Avendo appreso dagli organi di stampa che sabato 25 settembre 2010 alle ore 17,30 ci sarebbe stata la donazione ufficiale della biblioteca personale del giornalista e critico letterario Giacomo Gagliano (1903-1973) alla Fondazione Sciascia di Racalmuto, mi sono precipitato da Palermo nel mio bel paesello dove sono sempre ben contento, e orgoglioso, di assistere ad eventi culturali significativi.
Ho appena fatto in tempo ad ascoltare la ricca relazione di Walter Vecellio, nutrendo per un momento il rammarico di non avere potuto ascoltare gli interventi precedenti. Dico, per un momento, perché se gli interventi di coloro che hanno preceduto Walter Vecellio sono stati, se sono stati, dello stesso tenore di quelli che l’hanno seguito, è stato molto meglio non averli ascoltati.
Di che si tratta?
Dopo l’intervento interessante del Vecellio, ha preso la parola il vice presidente della fondazione della Fondazione. Mentre ero seduto, rimuginavo ancora le cose appena dette ed ero intento a compiacermi di essere presente all’importante avvenimento quando come con un gong vengo richiamato alla cruda realtà dal discorso “scimeano”, se così con licenza si può dire.
Forse per giustificare la Fondazione , per la scarsa affluenza di pubblico e l’aria della festa di famiglia, agli occhi della donatrice Maria Gabriella, figlia ed erede delle carte e dei libri del Gagliano, il dottore Aldo Scimè, nella qualità di vicepresidente della Fondazione, si è lasciato andare ai seguenti ragionamenti: Sciascia per la donazione delle sue carte ha preferito Racalmuto alla Sormani di Milano e alla biblioteca di Lugano. E su questo, nulla da dire. Nonostante ciò, prosegue, tra la Fondazione Sciascia, (fortemente voluta e finanziata dai concittadini dello scrittore), e la comunità racalmutese è nata quasi subito una frattura che non s’è mai sanata, per tale frattura la Fondazione, secondo Scimè, non ha nulla da rimproverarsi mentre c’è da constatare che la causa dell’allontanamento e della progressiva frattura va cercata nella “ indifferenza”, nella “supponenza” e nell’”ignoranza” di tanti racalmutesi.
Cito testualmente senza tema di smentita, come possono testimoniare i presenti in sala: pochi forestieri, isolati racalmutesi, qualche giornalista per motivi di lavoro, le belle ragazze del servizio d’accoglienza, i numerosi parenti di Sciascia che in Fondazione e in paese hanno cariche e incarichi, gli altri relatori seduti al tavolo verde, tra cui il giornalista del Corriere della Sera Felice Cavallaro, di origini racalmutesi, lo stesso Walter Vecellio, e l’assessore racalmutese alla Cultura il prof. Calogero Morgante, il quale a ruota, dopo essere stato silente e pensieroso , invece di prendere parola per chiarire e distinguere, ha distribuito medaglie di bronzo quali attestati di merito e invitato i presenti al buffet con drink.
Mi sono alzato e me ne sono andato.
Piero Carbone