Sono stanco. Quanti i contagi oggi? E i morti? Leggi le notizie. Lo fai il più in fretta possibile. Non sono numeri quelli che stai leggendo, è il dramma di chi si è ammalato, delle famiglie in ansia, il pianto di chi ha subito un lutto. Ogni parola, ogni immagine, ti riporta a un dolore. Sei stanco. Il tuo pensiero va alle persone che ti sono care, ai tuoi familiari, all’amico in quella che era una zona rossa, a chi sta male.
Apri la posta. Non c’è comunicato stampa che non abbia per oggetto il coronavirus, questo maledetto Covid-19 che ha cambiato le nostre vite, le nostre abitudini. Anche Facebook non è più lo stesso. Leggi il bollettino di guerra degli utenti del social, le fake news, la speculazione politica sul dolore di così tante persone. Ti chiedi com’è possibile che persino i tuoi amici in questo momento continuino a fare il tifo per questo o quel personaggio politico.
Non è vero che gli “addetti ai lavori”, siano essi medici, appartenenti alle forze dell’ordine, giornalisti o altro, si abituano alle notizie, ci fanno il callo. No, non ci si abitua a nulla. Non ci si abitua al dispiacere, al dolore, a quel groppo in gola che ti prende mentre leggi una storia, mentre guardi una foto. E tu lo sai. Lo hai già vissuto in altre circostanze, quando guardavi la gente attorno a te che ancora non si rendeva conto di quello che di lì a poco sarebbe accaduto, mentre da giorni vedevi immagini, leggevi analisi e relazioni che ti mostravano gli scenari prossimi di un imminente futuro.
Poi, il caos. Gli eventi che si susseguono come in un film che, purtroppo per te, hai già visto prima che si trasformasse in realtà. E mentre gli altri vivevano il momento, tu eri già stanco. Un sentimento misto di dolore, di ansia, ma anche di rabbia. La rabbia per la tua impotenza. A differenza delle altre volte, questa volta monta anche la rabbia per chi specula sul dramma alla ricerca di un consenso, per chi ci specula economicamente, per quanti continuano a mettere a rischio la loro vita e quella degli altri facendo i “furbi”, inventandosi mille scuse per uscire da casa, incuranti del fatto che grazie a loro il virus continuerà a dilagare falciando vite umane e costringendoci per molto più tempo a questa vita da reclusi senza colpa, lasciandosi dietro morte, dolore, disastri economici. Sono stanco!
Tu che stai in giro mentre gli altri stanno a casa, tu che sei furbo, tu che regali la morte a chi sta male, al tuo parente anziano, come potrai vivere con la consapevolezza che tra tutte le lacrime che si piangono, qualcuna forse l’hai regalata tu?
Guardati intorno. Se domani sentirai di un parente, un amico, un conoscente ammalato; se sentirai una campana suonare a morto, se vedrai un convoglio trasportare delle bare, non nasconderti dietro al fatto che non è colpa tua, che tu non sei ammalato, perché sai bene che ognuno di noi – quindi anche tu – può non avere alcun sintomo ma contagiare gli altri.
Pensa all’infermiera che si è tolta la vita per timore di aver contratto il virus. A lei che aveva visto le persone soffrire e morire. A lei che aveva letto negli occhi dei malati la disperazione dinanzi la notizia che dovevano intubarli. A lei che aveva visto scendere le loro lacrime, che aveva raccolto le loro parole rivolte ai propri cari. A lei che non ha voluto…
Siamo uomini, siamo adulti, siamo forti. Ma ognuno di noi, solo con sé stesso, pensa ai propri affetti, a quello che altri stanno soffrendo, a un domani che non sarà più come prima, e fa fatica a ricacciare in gola le lacrime. Ma, forse, la mia è solo stanchezza..
Gian J. Morici