Il Maestro “per sempre” ed artista Giuseppe Maurizio Piscopo, torna in libreria con un nuovo saggio interamente dedicato ad una figura emblematica e sempre di grande attualità quale è il Poeta e intellettuale-attivista Danilo Dolci.
La figura di Danilo Dolci può essere compresa in relazione ai cambiamenti politici e civili che hanno interessato il nostro territorio tra gli anni cinquanta e sessanta come esempio attivo di abnegazione rivolta all’emancipazione sociale, alla determinazione incondizionata di assumere la lotta non violenta, come testimonianza e messaggio di vita.
Il libro dal titolo “Ci hanno nascosto Danilo Dolci” edito Navarra Editore per la Collana Officine, con la prefazione di Salvatore Ferlita e la postfazione di Amico Dolci, con le foto di Melo Minnella, Peppino Leone e quelle dell’archivio del Centro Studi, con un disegno di Tiziana Viola-Massa, si configura come un tool di profondo spessore etico, morale e sociale per far luce sul percorso di un uomo di grande profondità e riscoprire valori necessari per la costruzione di una società più giusta.
Poeta, sociologo, educatore e profeta della nonviolenza, Danilo Dolci torna in questi ultimi anni all’attenzione dell’opinione pubblica italiana per la sua opera di riscatto delle popolazioni più povere del Mezzogiorno, ma la sua personalità poliedrica ed innovativa merita una ricerca ad ampio raggio ed una attenzione molto più profonda ed analitica.
Il titolo del libro del maestro Piscopo “Ci hanno nascosto Danilo Dolci” ci apre subito ad una riflessione: chi ci ha nascosto Danilo Dolci? Perché eclissare uno fra i più notevoli intellettuali del Novecento?
Per meglio comprendere questa grande personalità è necessario assumere un punto di vista più vasto e totalizzante: Danilo Dolci nasce come poeta, opera come animatore sociale e diviene educatore per antonomasia. Questo è un aspetto cruciale in quanto la sua metodica educativa rompe ogni schema o stereotipo, staccandosi totalmente dalla tradizione.
Definito il Gandhi italiano l’ intellettuale Dolci ha usato il pensiero come arma civile per combattere la mafia e il banditismo. Una definizione che provocava perplessità al grande Sciascia il quale si chiedeva come si fa a predicare la non violenza in Sicilia, scambiando questa terra con l’India di Gandhi?
Dalla lettura del libro di Piscopo emerge una natura “ribelle” che ci ricollega alla definizione di Osho, in quanto il ribelle porta nel mondo un cambiamento di consapevolezza, e se la consapevolezza cambia, la struttura della società non può che seguirla, è inevitabile. Un rivoluzionario appartiene al mondo politico, il suo approccio stesso passa attraverso la politica, un ribelle invece è un fenomeno spirituale, la sua idea è: se vogliamo cambiare la società dobbiamo cambiare l’ individuo. L’ individuo ha un’ anima quindi può cambiare, evolversi.
Questo è il cuore del pensiero di Dolci. Ribelle è colui che ripone la fiducia nell’ individuo e l’ esempio di Danilo Dolci è proprio questo: egli infatti iniziò un percorso di autoanalisi popolare, volto ad individuare i bisogni del territorio e le possibili soluzioni. “Non era il suo – nota Carlo Levi – il tono del puro missionario o del filantropo, ma quello di un uomo che ha fiducia negli altri (una fiducia generale nell’uomo) e fa sorgere la fiducia attorno a sé.
L’esperienza del Centro “Borgo di Dio”, fondato nel 1952 fu lo scenario di un grande risveglio culturale. Il Borgo di Dio era un laboratorio di progresso o, secondo alcuni, il covo di un “ribelle” che s’era messo in testa di dare ai siciliani acqua, lavoro e soprattutto dignità. Il Borgo di Dio era la casa di Danilo Dolci, in quell’angolo misconosciuto di Sicilia, Trappeto, dove aveva scelto di portare avanti la sua missione.
