Chi non ha mai sentito raccontare una storia di fantasmi, quelle presenze oscure che abitano vecchi edifici nei quali si narra sia accaduto qualcosa di orribile? Il più delle volte avremo sentito parlare di improvvise apparizioni, strani rumori, lamenti o voci che terrorizzano chi si trova ad ascoltarle. Non c’è città, non c’è paese o villaggio, nel quale la leggenda di manifestazioni inspiegabili non venga narrata di generazione in generazione. Ma i fantasmi non popolano soltanto antichi palazzi o castelli, in epoca moderna hanno finito con l’infestare anche edifici pubblici, all’interno dei quali, nottetempo, manifestano la loro presenza.
Quale luogo migliore dei palazzi di giustizia per scegliere un teatro nel quale quotidianamente vanno in scena i peggiori crimini che un essere umano possa commettere? Omicidi, stragi e sangue, sono gli argomenti che quotidianamente vengono affrontati nelle aule giudiziarie, ma non sempre i fantasmi sono vittime di orrendi delitti, a volte sono proprio loro che compiono i crimini.
I fantasmi dei tribunali, a differenza di quelli di cui abbiamo sentito narrare, non compaiono improvvisamente, non terrorizzano con inspiegabili rumori di catene, di passi nel buio di stanze deserte, con gemiti o voci. No, sono silenziose entità che si muovono indisturbate – e non soltanto di notte – lungo i corridoi, all’interno delle stanze dei magistrati, nei locali delle cancellerie. Sono fantasmi molto particolari e a vederli chiunque li scambierebbe per comuni esseri umani. Si muovono a loro agio tra la gente, salutano, sembrano indaffarati nelle quotidiane faccende dei loro uffici. A tradire la loro presenza, soltanto lo spostamento di oggetti, in particolare fascicoli di indagini o altro materiale investigativo che improvvisamente scompare, salvo, talvolta, riapparire misteriosamente a distanza di tantissimi anni.
Tra i tanti casi che certamente molti ricordano, la scomparsa del fascicolo del processo per la strage in cui fu ucciso il giudice Rocco Chinnici, scomparso per 15 anni e ritrovato grazie a un’indagine avviata a seguito dell’attività di due giornalisti che dovendo scrivere un libro sulla strage dovettero interrompere le loro ricerche perchè il fascicolo non era stato più assegnato. L’indagine, che riguardava un presunto caso di corruzione di un giudice che aveva assolto due boss, venne archiviata. Il giudice, nelle more che qualcuno si accorgesse che il fascicolo non era stato assegnato, era deceduto da cinque anni. Il caso era stato dimenticato e nessuno per tanti anni aveva più indagato sulla vicenda.
Ma i fantasmi dei tribunali non s’interessano soltanto alle carte. A volte, pur non facendo sentire i loro lamenti o le loro voci, forse perché invidiosi di quelle degli altri, fanno sparire il materiale che le contiene. È, per esempio, il caso delle intercettazioni che secondo l’accusa dimostrerebbero come il falso pentito Vincenzo Scarantino fosse stato costruito da appartenenti da poliziotti, oggi sotto processo a Caltanissetta e qualcuno di loro nel frattempo defunto, e magistrati indagati a Messina, per i quali è stata chiesta l’archiviazione, ma che è stata comunque oggetto di opposizione da parte dei legali di parte civile.
Bobine dimenticate o scomparse per 24 anni, che contenevano registrazioni inedite dei colloqui tra il falso pentito Scarantino e i pm dell’epoca, relative alla strage di via D’Amelio.
Fantasmi che si muovono nel buio o in pieno giorno, che spostano fascicoli o bobine di intercettazioni. Fantasmi, come fantasma è un boss latitante accusato per le stragi del ’92. Potevano i fantasmi dei tribunali non interessarsi al boss?
Dell’appuntato della Guardia di Finanza Calogero Pulici, (per anni applicato alla segreteria dell’ex procuratore aggiunto della Dda di Palermo, Maria Teresa Principato), avevamo scritto in occasione della sua settima assoluzione dalle accuse che gli erano state mosse. Pulici era stato allontanato verbalmente dalla Procura nell’estate 2015, in seguito a un’indagine per molestie su denunce di un collega e della moglie, poi archiviata, poiché per i vertici dell’ufficio giudiziario era venuto meno il rapporto di fiducia.
