Incontrare Gioacchino Genchi, è un’esperienza che lascia il segno. Immagini il superpoliziotto conscio della sua bravura, della sua fama, pieno di sé, per poi scoprire qualcosa di diverso da quello che avevi immaginato. Genchi è certamente un grande conoscitore di cose di mafia. Un poliziotto che sa fare il suo mestiere.
Del resto, non potrebbe essere diversamente, considerato che ha anche lavorato con Falcone ed è a lui che chiedono poi di scoprire qualcosa sulle agende elettroniche del giudice.
È sempre Genchi, – che arriva due ore dopo nel luogo della strage di via D’Amelio, individuando nel castello di Utveggio il luogo da cui sarebbe stato azionato il radiocomando dell’esplosivo utilizzato per la strage.
Genchi tenta di capire dai telefoni se qualcuno spiasse Paolo Borsellino. E lui qualcosa scopre. Scova file cancellati e li ritrova. Poi ipotizza una pista per via D’Amelio: date, nomi, luoghi. Diventa vice del gruppo Falcone-Borsellino.
Questo è il poliziotto. Ma Genchi, è anche un uomo capace di ridere e di farti ridere.
I suoi occhi chiari ti fissano. Ti guarda dritto in faccia. Ma è uno sguardo diverso da quello di chi tenta di guardarti dentro con fare inquisitorio. È lo sguardo di una persona pulita che non teme che tu possa leggergli dentro. Quello di chi non ha necessità di sfuggire il tuo di sguardo, perché non ha nulla da nascondere. È Gioacchino Genchi!
Sabato pomeriggio, alle Fabbriche Chiaramontane, presso la Chiesa di san Francesco d’Assisi, Gioacchino Genchi ha presentato il suo libro “IL CASO GENCHI”.
Un volume – come ha scritto nella sua recensione Nuccio Mula -, di circa mille pagine, nel quale sono riportati centinaia di fatti, di documenti e di nomi; e fra tali ultimi, più volte (e per diverse vicende) appaiono, oltre ad un impressionante numero di “alti papaveri” della “casta” d’ogni schieramento e colore, anche quelli di noti esponenti della politica, delle istituzioni e dell’imprenditoria riconducibili ad Agrigento ed alla sua provincia: da Salvatore Cuffaro ad Enrico la Loggia, da Marianna Li Calzi ad Angelino Alfano, da Salvatore Cardinale ad Angelo La Russa, da Calogero Mannino a Fabio e Filippo Salamone ed altri.
Proprio di Mannino, Genchi si sofferma a parlare, dando un’immagine diversa da quella che ci è stata finora presentata.
Un Mannino non mafioso e una storia ricca di particolari inediti di cui torneremo presto a scrivere.
La platea segue con attenzione. Ascolta di come la mafia avesse deciso, ancor prima delle stragi, di ‘punire’ i partiti che da sempre aveva appoggiato, perché non riuscivano più a garantire l’impunità ai boss.
Rivive la caduta della prima Repubblica, vedendola per la prima volta da un’angolazione diversa.
Non una prima Repubblica caduta sotto la scure della giustizia, bensì per volontà della mafia. Il ‘terzo livello’ non è più un’ipotesi. È qualcosa di palpabile, di concreto. Messe a posto le tessere del mosaico, Genchi mostra il disegno che forse un po’ tutti avevamo intuito, ma che non eravamo in grado di vedere con i nostri occhi.
Adesso è lì. È chiaro a tutti.
Ogni tanto, qualche battuta ironica sembra voler sdrammatizzare il racconto. Ma se ti soffermi a riflettere, ti resta un retrogusto così amaro che ti gela il sorriso. Poi, prosegue dove aveva interrotto.
‘In Why Not avevo trovato le stesse persone sulle quali indagavo per la strage di via D’Amelio. L’unica altra indagine della mia vita che non fu possibile finire’.
Poche parole che dicono tutto.
Narra l’Italia. Dalla tangentopoli alle scalate bancarie, dai grandi “crac” ai processi clamorosi. Fino alle stragi del 1992 e 1993, dalle agende di Falcone agli ultimi due giorni di vita di Borsellino, con elementi completamente nuovi che aprono enormi squarci nelle istituzioni.
Non sono ipotesi quelle di cui parla. Sono fatti. Fatti storici impossibili da negare. Rendicontati minuziosamente, dimostrati da migliaia di documenti acquisiti in anni di indagini. Nomi, date, fatti.
Diventano così vere e proprie profezie, che trovano poi riscontro fattuale. Come nel caso del giudice Toro, uno dei due procuratori aggiunti che ha aperto l’indagine su Genchi e che gli ha sequestrato l’archivio pieno delle sue stesse telefonate con Elia Valori – su quest’ultimo sarebbe persino superfluo aggiungere qualcosa – dimessosi qualche mese fa.