Inoltre l’approccio maieutico in Danilo Dolci, ossia l’arte di porre domande per aiutare le persone a trovare autonomamente le risposte utili al loro percorso di crescita che trae spunto dal cosiddetto “metodo socratico”, procedimento con il quale il filosofo greco conduceva i suoi allievi a raggiungere la conoscenza, diviene il fondamento dell’ esperienza educativa di Danilo Dolci. indubbiamente una metodologia che manda in frantumi gli schemi ben consolidati, in un contesto disavvezzo a chiedere ai giovani dei loro sogni e del loro personale modo di vedere le cose. La sua idea di progresso valorizza la cultura e le competenze locali.
Siamo nel 1952 quando il sociologo triestino si trasferisce in terra sicula, trovandosi catapultato in un contesto a dir poco paradossale: i cittadini di Trappeto e Partinico muoiono letteralmente di fame, le strade solcate da fogne a cielo aperto. Inizia ben presto le sue lotte nonviolente contro la mafia, la disoccupazione, l’analfabetismo e la fame endemica sospinti dall’assenza dello stato e dalle disparità sociali.
Il 14 ottobre dello stesso anno dà inizio alla prima delle sue numerose proteste nonviolente, il digiuno sul letto di Benedetto Barretta, un bambino morto per la denutrizione.
A lui si deve a prima Radio libera in Italia fondata nel 1970
per denunciare la mancata ricostruzione del Belìce.
Ma come nasce questo libro e soprattutto cosa lega Giuseppe Maurizio Piscopo a Danilo Dolci?
“Nella figura di Dolci ho visto un grande Maestro: mi ha colpito molto sapere che come me, suonava la fisarmonica per la gente del quartiere quando diceva no alla guerra, no alla mafia, fuori i mafiosi dagli incarichi pubblici”.
Nelle scuole dove ha insegnato, non dimenticandosi mai della predisposizione che solo i bambini hanno alla meraviglia, Giuseppe Maurizio Piscopo ha praticato una maieutica essenziale, un po’ come quella promossa e sperimentata da Danilo Dolci.
Un sogno che nutriva da anni quello di dare vita a questo volume per far conoscere la storia di Dolci soprattutto alle nuove generazioni, per migliorare la società in cui viviamo e portare in auge un modello positivo.
Danilo Dolci ha ricevuto molti riconoscimenti internazionali ed è stato proposto nove volte per il Premio Nobel. A cento anni dalla sua nascita, il libro di Giuseppe Maurizio Piscopo celebra un vero e proprio Maestro di civiltà, una figura ahimè spesso considerata “scomoda”. “Ci hanno nascosto Danilo Dolci” si configura come un testo valido per introdurre lo studio di Danilo Dolci nelle scuole, per entrare nel microcosmo di un grande uomo ed intellettuale, grazie alle interviste del maestro Piscopo alle persone che l’hanno conosciuto ed hanno lavorato con lui: Nino Fasullo, Pino Lombardo, Cosimo Scordato, Maria Di Carlo, Giuseppe Carta, Gianluca Fiusco, Salvatore Di Marco e la conversazione di Sciascia e Danilo Dolci.
Giuseppe Maurizio Piscopo (Favara 1953), maestro che nel 2022 ha ricevuto anche il prestigioso riconoscimento“Un Maestro è per sempre”, scrittore, giornalista pubblicista, compositore e musicista ha pensato bene di inserire un brano dedicato al sociologo triestino dal titolo: “Spine Sante”, eseguito con due fisarmoniche da Maurizio Piscopo e Pier Paolo Petta. La composizione costituisce la colonna sonora del libro.
Un lavoro di rilievo quello del maestro Piscopo che, attraverso il racconto degli eventi salienti che attraversano l’ esistenza di Danilo Dolci, nonché la sua particolare concezione di vita e di educazione, intesa come creatività ci fornisce una chiave di lettura fondamentale su temi di attualità e di importanza universale. Forse in un mondo profondamente malato, come sottolineava lo stesso Dolci, l’ unica via d’ uscita è affidarsi ad una autopia per come lui stesso la intendeva: non come luogo irraggiungibile o sogno irrealizzabile, quanto come il luogo non ancora raggiunto, per “inventare il futuro, impastando sabbia azioni, sogni e speranza.”
Maria Giuseppina Terrasi