MA CHE CONSIGLIO D’EGITTO! – di Mauro Mellini

f-35-stealth-fighte-2r_jpg_415368877         E’ una brutta storia quella del comunicato al termine della riunione del Consiglio Supremo di Difesa relativa agli acquisti dei nuovi aerei F 35.

         Per la prima volta questo organismo, previsto dalla Costituzione, ma costituito secondo una legge ordinaria e tale da non poter essere considerato un “organo costituzionale”, ma bensì un organo di “altissima amministrazione”, ausiliario del Presidente e del Governo, assume una posizione ed emette un giudizio d’ordine costituzionale e relativo ai poteri di un organo costituzionale, il Parlamento (che è il primo di essi).

Si potrebbe dire che il Consiglio Supremo di Difesa, per quel che di esso sa la gente, per la prima volta prende una qualsiasi decisione ed emette un giudizio. E lo fa con un gesto polemico che non gli è consentito.

Si potrebbe sperare che il comunicato con il quale si afferma che “non compete al Parlamento porre veti al Governo circa l’opera di adeguamento degli armamenti” sia semplicemente una gaffe di qualche funzionario dell’Ufficio Stampa della Presidenza della Repubblica. Si può ancora sperare che non si sia in presenza di un gesto intrinsecamente “golpista”, il prodromo di un sopravvento dei militari nella politica e nei rapporti istituzionali del Paese. Sperare è, talvolta, un dovere. Ma, poiché nulla può imporci il dovere di essere stupidi, quel gettare la responsabilità dell’accaduto sull’eventuale insipienza di un funzionario poco esperto di questioni costituzionali non ce lo dà a bere nessuno.

Ma veniamo al sodo. Il Consiglio di Difesa non aveva e non ha alcun potere di valutare un atto del Parlamento, di rispondere ad esso e, soprattutto, di censurarne un preteso eccesso di potere. Se qualcosa in proposito c’era da dire, il Presidente della Repubblica aveva il preciso dovere di farne oggetto di un atto proprio, magari un “messaggio alle Camere” non nella veste di Presidente di quel consesso, ma di Capo dello Stato nell’esercizio delle sue funzioni d’ordine generale e di compositore ed arbitro delle questioni tra i vari organi e poteri dello Stato.

Ma, anche a prescindere da ciò, l’affermazione che “il Parlamento non ha un potere di veto….” etc. è, da una parte inappropriata e tale da presumere un plateale travisamento della mozione approvata in Parlamento (che non è un “veto”) e, dall’altra infondata, ed arrogante in considerazione del tono perentorio (che, si direbbe, si addica più al linguaggio di caserma che a quello da usare nei delicati rapporti politico-istituzionali con le loro esigenze di equilibri da non ledere).

Il Parlamento, finché la Costituzione oggi in vigore non sarà cambiata, ha il potere di controllo e di indirizzo nei confronti di ogni attività del Governo, senza esclusioni per quelle relative agli armamenti ed al loro ammodernamento.

Se il Governo non ritiene di poter accettare indicazioni, quali che siano, espresse in una mozione parlamentare, può (e deve) “porre la questione di fiducia”. Se è distratto o ritiene di dover far passare atti di indirizzo sul presupposto che, tanto, poi farà quello che vorrà (ipotesi tutt’altro che impertinente) non può poi chiedere al Capo dello Stato, e tanto meno al Consiglio Supremo di Difesa, di “bacchettare” il Parlamento inventando “zone franche” dalle sue “intromissioni” per “metterci una pezza”.

Questo brutto sgarbo costituzionale viene a cadere, guarda caso, nel momento in cui, sull’altra sponda del Mediterraneo, i militari intervengono e mettono il governo agli arresti domiciliari. Non facciamo tragedie, ma non dimentichiamoci nemmeno che certe disinvolture costituzionali, anche, e soprattutto, quando spira aria di archiviazione della Costituzione vigente, sono intollerabili e pericolose.

Un’altra considerazione. Napolitano, probabilmente ringalluzzito per il fatto che alla sua elezione si è fatto ricorso come ad un’ancora di salvezza in un brutto inestricabile pasticcio, sta tirando un po’ troppo la corda nel “prefigurare” un ruolo diverso e debordante del Capo dello Stato, che, se gli sembra più confacente al suo carattere ed alle sue qualità e la veste del Presidente di una Repubblica a regime parlamentare gli va stretta, farebbe bene ad aspettare un terzo mandato (con la Costituzione eventualmente modificata in senso presidenzialista) per arrogarsi un ruolo diverso ed assumerlo come norma dei suoi comportamenti.

Si ha l’impressione che attorno a lui  ed ai suoi puntigli si vada addensando uno stuolo di “tecnici”, di consiglieri più o meno ufficiali, mossi da un certo risentimento verso le altre Istituzioni e chi le rappresenta. Dovremmo dire che l’”antipolitica”, quella più pericolosa, quella presa a modello anche, e soprattutto, da chi sembra combatterla, abbia varcata la soglia del Quirinale.

Vorrei essere certo di potermi considerare solo un maldicente brontolone. Ma mi è difficile. Ora che ci si mette anche questo Consiglio d’Egitto (ricordate il romanzo di Sciascia?), come se non bastasse il C.S.M. con le sue periodiche esorbitanze, oltre che sentire la difficoltà di far finta di niente, sento anche una preoccupazione opprimente.

 

Avv. Mauro Mellini

condividi su:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *