C’è una cosa che visibilmente distingue l’Italia dagli Stati Uniti, la gestione degli scandali – veri o presunti – autentica arma di distrazione delle masse.
Negli Stati Uniti non accade?
La differenza sta nel modo di utilizzare l’informazione per spostare l’attenzione da uno scandalo a un evento serio o viceversa.
Prendiamo per esempio lo scandalo politico-sessuale che coinvolse il presidente degli Stati Uniti d’America Bill Clinton a seguito di una relazione extraconiugale con Monica Lewinsky.
Una storia di lenzuola accantonata da parte dell’opinione pubblica in presenza di gravi fatti di altro genere.
In Italia, gravissimi fatti, vengono ignorati dinanzi storie pruriginose che riguardano il mondo politico.
Un caso eclatante quello di Silvio Berlusconi, sul quale si accanì anche l’opposizione che ben si guardò dall’osservare dal buco della serratura gli affari e le collusioni di un premier che in altri paesi probabilmente avrebbe trascorso il resto della propria vita a guardare il sole a scacchi.
Insomma, se in America per distrarre l’opinione pubblica da una fellatio è necessario far scoppiare una guerra, in Italia per distrarre gli italiani dalle guerre è sufficiente dar loro in pasto storie di letto abilmente orchestrate dagli organi stampa per essere poi rilanciate sui Social Media.
Ma non sono solo gli scandali sessuali a tenerci incollati alla televisione, a farci leggere i giornali, i post e i commenti sui social.
Ogni momento storico, politico o giudiziario che sia, vede sempre pronto lo scandalo nel cassetto, immediatamente coperto a tutto campo da media e Social Media, con autentiche tifoserie pronte ad accapigliarsi in difese o attacchi condizionate da appartenenze partitiche, ideologiche, o più semplicemente di odio verso un presunto nemico e la sua possibile appartenenza a una categoria della quale si finisce per fare un tutt’uno indistinto.
Guardiamo la TV, leggiamo i giornali, stiamo attenti alle prime notizie, senza renderci conto che più tempo passa su queste meno tempo ci sarà per approfondirne altre, senza che ci si sia chiesto, a prescindere dalla veridicità delle prime, se in verità non siano funzionali a spostare l’attenzione dalle altre.
C’è una sorta di sistema concertato a minimizzare taluni argomenti, che solo nelle persone più avvedute genera il sospetto di un tentativo di insabbiamento, o di negligenza, che coinvolge il mondo dell’informazione ma anche la leadership politica nel tentativo di cristallizzare talune vicende o spostare l’attenzione da determinati fatti.
Scarpinato-Natoli
Secondo “La Verità” l’ex procuratore generale di Palermo è stato intercettato dalla procura di Caltanissetta mentre parlava con l’ex pm Gioacchino Natoli, indagato dall’inizio del 2024 con l’accusa di favoreggiamento alla mafia, per avere insabbiato un’indagine per riciclaggio sui fratelli Nino e Salvatore Buscemi, imprenditori vicini a Totò Riina.
La vicenda narrata da “La Verità” avrebbe visto Scarpinato impegnato nello “aggiustare” l’audizione dell’ex collega in Commissione Antimafia.
Un fatto – che se provato – sarebbe grave visto il ruolo di Scarpinato in commissione Antimafia, sulla strage di via d’Amelio.
Ma quali sono i fatti? Quale il contenuto delle intercettazioni?
Secondo quanto riferito da Scarpinato in merito alla notizia riportata dal quotidiano La Verità, la Procura della Repubblica di Caltanissetta, in occasione dell’audizione del senatore come testimone in un procedimento penale nei confronti di Natoli, gli avrebbe contestato il contenuto delle sue conversazioni con l’ex collega.
Notizia smentita dallo stesso Scarpinato che l’ha definita radicalmente falsa.
«Con Natoli ho condiviso un lungo percorso di lavoro – afferma Scarpinato – che ha reso normale lo scambio di idee. Dopo che nei suoi confronti, alla Commissione Antimafia, erano stati sollevati sospetti di condotte illegali, mi ha esternato il rincrescimento per l’infondatezza delle accuse. Ascoltando elementi a mio avviso rilevanti per la completa ricostruzione dei fatti, l’ho esortato a riferirle alla Commissione. É evidente il contenuto falsificatorio dell’articolo, per il quale valuterò con i miei legali come procedere, finalizzato a supportare l’azione di parti politiche che, sin dall’inizio dei lavori della Commissione, hanno ripetutamente anticipato la loro volontà di escludermi dalle indagini sulle stragi».
Vera o non vera che sia la vicenda delle intercettazioni, ha dato immediatamente la stura a rappresentanti delle forze politiche di maggioranza che ne chiedono le dimissioni, e al Pd e al M5S per un’accusa ai partiti di governo di voler strumentalizzare.
Nessuno sembra porsi la domanda se le eventuali intercettazioni siano coperte da segreto istruttorio e se eventualmente sarebbero utilizzabili in sede giudiziaria, visto il ruolo di Scarpinato.
Così come nessuno sembra porsi la domanda di come il quotidiano sarebbe venuto in possesso del contenuto delle intercettazioni.
Giunti a questo punto, forse è il caso di andare oltre.
Scarpinato, non dobbiamo dimenticare, che ha condotto indagini sulla trattativa Stato-mafia.
Una vicenda conclusa in Cassazione con l’assoluzione degli ex ufficiali del ROS Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno e l’ex senatore Marcello Dell’Utri dall’accusa di minaccia a Corpo politico dello Stato, e con la prescrizione per Leoluca Bagarella ed Antonino Cinà dall’accusa ”riderubricata a “tentata minaccia a Corpo politico dello Stato”.
Un processo nato male e conclusosi peggio.
Eppure, visto l’attuale clima politico, mediatico, e forse anche giudiziario, proprio quelle indagini potrebbero avere un ruolo determinante nel tentativo di screditare quanti oltre al dossier mafia-appalti come movente delle stragi di Capaci e via D’Amelio, ritengono possano sussistere altre motivazioni e la partecipazione di soggetti terzi rispetto la sola ‘Cosa nostra’.
Quella che apparentemente potrebbe essere una battaglia politica tra forze d’opposizione e forze di maggioranza, potrebbe invece trovare ben altra lettura nella precisa volontà di chiudere con una pietra tombale trentadue anni di depistaggi e misteri in merito alle stragi che videro uccisi i giudici Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, e le loro scorte.
Sui social intanto si apre il dibattito – vero tifo da stadio – che vede i mafio-appaltisti alzare il tiro anche contro le forze politiche scese in campo in difesa del senatore pentastellato, definite più che un “campo largo”, un “campo indifferenziato dove PD e M5S si fondono in un’unica massa amorfa di un nauseante conformismo politico”.
Verrebbe da ridere, se gli stessi detrattori di interventi politici avessero speso una sola parola in merito agli interventi politici e di governo in favore del generale Mario Mori a seguito delle indagini della Procura di Firenze che lo vorrebbero coinvolto per le stragi del ’93: “Sapeva e non le impedì”.
Traendo insegnamento dalla berlusconiana scuola, potremmo anche aspettarci un nuovo sex-gate all’italiana che spazzi via ogni nube dall’orizzonte, sia esso politico che giudiziario.
E forse gli italiani ne sarebbero anche contenti…
Gian J. Morici