C’è “qualcosa” che, più di ogni altra, colpisce l’attenzione di coloro (oramai davvero tanti…) che hanno rivolto lo sguardo sulla dolorosa vicenda umana di “Chico” Forti.
Questo “qualcosa” attiene ad uno dei più profondi aspetti della nostra dimensione umana perchè tocca la nostra stessa genesi e ciò che lega ogni essere vivente a colei che lo ha generato: la madre.
L’idea che la ultra novantenne madre di “Chico” attenda il ritorno del figlio e quell’attesa sia, per lei, motivo per continuare a vivere su questa terra è qualcosa che supera ogni commozione e pone a drammatico confronto la coscienza dell’intera collettività.
Ogni madre dovrebbe avere il diritto di potere abbracciare il proprio figlio e questo indipendentemente dagli errori che quest’ultimo possa avere compiuto.
Perchè – vi sembrerà strana l’idea – l’emenda ed il perdono che la Giustizia cerca di consolidare attraverso le sue non sempre perfette regole sacramentali, ebbene, una madre le amministra con la forte semplicità di un abbraccio con il quale libera il figlio dai suoi stessi peccati.
Se non credete a questa ricostruzione delle cose pensate a ciò che in ogni religione del mondo si tramanda.
Non c’è fede che non veda nella terra-madre la genesi della nostra vita errante e non c’è fede che non preveda il ritorno finale all’abbraccio con la terra come momento di Verità universale, di ricongiungimento con colei che ci ha dato l’immensa fortuna di vivere.
Quell’abbraccio, se è la fine di ogni nostra erranza è – al contempo – la fine di ogni nostro errore.
Erranza ed errore sono due facce della stessa medaglia.
Perchè – ed è questo che i tanti “odiatori” nella vicenda del Forti non hanno capito – anche l’errore (anche il più grave ed inescusabile) deve avere, come tutte le cose umane, una fine.
Non vi è, nell’universo, nessuna cosa che non abbia inizio e non abbia fine, perchè ogni cosa attorno a noi esiste in quanto finalizzata a qualcos’altra.
Non dare ad un essere umano la possibilità di riabbracciare la madre è tradire completamente il senso di ogni ragionevole misura.
È impedirgli di raggiungere il luogo di Verità per i suoi stessi errori…
Lorenzo Matassa