Per la prima volta l’intera Magistratura associata (l’A.N.M.) non parteciperà, come è noto, alle cerimonie dell’anno giudiziario (della Cassazione e delle Corti d’Appello).
Il fatto in sé non ha grande rilevanza. I magistrati protestano. Ma poiché protestano sempre è sempre più difficile che qualcuno tenga a mente il perché delle loro proteste. Hanno, del resto, altri modi per far sentire il loro dissenso e, soprattutto per imporre il consenso di altre istituzioni alle loro protese.
Ci sarebbe da domandarsi che cosa significhi la partecipazione (o il rifiuto di essa) ad un evento come l’inaugurazione dell’anno giudiziario, che è cerimonia della magistratura e dei magistrati, dell’A.N.M., cioè dei magistrati “in quanto associati”. Ma ben altre sono le incongruenze cui si può prestare attenzione.
Piuttosto qualche considerazione si dovrebbe fare sulla motivazione del “gran rifiuto” della partecipazione.
L’A.N.M., che ha tenuto una conferenza stampa in contemporanea alla cerimonia disertata, ha spiegato che contesta al Governo Gentiloni di non aver adempiuto alle promesse fatte dal Governo che lo ha preceduto.
E qui c’è da soffermarsi. I magistrati contestano a Gentiloni l’obbligo di “stare ai patti” (ai patti da loro fatti con Renzi) non in considerazione che l’Istituzione Governo non viene meno per il cambiamento dei suoi componenti e del Presidente del Consiglio. Non lamentano il venir meno all’impegno del Governo, ma del Governo Gentiloni “perché è sostanzialmente identico a quello di Renzi”. Non è cambiato niente, quindi non sono cambiati gli impegni. La teorizzazione della identità della titolarità dei patrimoni tra boss mafiosi e loro accoliti, parenti, compari e comparielli deve aver fornito argomenti a questa pretesa che, data per scontata la “privatizzazione” dell’operato del governo, ne fa discendere che, però, Gentiloni è un prestanome di Renzi. Quindi cacci fuori quel che Renzi ha promesso.
Tesi oltremodo interessante in ogni suo segmento ed aspetto: a cominciare, ovviamente da questa qualifica di sostanziale “prestanome” di Gentiloni.
A questo punto si può dire che passa in seconda linea l’oggetto degli impegni di Renzi.
Benché, anche per poter contare su di un più ampio consenso della categoria, venga presentata come motivo della protesta (e del “grande rifiuto”) una serie di questioni propriamente attinenti alle carriere, ai soldi, etc. etc. sappiamo che Renzi aveva accantonato il progetto messo a punto dalla Commissione Gratteri (quello che tra l’altro modifica l’art. 416 ter c.p. comminando un minimo di dieci anni di reclusione a chi “accetta” (??!??!!) il voto di un appartenente ad una organizzazione mafiosa!) giacente da lungo tempo nei cassetti di Via Arenula. Al contempo gli estremisti della “corrente” palermitana ed altre consimili scalpitano perché vogliono leggi speciali anticorruzione e, comunque la modifica delle norme sulle prescrizioni che garantiscano che questa non abbia praticamente mai a verificarsi.
Se da tutto ciò se ne volesse ricavare che questo Governo (Renzi I e Renzi bis camuffato da Gentiloni) abbia finalmente osato porsi in contrasto con il Partito dei Magistrati si commetterebbe un errore imperdonabile. Renzi, e per lui, magari, Gentiloni, si è forse sbilanciato a promettere quello che non può mantenere e nemmeno ammettere di aver promesso.
Per ora i Magistrati sono imbrigliati dal fatto che si rendono conto di non poter ammettere di aver chiesto tutto quello che è stato loro promesso.
Ma, poi, si vedrà. C’è turbolenza da quelle parti. Stiamo attenti.
Mauro Mellini