Viviamo in un mondo parallelo, un mondo virtuale dove il contatto umano è ridotto ai minimi termini.
Se abbiamo la necessità di contattare un ufficio dobbiamo prenotare tramite una app o tramite un call center, con una voce pre-registrata che ci informa di digitare una sequenza di numeri.
Purtroppo non esiste un codice da digitare per mandare a quel paese l’operatore virtuale.
Trascorriamo così le nostre giornate a inserire codici, password, a scaricare app, e ciò che l’informatizzazione doveva rendere più semplice è così complicato da avere allungato i tempi delle soluzioni alle nostre necessità.
La cosa peggiore non è neppure quella che ai tanti problemi quotidiani abbiamo aggiunto la burocrazia informatizzata, quanto il vivere una vita parallela della quale spesso non ci rendiamo nemmeno conto.
Anche i nostri rapporti interpersonali avvengono tramite piattaforme di messaggistica istantanea, social e quanto altro.
Amiamo, odiamo, litighiamo, facciamo pace tramite un messaggio, un vocale, una emoticon.
Un TVB, un Ta, un Tat, una emoticon, rappresentano il massimo di ciò che siamo in grado di esprimere, non chiedendoci neppure se dall’altra parte qualcuno sta provando le nostre stesse emozioni.
Un mondo asettico, anestetizzato, nel quale si perde il senso dell’appartenenza o la si esaspera secondo una volontà che non è la nostra.
Persino la guerra è diventata un videogames.
Non vedi più il nemico.
Non lo vedi quando lo uccidi, non senti il suo rantolo, non vedi il suo sangue.
Non hai sentito il rinculo dell’arma, lo sparo.
Non hai trattenuto il respiro l’attimo prima di sparare per non sbagliare il tuo bersaglio.
Persino i soldati si trasformano in autonomi, quasi dei RoboCop.
I Marines hanno testato e utilizzato un esoscheletro che permette loro di continuare a camminare anche se feriti, e che è in grado di dare le prime cure per fermare una emorragia.
L’unico problema che ci si è posti è come evitare che questa moderna tecnologia possa finire in mano al nemico.
Un problema di ordine morale, poiché sotto il profilo pratico è facilmente risolvibile, sarà sufficiente attivare l’autodistruzione dell’esoscheletro con il soldato dentro.
E questa è ancora la guerra vista da vicino.
Poi c’è quella da dietro un monitor.
Vedi delle sagome bianche che si raggruppano, ne prendi le coordinate, le trasmetti a superiori i livelli di approvazione che daranno il verde all’acquisizione bersaglio.
Ed ecco che all’improvviso una grande macchia bianca avvolge le figure che avevi visto. ‘Delete!’
Poco importa che sia stato un drone o un missile.
Poco importa che ci siano stati danni collaterali, laddove per danni collaterali si intende la morte di donne, vecchi e bambini.
Nessuna pietà, nessuna emozione, è solo un videogames.
L’umanità si disumanizza, anestetizza anche il dolore, lo sconcerto, annulla ogni emozione.
Oggi guardavo due ragazzi che si tenevano per mano e mi chiedevo degli amori virtuali.
Leggo che ormai i giovani fanno l’amore virtualmente, e pensavo a cosa sarà dell’umanità in futuro.
Un amore tra due ologrammi, mentre una app o un microprocessore trasmetteranno le emozioni da vivere da esseri umani.
Persino la procreazione finiremo con il deciderla tramite l’inoculazione di uno spermatozoo appositamente creato secondo i nostri desideri.
Finiremo con il rimpiangere anche la lite per un posteggio, perché le nostre macchine intelligenti lo faranno per noi e saremo spettatori degli eventuali loro errori.
Nel rapporto interpersonale ci rivolgeremo all’intelligenza artificiale, che creerà per noi le frasi da dire, mentre dall’altra parte anche la persona con cui siamo convinti di relazionarci forse avrà affidato all’intelligenza artificiale le proprie risposte
La nostra esistenza cancellata.
La nostra esistenza vera, non quella virtuale.
Virtualmente potremo continuare a esistere anche dopo morti .
Sui social – diventati muri di necrologi – tramite i post di qualche familiare o di qualche amico che ha fatto parte della nostra vita reale, i nostri amici virtuali apprenderanno del fatto che siamo passati a miglior vita.
Chi non se ne sarà accorto continuerà a fare gli auguri di ‘buon compleanno’ sulla nostra bacheca, mentre chi ne è venuto a conoscenza dovrà soltanto cancellarci dagli amici.
Della nostra vita, dei momenti felici, dei dispiaceri, non importa niente a nessuno.
Siamo soltanto le immagini che abbiamo creato per il nostro profilo.
Un ‘buongiorno’ su WhatsApp.
È un amico, un parente o la persona che ami.
Non hai risposto, magari sei morto.
Un secondo messaggio.
Il tuo nome seguito da puntini di sospensione.
Se sei morto, quando se ne renderà conto non dovrà fare altro che cancellarti dalla rubrica.
E il gioco riprende, nuovi contatti, nuove amicizie, forse nuovi amori.
Del resto è difficile parlarsi tramite una chat, non guardi negli occhi la persona con la quale ti confronti, tutto è schermato.
Anche la menzogna può venire coperta da una cortina fumogena di emoticon, di frasi fatte, forse anche studiate con l’intelligenza artificiale.
Ecco che allora si generano mostri.
Il ragazzo in contatto con una donna più matura, che le dà un appuntamento per ucciderla.
Per vedere cosa si prova nell’uccidere un essere umano.
Viviamo in un mondo dove tutto è virtuale, dove solo i morti sanno di essere morti.
Mi torna in mente il videogames delle sagome bianche, l’esoscheletro dei Marines che porta dentro un cuore che batte ma che bisogna ‘spegnere’ perché non cada in mano al nemico.
Forse un giorno la stessa soluzione potrebbe trovare applicazione nel cancellare i vecchi.
Risolveremmo il problema dei pensionati, della sanità pubblica, di tutto ciò per cui i soggetti più deboli diventano soltanto un peso.
Se penso a questo, vedere una manifestazione d’affetto, una lite, una rappacificazione, ascoltare un urlo di rabbia, persino una bestemmia, mi fa sperare che qualcosa di umano esista ancora, che non sia tutto virtuale.
Chissà che un giorno non sia una app a decidere quando la nostra vita deve finire, e i nostri amici virtuali che non ci troveranno più, magari continueranno a contattarci indirizzando una mail al Padreterno al seguente indirizzo: padreterno@nonsoche.vattelapesca
Del resto la vita virtuale oltre la morte è già possibile.
Che senso ha però, mentre siamo vivi, condurre una vita virtuale parallela, che se proprio vogliamo possiamo affidarla a dopo il nostro trapasso?
Caro amico/amica che mi hai seguito fin qui, ti chiedo di non lasciarmi vivere dopo che sarò morto, e se lo fari, il mio v********* virtuale te lo dedico fin da adesso.
Questo mondo in una app non fa per me.
È quando penso a tutto questo che guardo gli animali e mi chiedo se valga veramente la pena di appartenere al genere umano.
Questa dimensione parallela la lascio, purtroppo, alle nuove generazioni, con la speranza, però, che accanto alla stessa abbiano il coraggio di vivere momenti di vita reale, di provare emozioni, sentimenti di rabbia, di amore, persino di odio, purchè sia ciò che fa parte dell’essere umano.
Gian J. Morici