
Sono state rinforzate le scorte al procuratore capo di Milano, Marcello Viola, e alla pm Alessandra Cerreti.
I due magistrati erano già sotto scorta, ma a seguito di un’informativa riservata adesso sono state innalzate le misure di sicurezza che prevedono anche il divieto di parcheggio in vicinanza delle loro abitazioni.
Le minacce, ricevute dalla metà di ottobre, sono avvenute quando l’indagine ‘Hydra’, che avrebbe ricostruito in Lombardia un’ alleanza tra Cosa Nostra, Camorra e ‘Ndrangheta, era giunta al Tribunale del riesame, dopo che alla fine del 2023 il gip Tommaso Perna aveva rigettato 142 istanze di misura cautelare su 153, disponendo 11 arresti, non per mafia.
La pm, Alessandra Cerreti, titolare del fascicolo, con il procuratore Marcello Viola, in precedenza erano stati in aula per convincere il collegio in merito alla tesi accusatoria sull’alleanza in Lombardia tra le tre mafie.
In questi giorni la Corte di Cassazione aveva confermato l’impianto accusatorio e l’esecutività degli arresti che erano stati respinti dal giudice per le indagini preliminari.
Tra i nomi degli indagati quello di Gioacchino Amico, poi scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare, Giovanni Abilone e Paolo Aurelio Errante Parrino.
Ad innalzare il livello di allarme, il rinvenimento di un arsenale di armi legato a Giovanni Abilone, fermato da agenti di polizia mentre si trovava a Milano, sulla cui autovettura hanno rinvenuto della cocaina e una pistola.
Nel corso di una perquisizione effettuata nelle vicinanze della sua abitazione in provincia di Varese i poliziotti hanno rinvenuto ulteriori armi, pistole, fucili, una mitragliatrice, munizioni e anche due silenziatori.
L’uomo si è difeso sostenendo di aver trovato le armi in montagna.
Errante Parrino, residente ad Abbiategrasso – al momento irreperibile – è cugino di Matteo Messina Denaro e sarebbe collegato alla mafia di Castelvetrano.
Secondo gli inquirenti sarebbe stato il raccordo tra le tre mafie in Lombardia e il defunto boss di Castelvetrano.
Anche per lui il gip aveva respinto la richiesta di arresto.
Un magistrato scomodo Viola, che avrebbe dovuto essere il nuovo procuratore di Roma, dopo l’allora uscente Giuseppe Pignatone, se non fosse stato vittima di una guerra tra toghe ‘per farlo fuori’, fortunatamente in modo incruento, tanto da indurre Sabrina Pignedoli a scrivere:
“Certamente a ricoprire il ruolo di procuratore capo di Roma non poteva andare Marcello Viola: purtroppo ha un brutto vizio quel magistrato, fa le indagini e le fa in maniera indipendente. Addirittura a Trapani ha osato indagare sulle logge massoniche e i loro collegamenti con le mafie: cattivo, cattivo, cattivo!!! Non adatto per una procura delicata come Roma, dove tra palazzi del potere, potentati economici, logge di vari colori e Vaticano bisogna sapersi giostrare con la ‘giusta’ cautela”.
Di Viola parlavano anche Luca Palamara con il Luigi Spina, all’epoca consigliere del Csm, che nel corso di un’intercettazione definivaMarcello Viola come l’unico non ricattabile: “Voi mettete uno che rischia di essere ricattato come è stato ricattato Pignatone”.
Un percorso travagliato quello di Viola, a partire da quando procuratore di Trapani dava la caccia a Matteo Messina Denaro e indagava sulla massoneria trapanese insieme Maria Teresa Principato, all’epoca procuratore aggiunto di Palermo, furono accusati di rivelazione del segreto d’ufficio, indagati inizialmente con l’aggravante di aver agevolato la mafia, ostacolando le indagini della Dda di Palermo.
Cosa avevano fatto Viola e Principato? Accusati di violazione di segreto d’ufficio e con l’aggravante di aver agevolato la mafia, è più che legittimo pensare che avessero utilizzato le informazioni in loro possesso affinché il latitante potesse sfuggire alla cattura. E invece no, si trattava soltanto di uno scambio di informazioni tra due magistrati che, come sostenuto dalla procura di Caltanissetta che aveva chiesto l’archiviazione dell’indagine, era “processualmente accertato un continuo rapporto di collaborazione e di scambio di atti tra le Autorità Giudiziarie di Trapani e Palermo”.
I due magistrati furono successivamente assolti; ma quali conseguenze ebbe quell’indagine a loro carico sulle inchieste che stavano conducendo?
Gian J. Morici