Parla di mafia, politica, massoneria. Sorprende la platea quando descrivendo il programma della P2 di Licio Gelli, afferma che neppure Gelli era riuscito ad immaginare e progettare un disegno tanto contorto, da vedere l’opposizione far parte dello stesso suo progetto.
La realtà ha superato ogni immaginazione.
Sabato pomeriggio, alla stessa ora, ad Agrigento, c’era anche la presentazione di un altro libro. Lì c’aerano i politici, le istituzioni, gli apparati. Non erano una folla. Tolto il codazzo ed esclusi i giornalisti, non restava quasi nessuno.
Alle Fabbriche Chiaramontane, non c’erano apparati di partito né codazzo. Neppure le istituzioni. Ma c’era la gente. Quella gente che vuol sapere la verità, che vuol capire cos’è successo e cosa sta accadendo oggi.
Unica nota stonata della serata, l’intervento del consigliere Arnone, indiscusso protagonista di momenti di passerella.
Un monologo arnoniano durato parecchi minuti, che ha infastidito parte dei presenti.
Genchi, in maniera molto diplomatica ha ringraziato Arnone, al quale ha attestato la propria stima, ma non ha mancato di far ridere tutti i presenti, quando ha detto: ‘Mi avevano riferito che saresti stato alla presentazione dell’altro libro, garantendo comunque saresti stato presente anche qui. Non sapevo avessi il dono dell’ubiquità…Ma dimmi…il meglio è quello che hai dato lì o quello che stai dando qui?’
Non potevamo incontrare Genchi senza rivolgergli qualche domanda su Agrigento:
E come nel mosaico, riesci ad immaginare anche quelle piccole parti che non sono ancora state completate. Un lavoro, che ricorda quello di un artista.
Ma chi ha paura dell’ ‘artista’ Genchi?
Solo chi compare nella sua incredibile opera, può averne paura.
Alle Fabbriche Chiaramontane c’era la gente. Quella gente che vuol sapere la verità e che non teme di vedere il proprio volto nel quadro di Genchi.
Complimenti per questo bellissimo articolo.
Io c’ero, l’ho seguito tutto, ma non mi sarà mai facile spiegarlo come lo avete fatto voi.
Un cosa è ascoltare, una cosa è scrivere un articolo.
Bravi.
Ci sono libri, come quello di Genchi, che valgono una intera Biblioteca d’Alessandria, ci sono interviste che valgono migliata di “deduzioni” convegnistiche. Come la tua a Genchi.
Sarò felice, a Ottobre, “passarti” la direzione di questo “giornale”. Grazie anche di avermi dato modo di entrare nel Guinness dei primati con questo “post” diretto all’editore-collaboratore. Mai accaduto nella storia del web. Smentiscimi se puoi.
Sono io che devo ringraziare. Devo ringraziare te, Diego, per avermi seguito durante i miei primi passi e per avermi spronato a lasciare il mondo dei blog per fare il giornale.
Devo ringraziare i lettori che, come Nino (mi spiace non averlo conosciuto ieri), ci seguono con attenzione e ci stimolano a fare sempre di più e meglio.
Senza voi, non esisterebbe il giornale.
Un ringraziamento personale lo merita il Dottor Genchi, non per avermi concesso l’intervista, ma per tutto quello che fa per noi, pagando in prima persona il prezzo del suo coraggio e della sua onestà.
Ieri sera, ho ricevuto una lezione di vita e di onestà, che non potrò mai dimenticare: nessuno è al di sopra della legge. Le regole esistono e vanno rispettate!
Grazie Dottor Genchi
C’ero anche io ieri sera. Genchi è stato veramente grande. Chi non è venuto all’appuntamento, ha perso l’occasione per capire cosa ha ridotto così l’Italia e quello che dovremo aspettarci in futuro. Quello che conta è che tra i presenti ci fossero tante persone motivate solo dalla voglia di verità. La scarsa presenza di politici è stata un bene. Avrebbe finito per ridurre il tutto a una farsa a beneficio loro. Arnone docet.
Non ho potuto esserci e d è cosa di cui mi rammarico ma ,lunedì, andrò a comprare il libro.
Anche questa è una forma di resistenza.
Grazie
Lia Rocco
incuriosisce la presentazione di un Genchi inedito, più di quanto non lo avrebbe fatto la rappresentazione asettica dei contenuti del suo libro. Sabato purtroppo non ero alle fabbriche Chiaramontane. Ma leggendo la presentazione di Genchi, come persona e poliziotto, credo che la prima cosa che farò oggi, sarà quella di andare a comprare il suo libro.
Ciao, Peppe