
Sulla carta, la legge garantisce a tutti i bambini il diritto all’istruzione, ma nella realtà, per molti studenti con disabilità, la scuola pubblica italiana si trasforma in un labirinto di ostacoli. Le famiglie si trovano a dover lottare quotidianamente per assicurare ai propri figli un’istruzione adeguata e un ambiente inclusivo.
È questo il caso del Dott. Maurizio Inturri, papà del piccolo N.
Buona sera Maurizio, lei è il papà del piccolo N. Quanti anni ha suo figlio?
- N. adesso ha quasi nove anni, ma la storia inizia da quando ne aveva appena tre, quando ha cominciato ad avere i primi problemi. Il Centro autismo di Siracusa, a cui ci aveva inviato l’NPI di Avola, dopo quasi tre mesi tra consulenze, visite e altro, non riscontrava particolari problemi. L’NPI di Avola, invece, eseguita una nuova valutazione riscontrava problemi logopedici e psicomotori. Considerate le due valutazioni opposte, a nostre spese abbiamo deciso di richiedere una seconda valutazione all’Istituto G.Gaslini di Genova, dove dopo accurati esami e visite specialistiche redigevano una valutazione più ampia e ben diversa. L’ultima relazione finale, ma non definitiva, l’abbiamo avuta a settembre 2023, con una diagnosi definitiva di Adhd, con disturbo comportamentale e tratti dello spettro autistico.
Cosa accade dopo?
- Facciamo la richiesta di indennità di accompagnamento e handicap (legge 104/92, art.3 comma 3), che l’Inps ha sempre respinto, costringendoci a presentare ricorsi che abbiamo vinto. I problemi maggiori si sono presentati in quest’ultimo anno (2024/25) con la scuola e dal mese di novembre con il Comune. Nel novembre 2024 abbiamo infatti presentato domanda per il progetto di vita sia al Comune di Avola che per conoscenza all’Asp, Distretto di Noto, ma fino al mese di febbraio non eravamo stati ancora convocati per nessun incontro e il bambino non aveva neanche l’educatore domiciliare; mentre lo scorso anno eravamo noi a portarlo (sempre dopo aver presentato domanda al Comune, Servizi Uffici Sociali) presso l’associazione, quest’ultima infatti non svolgeva il servizio domiciliare.… Nel mese di marzo abbiamo ricevuto la prima convocazione da parte degli Uffici dei Servizi Sociali per l’incontro con l’UVM dell’Asp da farsi nel NPI di Noto, ma nella comunicazione non c’era nessun riferimento al fatto che bisognava portava il bambino, peraltro non erano presenti ne componenti della scuola, né della Fondazione Merici. È stato dunque fissato un ulteriore incontro il 16 aprile, sempre tra noi, il Case Manager dei Servizi Sociali e l’UVM, e nessun altro presente. Il verbale dell’UVM e la scheda SVAM è arrivata, in forma definita degli uffici dei servizi sociali a Giugno; il 16 giugno siamo andati a porre la firma di accettazione, pena decadenza del progetto, facendo presente che mancavano alcuni dettagli nel progetto come:
- la mancanza dell’educatore comportamentale (Terapista ABA o psicologo) come richiesto anche dall’Istituto G.Gaslini e evidenziato nelle note dell’UVM
- Budget per ogni tipo di attività
- Le ore di Asacom non erano adeguate per l’anno scolastico 2025/26 in quanto mio figlio avrebbe frequentato la scuola per più ore essendo in 4 elementare, e nel PEI erano riportate le ore richieste.
Tutte queste evidenze sono state inserite nelle note finali del progetto firmato.
Intorno la metà di luglio, il progetto non era ancora iniziato, abbiamo dunque inviato una ennesima pec di sollecito, ottenendo in risposta che il progetto era stato modificato, senza fornire ulteriori spiegazioni.
