Non può la storia di una città assetata riportarmi alla memoria lo sconvolgente libro “Nel ventre della bestia” sul sistema carcerario americano, scritto da Jack Henry Abbott.
Eppure la storia di questa città mi porta a ripensare a quando tantissimi anni fa lessi “Nel ventre della bestia” e giudicai come una follia del sistema giudiziario americano la condanna senza un fine pena dichiarato. Una condanna da un minimo, ad un massimo di…
Mentre però quel libro narrava delle condizioni di vita dei detenuti, dei loro drammi di uomini condannati per aver commesso dei crimini, il caso della città di Agrigento è ben diverso.
O forse è uguale.
Anzi, certamente uguale, in quanto tutti colpevoli di aver commesso uno dei peggiori dei crimini che un popolo possa mai commettere: Votare per quasi un secolo soggetti politici che hanno affamato e assetato questa città.
Quindi un fine pena mai gli agrigentini lo hanno anche meritato.
Con questa calura infernale e i rubinetti a secco, viene in mente anche il film “Il prefetto di ferro” e mi sembra di rivivere le scene dell’assedio della cittadina di Ganci, quando il prefetto Cesare Mori per sconfiggere i briganti fece ricorso alla chiusura delle condotte dell’acqua assetando la popolazione dell’intero paese, che costrinse i briganti ad arrendersi ai Carabinieri.
Una vittoria, quella di Mori, che culminò con l’arresto e il suicidio di Don Calogero Albanese, latitante da più di 40 anni.
Agrigento è roccaforte di briganti? I rubinetti a secco sono funzionari alla resa di un redivivo Don Calogero Albanese?
Diteci chi è, dove si trova, e vi consegneremo il brigante Albanese in cambio di un po’ d’acqua.
Agrigento con tutti i suoi personaggi è soltanto una tragica farsa. Un neurone centrifugato nel cervello di un folle.
Scuse, ringraziamenti, promesse, ma siamo in piena crisi idrica e non certo soltanto per i cambiamenti climatici, ma per l’incapacità e l’inerzia di un’intera classe politica a cui si aggiunge la latitanza (superiore a quella del brigante Albanese) di istituzioni che hanno permesso l’allegra gestione delle riserve idriche da parte di privati, terminata dopo decenni in sequestri e procedimenti giudiziari.
Superata questa fase, la gestione delle risorse idriche è passata nelle mani dell’Aica (Azienda Idrica Comuni Agrigentini), ed è iniziato il balletto relativo ai finanziamenti per il rifacimento delle condutture dalle quali si perde circa il 60% dell’acqua destinata alle utenze cittadine.
A gennaio l’Aica comunicava che non erano andato il finanziamento di 40 milioni di euro per il rifacimento della rete idrica della città.
Un mese fa, Roberto Di Mauro, assessore Regionale all’energia e dei servizi di pubblica utilità, nonchè sponsor di Franco Micciché, sindaco di Agrigento, era costretto ad ammettere che il finanziamento era andato perso.
Passa qualche settimana e la notizia del recupero di circa 20milioni di euro per attuare quello che era previsto in merito al rifacimento della rete idrica diventa nuovamente una bandiera da sventolare.
È di ieri il comunicato del sindaco di Agrigento con il quale ringrazia il presidente della Regione, Renato Schifani e l’assessore regionale ai Servizi di pubblica utilità, Roberto Di Mauro, per l’attenzione e il lavoro costante a rimedio di una crisi gravissima e senza precedenti storici..
Tante grazie, ma l’acqua non c’è.
Il comunicato prosegue con la possibilità dello sfruttamento di nuovi pozzi, e di pozzi già esistenti, che garantiranno “in poco più di un mese circa 120 litri di acqua al secondo in più, di cui i primi 60 entro 20 giorni dall’inizio dei lavori, già possibili con i 6 milioni destinati alla provincia agrigentina dallo stanziamento nazionale. Inoltre, come assicurato dal presidente Schifani, la Regione, tramite la Protezione civile, acquisterà delle autobotti e dei mezzi adeguati per rifornire gli accessi difficili nel centro storico, e, soprattutto, un milione di euro nelle variazioni di bilancio adesso all’esame dell’Ars sarà previsto per la progettazione del dissalatore di Porto Empedocle”
Evidentemente la nostra classe politica non sapeva che in Sicilia d’estate fa caldo, che non avevano i mezzi per rifornire gli accessi difficili nel centro storico e che il dissalatore di Porto Empedocle non è in funzione.
