti i mass media); riporti i bollettini di guerra minuto per minuto; anticipi la rivolta in Siria etc. Tutte notizie che in seguito, a distanza di ore, di giorni, di settimane, vengono puntualmente confermate dalle fonti ufficiali.
Scopri così, che dietro il tuo piccolo display, esiste un mondo che non immaginavi neppure. La nuova resistenza, parte proprio da lì:
“Ciao a tutti – inizia il messaggio in inglese -, ho una domanda da fare. Come tutti probabilmente sanno, anche in Siria la gente vuole libertà e spera nella caduta del regime di Assad. La mia domanda è: sareste in grado di sostenerci in anticipo? Quello che voglio dire è questo: la gente sta organizzando una manifestazione per una data speciale. Possiamo esser certi che Assad taglierebbe immediatamente ogni accesso alla rete…. vedete – con le vostre possibilità, competenze e risorse – avete possibilità di evitare che ciò avvenga? A mio parere il leader siriano è molto più pericoloso per la gente del posto di qualsiasi altro dittatore. Quest’uomo non è un pazzo e non cederà mai il suo potere. Ci sarebbe una possibilità per esempio di tagliare la catena di comando tecnico del regime di Assad poco prima / dopo che iniziano le manifestazioni? E se c’è una possibilità … vi sentite di fare questo per aiutare le persone in Siria? Oppure avete altre idee tecniche per sostenerli?”.
Il messaggio è chiaro e la risposta non tarda ad arrivare:
“RE: Operazione Siria? Perché no. Ecco alcuni passi sulle modalità di preparazione…(seguono le indicazioni di quella che vengono definiti come “strumenti per la rivoluzione”). Normalmente, supportiamo i movimenti in corso da parte del popolo. In Siria è pericoloso e penso che sarà necessaria una maggiore preparazione. Vi aiuteremo al più presto con un primo orientamento. Se si desidera avviare una rivoluzione che non è ancora iniziata, è necessario disporre di un piano che ci permetta di capire cosa possiamo fare per voi.”
Il contatto è creato e si sposta su altre vie. Due mesi e mezzo dopo, l’op di trasforma in una rivoluzione vera.
Ma chi erano i due interlocutori? Da una parte, un futuro ribelle che chiede aiuto tecnologico per far sì che la rivolta non muoia nella repressione del governo e nel silenzio dei media, chiedendo inoltre aiuto per scardinare il potere del regime, colpendolo nella sua catena di comando: il cuore informatico del sistema. Comunicazione, siti governativi, grandi aziende, banche, diventano gli obiettivi da colpire.
Dall’altra parte, un defender, un anonymous, uno dei tanti protagonisti di una cyber guerra, nella quale entrano in gioco organizzazioni che si pongono come obiettivo primario e strategico la difesa della libertà d’informazione, della democrazia, di siti come Wikileaks e di persone come il suo fondatore, Julian Assange, contro l’autoritarismo dei governi e lo strapotere delle multinazionali.
Sono questi i nuovi movimenti di lotta, che adoperano strumenti di ultima generazione, per raggiungere i loro targets .
Si parte da un Op, per arrivare ad una rivoluzione. La parola d’ordine, per tutti è “Freedom”. Una libertà che non conosce confini, colore politico o fede religiosa, e con la quale i governi stanno già facendo i conti.
Cosa c’è dietro questa libertà? Nessuno di noi, è ancora in grado di dirlo, ma quel che è certo, che questa nuova resistenza, potrebbe rappresentare la terza filosofia di pensiero di un nuovo movimento di lotta, scaturito da uno stato di malessere sempre più acuto e generale. Purtroppo, tutto questo può essere inficiato da quello che i governi sapranno fare giocando sottobanco le loro sporche carte, o da gruppi terroristici che già da tempo hanno scoperto le potenzialità di un mondo che è meno virtuale di quanto non possa sembrare. Dalla rivolta, più o meno motivata e pilotata, al dilagare del terrorismo internazionale, il passo potrebbe essere molto più breve di quanto non immaginiamo.
E i mezzi di comunicazione di massa? Ancora una volta, si faranno portavoce dei regimi, mantenendo i loro giornalisti negli alberghi e facendoli partecipare alle conferenze stampa ufficiali…
Gian J. Morici