Ritardi su ritardi, ci siamo ritrovati un progetto senza budget completi, servizi incompleti e diciture mancanti. Tramite pec ci hanno informato che il Comune era senza budget. Ci siamo quindi scontrati con una realtà che non ci aspettavamo… si rifanno infatti al budget, senza considerare i servizi dei quali effettivamente il bambino ha bisogno… A livello normativo è previsto che la persona disabile debba avere diritto a tutto quello che è stabilito dalla legge 328/2000, già sancito nell’art.14 della Convenzione Onu sui diritti per le persone con disabilità, quindi un progetto che includa la parte sociale e quella della salute…il contesto sociale, che è una parte molto importante, che riguarda i contatti con la società…il supporto di una figura del Asacom per attività scolastiche ed extracurriculari e di un educatore. Per tali motivisi parla si di un approccio bio-psico-sociale.
Da quello che mi sembra di capire, tra gli altri problemi c’è anche quello della mancanza di preparazione del personale scolastico, poiché spesso gli insegnanti di ruolo non hanno una formazione specifica sull’autismo e delegano ogni responsabilità agli insegnanti di sostegno, che a loro volta, sono spesso insufficienti o non sufficientemente formati, creando un sistema che isola invece di includere.
- Fortunatamente, la docente di sostegno di nostro figlio è preparata e lo segue, ormai, da tre anni, ma purtroppo non può coprire tutte le ore scolastiche.
È vero comunque che in questi anni ne ho sentite e viste di cotte e crude, non ha caso questa denuncia pubblica vuole essere un monito per incoraggiare altri genitori a fare lo stesso.
Da una parte le direttive scolastiche, come sappiamo le ore di sostegno diminuiscono all’avanzare di ogni anno frequentato e alle ore curriculari, e dall’altra il D.L. 66/2017 trovano un punto d’incontro con il supporto dell’Assistente all’autonomia e alla comunicazione (Asacom).
Si pensi alla Giornata mondiale della disabilità o dello sport che alcuni dirigenti scolastici non ritengono fare, non pensa che si priva di un diritto uno studente disabile o i tanti disabili?
Tra le metodologie scientifiche applicabili ho sentito parlare dell’Applied Behavior Analysis (ABA). Questa metodologia che promuove strategie personalizzate per supportare l’apprendimento di questi bambini, potrebbe fare la differenza?
- Sicuramente. L’Asp, però, nonostante abbia messo per iscritto che ci sono queste problematiche, si rifiuta di mettere a disposizione un terapista ABA, questo a causa del budget, poiché a loro dire una seduta domiciliare con un terapista ABA, avrebbe costi insostenibili (loro sostengono che il costo orario è di circa sessanta euro l’ora). La direttiva non prevede però che il servizio possa non essere svolto per una questione di budget… è chiaro che non spetta a noi genitori reperire i fondi a cui le varie amministrazioni pubbliche devono far fronte…
Quale è la situazione allo stato attuale?
- Allo stato attuale, loro ci impongono questo progetto che dobbiamo accettare così come prospettato, altrimenti scrivono che lo abbiamo rifiutato… Quindi dovremmo accettare cinque ore di Asacom, nonostante il bambino necessiti un maggior numero di ore, e ventidue ore di sostegno, a scuola, non calcolando le ore extracurriculari, rifacendosi a un regolamento, che a loro dire, è comunale e prevede solo cinque ore…mentre in altri comuni il numero delle ore potrebbe essere maggiore… ma la legge non prevede che il diritto sia vincolato a un regolamento comunale…La Regione a maggio ha stanziato per questi progetti sette milioni di euro, di cui 136mila a Noto, 416mia a Trapani… La domanda è: E’ il Comune che non ha un budget sufficiente, o è il Comune che non ha saputo cercare i fondi presentando adeguati progetti? A marzo, da ricerche che ho fatto, mi risulta non abbiano richiesto le somme necessarie…così come per altri progetti, perdendo le possibilità di finanziamento… Se anche volessimo chiedere alla scuola se ci permettono di provvedere noi alle due ore di Asacom in più, non è previsto alla normativa…
Quanti sono i casi analoghi al suo?