Tra le altre accuse, anche quella di aver consegnato, nell’ottobre 2015, all’allora capo della Procura di Trapani, Marcello Viola, una pendrive contenente i verbali di interrogatorio di un collaboratore di giustizia, coperti da segreto investigativo. Anche i due magistrati, sia la Principato che Viola, vennero indagati, con l’accusa di rivelazione del segreto d’ufficio, inizialmente con l’aggravante dell’articolo 7, per aver agevolato la mafia, ostacolando le indagini della Dda di Palermo.
Eppure, si trattava soltanto di uno scambio di informazioni tra due magistrati che, come sostenuto dalla Procura di Caltanissetta che aveva chiesto l’archiviazione dell’indagine, era “processualmente accertato un continuo rapporto di collaborazione e di scambio di atti tra le Autorità Giudiziarie di Trapani e Palermo”, e chi condusse le indagini era ben consapevole di come i due magistrati stessero collaborando tra loro, tanto che con loro aveva effettuato insieme un sopralluogo con un elicottero della Guardia di Finanza. Ora, a meno che il giro in elicottero non servisse per andare a prendere tutti insieme un gelato, che necessità c’era di usare Pulici come “postino” della pendrive, visto che non v’è dubbio che entrambi stessero collaborando alla conduzione di indagini? Ma su questo argomento torneremo nei prossimi giorni.
Pulici, “cacciato via” dalla Procura di Palermo, l’11 dicembre 2015 si recava nella stanza della dottoressa Principato, con la quale aveva lavorato per quanto riguardava la caccia a Matteo Messina Denaro, per ritirare i suoi effetti personali, facendo a scoperta, in presenza di testimoni, che era “scomparso” il suo pc e due pendrive che contenevano tutti i file delle attività di indagini svolte dall’ufficio e coperte da segreto istruttorio.
Lo stesso giorno, tramite una relazione di servizio informò immediatamente il comando provinciale, nella persona del suo comandante, di ciò che era successo. E il mistero s’infittisce. Pulici, all’epoca indagato e poi assolto per ben sette volte, nel 2016 subì alcune perquisizioni che portarono al sequestro di materiale informatico e di un vecchio computer. Secondo la Finanza, tra questo materiale c’era quello di cui Pulici denunciava la scomparsa, ma tra gli oggetti sequestrati non c’era alcun portatile come quello di cui aveva denunciato la scomparsa, tanto da indurre la Procura a dover dichiarare che si trattava di altri dispositivi e non di quelli scomparsi dall’ufficio del pm Principato.
L’appuntato della Guardia di Finanza non si rassegna, e tramite il proprio avvocato, pochi giorni addietro, inoltra una pec al Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Palermo, avente per oggetto la relazione del dicembre 2015, quando dalla Procura di Palermo scomparvero documenti top secret che riguardavano la caccia a Matteo Messina Denaro. Unica laconica risposta, quella che il Comando aveva inoltrato la relazione di servizio, lo stesso giorno che Pulici l’aveva presentata, alla Procura di Palermo per le valutazioni del caso.
E mentre Matteo Messina Denaro resta un fantasma, altri fantasmi, non certamente con il lenzuolo bianco, fecero sparire in un batter d’occhio anni di indagini che riguardavano la latitanza del boss.
Resta una speranza, come avvenne per il fascicolo della strage Chinnici e per le bobine delle intercettazioni di Scarantino, che fra un paio di decenni compaiano anche questi atti d’indagine.
Sperando però, che eventuali colpevoli nel frattempo non siano già deceduti…
Oltre gli aspetti che videro coinvolti i magistrati Viola e Principato, che andremo ad approfondire, sorge spontanea una domanda: La fiducia tra i vertici della Procura e Pulici, sarebbe venuta meno sulla base di una denuncia poi archiviata? Fu sufficiente questo per allontanare immediatamente l’appuntato, al quale un “fantasma” sembra abbia fatto sparire gli atti d’indagine che riguardavano il boss stragista Matteo Messina Denaro?
Gian J. Morici
Complimenti. Finalmente un po’ di luce.
Basterebbe rivolgersi a un superpentito di quelli esperti in entità… ma non è che per sbaglio sia proprio questo tipo di pentiti che chiamano le entità?