Bontà loro, meglio tardi che mai.
Per sapere cosa ne pensano gli agrigentini, è sufficiente leggere i commenti al post del sindaco.
Tutte premesse al dovere agire in stato di emergenza, probabilmente facendo ricorso alle somme urgenze?
Una storia già vista in passato e che vogliamo augurarci non debba ripetersi.
Intanto non sono pochi gli agrigentini che stanno finendo con il rimpiangere la “gestione allegra” delle risorse idriche da parte di aziende private del recente passato.
Al peggio non c’è mai fine.
Le misure messe in campo per far fronte alla crisi, certamente saranno funzionali a impedire le forniture del prezioso liquido da parte di autobottisti che si approvvigionavano al di fuori dei canali “regolari” fornendo anche le utenze che non avevano un contratto con Aica.
Con le nuove regole imposte chi non ha rapporti in essere con l’Azienda Idrica Comuni Agrigentini, come riportato da AgrigentoNotizie, dovrà rivolgersi agli autobottisti sulla base dell’elenco di quelli censiti ai quali andrà pagato il trasporto, mentre la quantità d’acqua di cui è stato rifornito andrà pagata ad Aica.
Chi invece ha un rapporto contrattuale con l’Azienda Idrica Comuni Agrigentini, potrà richiedere l’intervento dell’autobotte chiamando direttamente Aica o la propria ditta di fiducia, ma sempre dopo aver chiamato Aica e averlo concordato, pagando il trasporto all’autobottista e l’acqua – che verrà messa in bolletta – all’Aica.
Tutto regolare?
Considerato che il trasporto dell’acqua tramite condotta idrica viene già pagato dall’utente, qualche dubbio sarebbe anche legittimo.
Intanto, come afferma Dario Peretti, responsabile del Pontile il Cormorano al Porticciolo Turistico di San Leone, passano intere settimane senza che arrivi quel minimo di approvvigionamento idrico necessario a far fronte alle esigenze della struttura e dei turisti presenti in città, mentre quel poco che dovrebbe arrivare, viene captato a monte da chi adopera motori elettrici per aspirare quanta più acqua possibile lasciando a secco gli utenti che si trovano più a valle.
E mentre i turisti fuggono da una città assetata, intere famiglie rimaste a secco – regolarmente con rapporto contrattuale con l’Azienda Idrica Comuni Agrigentini – dopo aver chiamato l’Aica hanno ottenuto la promessa di vedersi rifornire entro una settimana.
Una situazione da incubo, senza considerare chi abita nei piani alti e ha sul tetto i contenitori per l’acqua, che non può neppure essere rifornito dalle autocisterne.
Una storia che ricorda il prefetto Mori, la cittadina di Ganci e il brigante Albanese.
C’è un brigante Albanese di cui si chiede la consegna ad Agrigento?
O il “brigantaggio” riguardava eventuali autobottisti irregolari e utenze non contrattualizzate dall’Aica?
Se lo scopo era la lotta a queste forme di “brigantaggio”, tutto lascia presagire che l’epilogo sarà uguale a quello del film “Il prefetto di ferro”, quando Mori dopo il successo della repressione del brigantaggio alzò il tiro contro la mafia e ricevuta la nomina regia a senatore – per toglierselo di mezzo – vide preso il suo posto da chi era colluso con la mafia e da quegli stessi mafiosi che lui aveva arrestato.
Una città con un passato di malaffare nella gestione idrica, oggi assediata e ridotta alla sete a tal punto da fare rimpiangere la precedente allegra gestione che ha portato a sequestri e procedimenti penali in danno di chi gestiva le risorse idriche della città dei templi.
“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” diceva Tancredi, nipote del principe Fabrizio Salina nel celebre romanzo “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
E ad Agrigento, in maniera di gattopardiana memoria, tutto cambia…
Gian J. Morici