- Dinanzi a me ne è stato trattato un altro allo stesso modo…posso solo dire che a scuola, dove è mio figlio, ci sono altri bambini che sono in difficoltà…magari diverse… il problema è anche di carattere comunale, e questa amministrazione pare non voler fare nulla per porvi rimedio, quantomeno per la parte che le compete. I bambini, come nel caso di mio figlio, vivono già le loro problematiche, se a questo si aggiunge il disinteresse della pubblica amministrazione, è chiaro che viviamo uno stato di abbandono e prostrazione inaccettabile per un paese che si dice civile.
Se le permettessero di far fronte a quelle due ore settimanali in più rispetto al regolamento comunale, quali costi dovrebbe affrontare?
- Soltanto per il terapista ABA, calcolando sessanta euro l’ora, dovrei far fronte a un costo medio mensile di circa 480 euro.
La vicenda della famiglia Inturri ha posto in evidenzia una serie di criticità sistemiche che rendono la battaglia per i diritti dei bambini con disabilità un percorso a ostacoli, durante il quale i genitori si sentono abbandonati dalle istituzioni a causa di inefficienze burocratiche e di una disconnessione tra gli enti, a partire dalle diagnosi che inizialmente gli enti locali (NPI e Centro autismo di Siracusa) non hanno identificato le problematiche di N., costringendo i genitori a rivolgersi a proprie spese all’Istituto Gaslini di Genova per una diagnosi accurata e completa.
Ancor più grave come nonostante le raccomandazioni cliniche, al bambino non sia stato assegnato un terapista per le ore necessarie in base a un regolamento comunale restrittivo che non tiene conto delle esigenze reali del bambino e dei principi di legge, giustificando le carenze con la mancanza di fondi che – secondo quanto affermato dall’intervistato – dipenderebbero dall’incapacità dell’amministrazione di accedere ai finanziamenti disponibili, una situazione aggravata mancanza di coordinamento tra scuola, Comune e ASP, che impedisce la creazione di un progetto di vita realmente integrato e personalizzato, lasciando la famiglia a gestire un sistema frammentato.
L’esperienza del Dott. Inturri e di suo figlio N. è un chiaro esempio di come il sistema di sostegno alle disabilità, pur basato su un impianto normativo solido, si sgretoli nell’applicazione pratica a causa di inefficienze burocratiche, mancanza di fondi e scarsa collaborazione tra gli enti pubblici, con la conseguenza che la battaglia dei genitori non riguarda più la necessità di un servizio, ma il diritto a ottenerlo per vie legali o a proprie spese, con l’aggravante di dover combattere contro la scarsa sensibilità dei responsabili degli enti preposti e una burocrazia che sembra progettata per scoraggiare e rallentare.
Il senso di abbandono lamentato dai genitori non deriva infatti dalla totale assenza di servizi, ma dalla loro incompletezza, ritardo e disallineamento rispetto alle reali esigenze dei bambini.
Può una famiglia trovarsi a essere l’unico vero “case manager”, costretta a supplire alle carenze strutturali del sistema, dall’ottenere una diagnosi precisa all’assicurare un’assistenza adeguata a scuola e fuori, spesso sostenendo costi insostenibili?
In presenza di un impianto normativo efficiente, chi ne controlla l’applicazione?
Gian J. Morici
Il caso di Avola, così come suggerito dallo stesso intervistato, non sembra essere un’eccezione isolata, ma un riflesso di una problematica più ampia, che richiede una revisione dei meccanismi di erogazione dei servizi, una maggiore sinergia tra gli enti e una gestione dei fondi più attenta e basata sui bisogni individuali, piuttosto che su regolamenti locali limitanti.
Gian J. Morici