È in corso una battaglia geopolitica che potrebbe giocarsi non solo sull’estromissione del colosso social cinese dagli Stati Uniti, ma anche sul controllo – e, eventualmente, la punizione tramite multe e incarcerazione – di chi ha contatti, collegamenti e attività commerciali che coinvolgono Paesi “avversari” e che possano essere considerate rischiose per la sicurezza nazionale americana. Ecco cosa si può rischiare e perché potrebbe condizionare anche l’Europa. di Matteo Navacci, Co-Founder Privacy Week |
Sembra che TikTok abbia i giorni contati negli Stati Uniti e, forse, anche in Europa – stando alle recenti dichiarazioni di Ursula Von Der Leyen: “non è escluso che TikTok sia bandito”, “conosciamo la sua pericolosità”. Negli USA, ByteDance, l’azienda proprietaria di TikTok, era stata messa di fronte a una scelta: vendere la divisione USA o essere estromessa del tutto dagli app stores americani. Il motivo della guerra a TikTok è che sarebbe una minaccia alla sicurezza nazionale, dato il collegamento di ByteDance con il governo cinese. Come misura preventiva, già a dicembre l’installazione dell’app è stata vietata su qualsiasi dispositivo federale. Anche l’Unione Europea si è lasciata contagiare, e la Commissione ha recentemente deciso di vietare l’installazione di TikTok sui dispositivi dati ai burocrati europei. “ La Cina comunista è il più grande nemico geopolitico dell’America e sta utilizzando la tecnologia per minare attivamente l’economia e la sicurezza del Paese” – così ha affermato a marzo Mike Johnson, speaker della Camera dei Rappresentanti e membro del Congresso. Loro ne sono convinti, e probabilmente è anche vero. Ne sono così convinti che il 7 marzo è stata introdotta una proposta di legge pensata proprio per giustificare legalmente un eventuale divieto totale dell’app. Purtroppo, la legge ha possibili implicazioni anche per noi europei. Tutto ebbe inizio con il Restrict Art La storia di TikTok si ricollega a un altro tema più ampio – legato alla sovranità digitale statunitense e ai rischi cibernetici. L’incipit di tutto è stato il Restrict Act (Restricting the Emergence of Security Threats that Risk Information and Communications Technology Act); un Bill ancora in fase di discussione presentato al Senato a luglio dello scorso anno. La proposta conferisce al Secretary of Commerce il potere di identificare e gestire rischi ritenuti “inaccettabili” per la sicurezza nazionale, derivanti dall’uso di tecnologie ICT controllate da “foreign adversaries”. La legge semplifica il lavoro e identifica già i maggiori “nemici” giurati degli Stati Uniti: Cina, Hong Kong e Macao, Cuba, Iran, Corea del Nord, Russia, Venezuela (sotto il regime di Maduro). Per scendere nel dettaglio, il Restrict Act conferisce al Secretary of Commerce poteri pressoché illimitati. Prima di tutto, avrebbe il potere, in consultazione col direttore della National Intelligence, di rimuovere o inserire foreign adversaries alla lista, in base al suo giudizio. Una volta individuati i nemici, il Segretario avrà anche il potere di iniziare un’attività di analisi per numerosi settori strategici, come: infrastrutture critiche, telecomunicazioni, data hosting, IoT, veicoli a guida autonoma, software per connettersi e comunicare via Internet, intelligenza artificiale, quantum computing, biotecnologie, e-commerce. Fatto questo, il Segretario è autorizzato a fare tutto ciò che ritenga necessario per mitigare i rischi per la sicurezza nazionale, per l’economia, per le elezioni e per il processo democratico. Tra le misure di mitigazione rientrano anche attività di blocco dei servizi ed espropriazione. Chi toccherrebbe il Restrict Act? Aziende, startup, istituti di ricerca, persone fisiche. E l’Europa Facciamo qualche esempio pratico di attività che potrebbero ricadere nel Restrict Act: un’azienda di comunicazioni americana che vuole comprare e impiegare tecnologia cinese per implementare servizi 5G. La transazione coinvolge quindi hardware, software e servizi da parte dell’azienda cinese. Una startup americana che riceve finanziamenti da un fondo d’investimenti che ha qualche collegamento, anche indiretto, con la Russia. Un istituto di ricerca americano che collabora con un’università di Hong Kong su un progetto d’intelligenza artificiale, considerando che l’università è soggetta al governo di Hong Kong. Un’azienda produttiva americana che implementa un sistema di cybersecurity per la protezione della rete e di analisi del traffico web fornito da un gruppo multinazionale con sede della casa madre in Cina. La legge si applicherebbe anche a transazioni commerciali di aziende europee, se queste hanno stabilimenti o unità operative negli Stati Uniti. Anche noi, in alcune situazioni, potremmo quindi rischiare sanzioni pecuniarie ed espropriazione. Le sanzioni previste in caso di violazione sono enormi: fino a $1.000.000 e fino a 20 anni di carcere. Quante aziende o startup oggi fanno affari, anche indirettamente, con aziende, fondi o banche in Russia o Cina? E quante di queste lo sanno? È considerata nella normativa anche ogni tipo di partecipazione economica da parte degli avversari stranieri. Ad esempio, anche un’azienda statunitense facente parte di un gruppo multinazionale in cui il governo cinese ha una partecipazione azionistica potrebbe essere soggetta al Restrict Act. Nel caso di covered holdings potrebbe anche essere costretta a vendere forzosamente le partecipazioni. E qui torniamo a TikTok. Libertà di espressione degli utenti? No, solo geopolitica Tra gli obiettivi del legislatore c’era già quello di colpire tramite il Restrict Act proprio ByteDance. Ma se l’obiettivo era vietare TikTok, questa legge è tanto proporzionale quanto usare una bomba nucleare per disinfestare il giardino di casa. In effetti, la portata era decisamente troppo ampia; così il legislatore ha preferito togliere di mezzo TikTok in modo più diretto, con disposizioni di legge ad hoc. Dall’altra parte del mondo la Cina però non sta a guardare, avendo già infatti deciso di vietare l’uso di chip, hardware e software sviluppati dalla big tech statunitense per i sistemi delle pubbliche amministrazioni. Insomma, nonostante gli appelli di TikTok agli utenti (elettori) non c’è poi molto da fare. È in atto una partita a scacchi geopolitica tra Cina e Stati Uniti e le pedine sono le tecnologie ICT ed i sistemi di comunicazione. Cavallo mangia TikTok in B4. |