Quanto ci sia di vero e di dimostrabile nelle dichiarazioni di Buzzi, ras delle cooperative e socio di Carminati, che racconta di un sistema tangentizio al quale partecipavano tutti e in modo particolare i referenti del Pd della capitale, sarà la magistratura a stabilirlo.
Quello che oggi appare sempre più certo è il fatto che il partito antimafia per eccellenza, quel Pd che è riferimento anche di molte associazioni che si battono per la legalità, difficilmente potrà riproporsi quale censore degli altrui costumi.
“Mafia Capitale” ha squarciato il velo e il cosiddetto “sistema Buzzi”, a prescindere dalle accuse che lo stesso potrà provare o meno, descrive bene tutto quello che avveniva nel paese.
Se all’inizio fu l’antifascismo a fare la fortuna di molti politici, con il passare degli anni e il ricordo sempre più sbiadito di quello che fu il ventennio di Mussolini, i professionisti dell’antifascismo furono costretti a cercare altre risorse sulle quali costruire le proprie carriere.
Mafia, legalità e ambiente divennero ben presto i campi di battaglia sui quali cimentarsi. A dar man forte a quello che ben presto diviene il partito della legalità, alcune associazioni che, in quanto tali, dovrebbero accomunare le persone oneste a prescindere dalle loro ideologie o appartenenze politiche. Sarà un caso se proprio da queste associazioni provengono molti dei politici del Pd?
Lo dimostra l’affanno con cui qualche parlamentare del Pd si affretta a cercare di screditare associazioni che hanno denunciato il malaffare ad Ostia, mentre si fa sempre più pesante ed assordante il sussurro di chi in altre circostanze avrebbe urlato il proprio sdegno e lanciato scomuniche contro chi coinvolto negli scandali.
“Mafia capitale” ha toccato i cosiddetti “buoni”, i “volontari” che accolgono gli immigrati, le coop rosse, il Pd.
E la mafia? E l’antimafia che accomunava mafia a corruzione? Bisbiglia appena. Dal vivaio dei pulcini del partito, soltanto flebili voci, parole di circostanza, consigli.
Mafia, una parola che racchiude sangue, dolore, orrore. Cosa sia la mafia, lo si può leggere sul volto delle vittime innocenti, su quello dei loro familiari, nelle loro parole. Quelle stesse persone alle quali è stata dedicata una “Giornata della memoria”.
Già, mentre le organizzazioni antimafia chiudono i loro bilanci con entrate milionarie, frutto di finanziamenti provenienti in gran parte da enti pubblici; mentre persino i familiari di vittime non innocenti di mafia possono accedere a fondi pubblici chiedendo risarcimenti; mentre tra i familiari di vittime, questa volta innocenti, si creano delle discrasie che creano categorie di vittime di serie A, B e forse anche C, di chi ha pagato a caro prezzo la propria onestà ci si ricorda solo in occasione di determinati avvenimenti, e non sempre neppure in queste circostanze.
Nomi sventolati come fossero bandierine, dei quali ci si dimentica ben presto. Al convegno in memoria del Professor Paolo Giaccone, il medico ucciso dalla mafia l’11 agosto 1982, per essersi rifiutato di ‘aggiustare’ le conclusioni di una perizia, salvando così dall’ergastolo un killer, c’erano tutti. Tutti, tranne i familiari della vittima. Non erano stati invitati.
La stessa cosa accadde a Tiziana Ficalora, figlia del capitano Paolo Ficalora, ucciso dai Corleonesi di Totò Riina nel 1992, che non venne neppure invitata alla manifestazione di commemorazione del padre.
Non è diverso il caso dei familiari di Mariano Virone, che non vengono invitati in occasione di manifestazioni organizzate dalle associazioni che rappresentano l’antimafia per eccellenza.
Eppure, si tratta di familiari di vittime innocenti. Spesso di persone che si sono battute o si battono ancora per ottenere giustizia, esponendo sé stessi e i propri congiunti a ripercussioni da parte di quel mondo criminale che si dice di voler combattere.
Che dire di Nico Miraglia figlio del sindacalista ucciso Accursio Miraglia? Nico Miraglia, eletto a rappresentare i “familiari di vittime innocenti” nell’associazione Libera, per la provincia di Agrigento, non venne neppure invitato quando a Naro (Ag) venne don Luigi Ciotti in occasione di un incontro antimafia.
E sì che il nome di suo padre rappresenta uno degli emblemi dell’antimafia e che viene ricordato in occasione della giornata della memoria…
Accursio Miraglia, per la legge italiana, non è neppure riconosciuto vittima di mafia. Il suo nome rientra nella lunga lista degli uccisi del dopoguerra ai quali lo Stato italiano non ha mai dato alcun riconoscimento. Una delle tante vittime di serie C…
Quel giorno, a Naro, era presente Giuseppe Ciminnisi, figlio di Michele ucciso nel 1981 all’interno di un bar nel quale in quel momento si trovava un boss che i corleonesi di Totò Riina avevano deciso di uccidere.
Una vittima innocente. Giuseppe, provò ad avvicinarsi al prete, presentandosi per quello che era, il figlio di una vittima innocente di mafia. Ignorato! A lui fu preferita la vicinanza di alcuni politici ed ex tali, che avevano militato accanto a ex ministri e governatori della Regione, incappati nelle maglie della giustizia per fatti di mafia.
Mentre la causa ambientalista aveva già subito duri colpi da parte di una certa stampa coraggiosa – ben poca in verità – che aveva messo a nudo gli intrecci politico-affaristici nei quali sempre più spesso risultavano coinvolti i vertici di associazioni legate al partito, che avevano trasformato le stesse in holding con interessi radicati in vari campi dell’imprenditoria, l’immagine di una certa antimafia di partito finora sembrava reggere, nonostante il fatto che la politicizzazione delle associazioni fosse tale che ormai le dichiarazioni dei vertici potessero essere considerate dichiarazioni di partito.
La mancanza di democrazia interna a queste associazioni, le prospettive dei loro dirigenti di ottenere una poltrona in politica o nella dirigenza pubblica, la dipendenza delle stesse dai partiti politici, hanno finito con il minare la credibilità delle stesse e dei partiti dei quali si erano trasformate in vivaio-pulcini.
Cosa accadrà adesso? Difficile stabilirlo. “Mafia Capitale” potrebbe essere la pietra miliare della svolta, ma potrebbe trasformarsi nell’ennesima bolla di sapone a seguito della quale a pagare un prezzo alla giustizia saranno soltanto i piccoli ingranaggi, salvando di fatto i vertici del malaffare.
Gian J. Morici