Potrebbe essere una storia pirandelliana e come tale inspirata dalla realtà.
La scena è quella dell’Ambasciata di Romania a Parigi, la sera del 5 dicembre, in occasione della presentazione del libro “Journalistes francais dans la Roumanie comuniste”, un puzzle ambizioso – come lo definisce la giornalista Iulia Badea-Guéritée nel suo articolo pubblicato sul Courrier International in francese e sul blog in romeno – mettendo insieme quello che è stato pubblicato dalla stampa francese sulla rivoluzione rumena del dicembre 1989, che portò alla caduta del Nicolae Ceaușescu, al suo processo e il giorno di Natale di quello stesso anno, all’esecuzione di Ceaușescu e della moglie, condannati per genocidio a seguito della strage di Timișoara, con l’aggravante di aver ridotto alla povertà la popolazione rumena alla povertà e di aver accumulato illegalmente ricchezze.
Coordinatore del libro, Radu Ciobotea, vice direttore dell’Istituto Culturale Romeno di Parigi; reporter di guerra nei Balcani; consigliere dell’ex ambasciatore romeno a Parigi, Theodor Baconschi; assistente direttore dell’Istituto Culturale Romeno di Parigi e con un passato da diplomatico come console rumeno a Balti, Moldova.
Ma ritorniamo a Pirandello o a quella che potrebbe essere una delle sue opere. La sera del 5 dicembre presso l’ambasciata romena di Parigi è stato presentato il libro che già in copertina indica la paternità: Radu Ciobotea! Eppure, il titolo poteva essere benissimo “un libro in cerca d’autore”, di pirandelliana memoria.
Si apre la scena. L’atmosfera non è di quelle solite quando in altre occasioni ci siamo trovati a partecipare ad eventi culturali e cocktail organizzati in ambasciata. Qualcosa non va e chiunque se ne rende conto entrando in sala. C’è un senso d’inquietudine come se da un momento all’altro potesse accadere qualcosa. Una cappa pesante che si nota già dalla poca cordialità del padrone di casa, l’Ambasciatore Bogdan Mazuru.
Una rapida occhiata ai relatori: giornalisti francesi delle più importanti testate, l’ex primo ministro romeno Petre Roman, l’editore del libro Daniel Choen. A moderare il dibattito Yvette Fulicea, direttore dell’Istituto Culturale Romeno.
E il “padre del libro”, Radu Ciobotea, il cui nome compare sulla copertina del libro? È in sala, con la moglie Amira e il figlio, tra i tanti invitati alla presentazione del “suo” libro. Sì, uno dei tanti… Gli interventi si susseguono. Come è giusto per un libro che parla del lavoro dei giornalisti che in quegli anni hanno vissuto sulla propria pelle il fare informazione a volte scomoda (alcuni di loro sono anche stati picchiati e perseguitati dalla Securitate), prendono parola i giornalisti presenti tra i relatori, interviene l’editore, parla l’ex primo ministro romeno. La vestale di casa, Yvette Fulicea, modera gli interventi, pone le domande, passa la parola ora a questo, ora all’altro ospite.
Di volta in volta sembra cercare con lo sguardo l’approvazione dell’Ambasciatore che, seduto in prima fila, segue il dibattito. Per un attimo in sala aleggia un certo imbarazzo quando l’ex primo ministro romeno, Petre Roman, di sfuggita fa un accenno alle recenti elezioni in Romania che hanno fatto molto discutere in merito a presunti brogli elettorali e alla mancata possibilità per i romeni all’estero di poter esprimere le proprie preferenze elettorali. Una questione che certamente farà parlare ancora a lungo visto che l’onda delle proteste inscenate dinanzi molte ambasciate potrebbe avere conseguenze ad oggi non prevedibili.
È poi il turno dei presenti in sala di fare domande, chiedere chiarimenti, ascoltare ancora una volta quello che i giornalisti hanno da dire. Tutti, tranne Radu Ciobotea, giornalista anche lui e coordinatore del libro.
Come nell’opera di Pirandello “Sei personaggi in cerca di autore”, dove la scena si apre con un palcoscenico in corso di allestimento per consentire le prove del secondo atto de “Il giuoco delle parti”, anche qui sembra che ognuno abbia una parte da sostenere e anche nel nostro caso c’è una Madama Pace, solo che anziché gestire un atelier e proporre alla figliastra di intrattenersi con degli uomini, ahimè, fa la giornalista.
Dinanzi al “politicamente corretto” della stampa francese che non chiede, e non si chiede, perché Radu Ciobotea è relegato al ruolo di semplice spettatore della presentazione del suo libro, la giornalista Luisa Pace chiede di poter sentire il parere del coordinatore di “Journalistes francais dans la Roumanie communiste”. Una richiesta che trova immediatamente l’approvazione dell’ex primo ministro romeno ma forse, a giudicare dai volti, non quella dell’Ambasciatore Bogdan Mazuru e ancor meno quella della moderatrice Yvette Fulicea.
Ciobotea chiude così la serata con un intervento corretto, seppur apparentemente imbarazzato. Conoscendo l’uomo che ho già incontrato in tante altre circostanze devo ammettere che la cosa mi ha stupito non poco.
Se come scrive la giornalista Iulia Badea-Guéritée, la domanda “cosa è successo veramente?” (nel periodo della dittatura – ndr) non trova risposta nonostante gli anni di ricerca, gli articoli ristampati da Ciobotea in Word lettera per lettera, per formare quello che in definitiva non è un libro di interviste ma un libro di storia che potrebbe benissimo essere intitolato “storia della Romania tra il 74 -89, come vivevano giornalisti francesi”, meno risposte ancora trova quello che è accaduto giorno 5 dicembre presso l’Ambasciata di Romania a Parigi.
Il libro di Radu Ciobotea, presentato l’8 dicembre presso la sede del settimanale L’Express (pare che Ciobotea sia rimasto nella hall) dove si è tenuto un dibattito in merito alla rivoluzione romena in occasione del venticinquennale, ha il grande merito di illustrare alcuni aspetti della dittatura di Nicolae Ceaușescu, rievocandone i silenzi, i rumori, compreso quelli assordanti dei carri armati, dei cannoni e delle grida di quanti si sono opposti alla dittatura, ma non quello di far chiarezza sugli imbarazzi in ambasciata, nè, tantomeno, di spiegare l’assordante silenzio dello stesso Radu Ciobotea. Un silenzio che crea non poche perplessità in chi era presente.
Ciobotea si è trincerato dietro un silenzio incomprensibile, preferendo eludere ogni domanda e ogni accenno a quella che sarebbe stata soltanto una farsa di presentazione del libro se non ci fosse stato l’intervento conclusivo dell’autore, grazie al sollecito della giornalista Pace.
Uscendo dall’ambasciata ho avuto come l’impressione di poter essere annoverato tra gli “ospiti poco graditi”. Peccato, me ne farò una ragione… Del resto, entrare in una sala dove sembra aleggiare ancora lo spirito di Ceaușescu, con tutti i silenzi che solo una dittatura può imporre, non è gradevole neppure per me. Lascio volentieri il posto ai tanti giornalisti “politicamente corretti” che non porranno e non si porranno mai domande, evitando accuratamente di scrivere che forse la Romania di oggi, sotto il profilo della democrazia, potrebbe non essere molto diversa da quella di ieri.
Ceaușescu è tornato a casa?
Gian J. Morici