Sembrava un vero e proprio gioco d’azzardo, quando nel dicembre del 2008, a Dakar, nella periferia di Pikine, nel bel mezzo di un seminario, Cipsi (Coordinamento di iniziative popolari di solidarietà) e ChiAma l’Africa lanciarono l’idea di candidare le donne africane al Premio Nobel per la Pace 2011. Sono passati poco più di due anni, e la macchina organizzativa, per presentare un dossier ad Oslo, sembra camminare ad un buon ritmo, tanto che tra convegni, seminari e congressi si è arrivati allo scorso ottobre, quando, sempre in Senegal si è svolto, in merito, un seminario di studio e confronto sulla campagna Noppaw. Attribuire il Nobel per la pace alle Donne d’Africa è un evento unico, di una notevole portata sociale, culturale e politica che, però, vuole rappresentare una vera provocazione, volta a correggere le distorsioni esistenti nei rapporti sociali.
Al seminario svoltosi nella città senegalese di Dakar prese parte il Dott. Calogero Cumbo, già presidente dei Rotary Club Aragona Colli Sicani, da sempre sensibile alle tematiche sociali e di solidarietà riguardanti l’Africa e le sue genti.
Le donne sono la spina dorsale che sorregge l’Africa che con la loro tenacia, caparbietà e resistenza, portano sulle spalle secoli di drammi e speranze, spesso sconosciute e negate. Sono quelle donne dalle vesti regali, dal volto segnato da lutti, dalle guerre, dalla violenza, dalla ribellione ma unite tra di loro, ora più che mai, per realizzare un sogno. Donne che incontriamo nelle strade polverose del continente mentre s’incamminano per andare a prendere l’acqua per la famiglia; che costituiscono parte integrante dell’economia laddove partecipano all’agricoltura e al commercio; che contribuiscono alla sostenibilità ambientale, alla cultura, alla formazione e, non per ultimo, alla salute.
Ciò che è emerso da questo inedito seminario è la notevole capacità di confrontarsi e dialogare tra donne provenienti da diversi paesi d’Africa e d’Europa, di ogni ceto e condizione, siano esse casalinghe, scrittici, economiste o quant’altro, si sono alleate in vista di una causa troppo grande ed altamente dignitosa.
L’appuntamento a Dakar ha rappresentato un vero e proprio appuntamento con la storia, un’immersione nella vita quotidiana della gente, dove per la prima volta, dopo secoli e secoli di storia raccontata al maschile, le protagoniste in assoluto sono state le donne, la cui incessante lotta è di essere riconosciute, non solo formalmente, così come avviene nella costituzione, ma anche e soprattutto sostanzialmente. L’obiettivo è di avviare una politica di cooperazione e solidarietà.
Eppure accanto al sogno troviamo speranze, dubbi e anche pareri discordanti, che trovano la loro ragion d’essere in quell’ottica in base alla quale non ha senso premiare tutte le donne, soprattutto per le conseguenze che potrebbero derivare in sede di gestione del Premio, ma anche perché ciò vorrebbe dire rompere il rigido protocollo di Oslo, che prevede l’assegnazione del riconoscimento ad una sola persona. Tuttavia, le critiche non hanno intralciato il cammino di coloro che sostengono questa nobile causa con ogni mezzo, e che controbattono, facendo leva alla filosofia ubuntu, che giustifica il Premio collettivo, nella misura in cui si afferma “Io sono perché noi siamo”, di conseguenza premiare il “noi” equivale a premiare ogni “io”.
Dunque un sogno carico di speranza, di consigli, ma che vuole prendere forma.
Un Sogno semplice ma dalle dimensioni Infinite il cui Premio ha un valore talmente inestimabile che con le parole non è facilmente descrivibile e spiegabile.
Maddalena Elena Chiara
Un bell’articolo davvero, Maddalena, completo e ben articolato!
Dalla tua ex prof. di Italiano
Maddalena complimenti! Parlare di donne riconoscendo a loro la giusta dignità che meritano, in questo particolare periodo che l’italia sta attraversando non è facile. La tematica delle donne africane – vero fulcro della società africana – è molto importante e complesso. La tua sintesi è veamente ottima. Concordo sul fatto del NOBEL alle donne africane.
Mi ha molto colpito quello che hai scritto circa la filosofia ubuntu, che giustifica il Premio collettivo, nella misura in cui si afferma “IO SONO PERCHE’ NOI SIAMO”, di conseguenza PREMIARE IL “NOI” EQUIVALE A PREMIARE OGNI “IO”.
Bell’articolo brava! I comlimenti della tua prof credo siano per te un bel riconoscimento e soddisfazione.